Fracking sta per hydraulic fracturing, si tratta di una tecnica di perforazione che è usata commercialmente da 65 anni, ma negli ultimi anni tecniche avanzate di fracking e la capacità di scavare pozzi in orizzontale ha portato a una vera rivoluzione energetica che ha reso gli USA autosufficienti per quel che riguarda petrolio e gas, attualmente gli USA in caso di gravi tensioni internazionali possono fare a meno del petrolio straniero, nessuno stato è più un grado di ricattarli con la leva del petrolio. Infatti questa tecnica, che consiste nel fratturare le rocce con acqua e sabbia ad alta pressione immessa dopo aver scavato il pozzo, ha permesso di raggiungere le ingenti riserve del cosiddetto shale oil.
Aldilà del successo commerciale però questa tecnica suscita anche polemiche per l’impatto ambientale e perché è da molti accusata di essere la causa dell’anomala insorgenza di piccoli terremoti che si sta verificando negli ultimi anni in alcune aree del Texas. L’amministrazione dello stato non ha ancora riconosciuto ufficialmente la tesi secondo cui il fracking scatena terremoti e probabilmente neanche la nuova ricerca condotta presso la Southern Methodist University da una squadra di scienziati capitanata da Beatrice Magnani, li convincerà, ma anche se quello pubblicato su Science Advances non è il primo studio a sostenere che il fracking scatena terremoti è il primo che fa uno studio comparato di una relativamente vicina ma diversa area sismica e utilizzando le tecniche di analisi classiche della geologia strutturale riesce a discriminare tra terremoti naturali e “indotti”.
Lo studio ha utilizzato una tecnica denominata sismica a riflessione che crea una mappatura del terreno tramite onde sonore, qualcosa di molto simile all’ecografia.
I segni lasciati dai terremoti appaiono come delle fessure verticali nelle faglie, gli scienziati sono anche in grado di stabilire quando sono avvenuti a seconda dello strato di rocce in cui sono perché questi sono già stati datati usando altre tecniche. Come controprova hanno esaminato anche l’area sismica chiamata New Madrid che è lungo il Mississippi e che si sa essere stata attiva originando diversi terremoti, dal 1800 ad oggi, quindi ben prima che iniziasse il fracking. Il risultato è stato che mentre per l’area conosciuta attiva hanno individuato le tracce dei terremoti recenti per quella nel nord del Texas (conosciuta come bacino di Fort Worth) gli strati di roccia sembrano essere stati inattivi per gli ultimi 300 milioni di anni. In realtà però la tecnica usata può individuare tracce verticali nelle faglie dai 15 metri in su, i terremoti in Texas sono stati di piccola intensità, dunque creerebbero fessure di poche centimetri, però l’effetto è cumulativo e dunque gli scienziati si sono detti: supponiamo che in questi 300 milioni di anni queste faglie sono state attive provocando piccoli terremoti che cumulativamente non sono arrivati ai famosi 15 metri, hanno concluso che le faglie in Texas mediamente sono così poco attive (un terremoto ogni 50 mila – 79 mila anni) che è estremamente improbabile la sequenza di piccoli terremoti osservata dal 2009 ad oggi possa essere di origine naturale, infatti hanno stimato una possibilità di uno su seimila per una sequenza sismica e addirittura una su 60 milioni per due.
Qui bisogna stare molto attenti ai termini che si usano, ho detto non a caso che il fracking scatena terremoti non che li causa, infatti alcuni sismologi non coinvolti nello studio concordano con la conclusione dei colleghi, che questi terremoti in questo momento sono stati scatenati dal fracking, ma che la causa del terremoto sono sempre le faglie, l’energia non può essere immessa nel terreno dal fracking, il fracking è come se premesse il grilletto liberando l’energia sismica immagazzinata.
La differenza si gioca sul significato che si dà al termine faglia dormiente, gli autori dello studio affermano che il loro lavoro prova che una faglia a lungo dormiente si è riattivata a causa del fracking, altri colleghi fanno notare che una faglia che causa terremoti ogni 60 mila anni geologicamente rimane una faglia attiva.
Nella mia ignoranza di umile divulgatore che non è un geologo posso solo osservare che se la sequenza sismica della faglia texana ha anticipato un terremoto che sarebbe comunque arrivato ma fra qualche migliaio di anni, ai fini pratici di noi animali dalla vita corta potremmo dire che il fracking provoca terremoti.
Roberto Todini