La Ruota delle Meraviglie (Wonder Wheel), il nuovo film di Woody Allen con Kate Winslet, Justin Timberlake e Jim Belushi uscirà in Italia il 28 dicembre.
Nel frattempo però, sembra più che giusto tornare a parlare del regista, dei suoi migliori film e perfino di quegli ultimi europei così diseguali nel risultato. Ecco quindi Vicky Cristina Barcelona. L’inizio riprende un topos frequentissimo nella letteratura americana: dei cittadini statunitensi puritani o romantici a contatto con la malizia, la decadenza, la sensualità e la mancanza di morale europee.
Un tema come questo ha ispirato scrittori come Henry James e registi come James Ivory, portando a scontri simpatici o drammatici tra concezioni morali piuttosto divergenti tra loro. L’esotismo di Allen non poteva che portarlo in Spagna, prima tappa nel Sud europeo prima dell’Italia dove fu girato l’infame To Rome with love.
La luce è calda, virata sull’arancione, colore intenso e fortemente sensuale come insegna Vittorio Storaro che dei colori al cinema è il re e maestro. L’estetica teatralizzante di Allen, si affida ai colori di Javier Aguirresarobe per proporre sullo schermo Barcellona e la Spagna, essendo ormai sua abitudine costante quella di affidarsi a diversi direttori della fotografia quasi per ogni film.
Con quest’ultimo, collaboratore di Almodovar in Parla con lei, racconta la storia delle due turiste d’oltreoceano. Speculari l’una all’altra, la prima asciutta di corpo, bruna e seriosa, l’altra morbida, bionda, fatta per la passione, Vicky (Rebecca Hall) e Cristina (Scarlett Johansson) vanno a Barcellona in vacanza non sapendo cosa il destino ha riservato loro.
Conoscono il tipico mediterraneo attraente, appassionato e artista, Juan Antonio (Javier Bardem) che con ironia e nichilismo tattico le convince ad andare ad Oviedo con la prospettiva di un ménage à trois.
Le due americane non prevedono però che la seduzione non sarà così lineare: Juan Antonio abborda Vicky tesa tra la sveltina con senso di colpa ed il suo essere promessa al noioso e borghese Doug (Chris Messina); Cristina invece si getta nell’avventura e si ritrova a condividere l’uomo con la sua instabile ex-moglie Maria Elèna (Penelope Cruz), finire a letto con lei in una fugace esperienza lesbo per poi distaccarsene far ricadere la coppia nell’odio iniziale.
Dietro le visioni da cartolina, gestite con discrezione, il film procede lineare, all’insegna del piacevole, senza conflitti, al massimo solletichi e riverberi. Ironico, sapiente nel saper amalgamare gli attori, dà prova di un’abitudine e di una maestria registica non spenta ma in qualche modo placatasi, ingentilitasi.
Diede l’opportunità alla Cruz di vincere l’Oscar per miglior attrice non protagonista sancendola definitivamente come diva. Allen, fosse stato più in vena di conflitti, avrebbe potuto far esplodere molto di più le situazioni, renderle più intense, crudeli, profonde virandola verso il nero ed il sarcastico.
Ma Vicky Cristina Barcelona è fatto per dilettare, distrarre, divertire. E ci riesce molto bene.
Si segnala nel film non soltanto la bravura di Rebecca Hall con l’accento americano essendo lei britannica (cosa ascoltabile con il film messo in lingua originale) ma anche a presenza di quella finissima attrice che è Patricia Clarkson, qui purtroppo secondaria e nella colonna sonora il meraviglioso, toccante, sensuale brano di chitarra Entre dos aguas del mitico Paco De Lucia.
Antonio Canzoniere