Danzavano in tondo, recitavano strane filastrocche, vivevano a contatto con gatti e rospi, adoravano un essere dalle fattezze caprine. E, soprattutto, sono esistite. Le streghe erano le donne che mantenevano vivi i culti precristiani. Culti che ruotavano attorno alla figura del Dio Cornuto.
Ne parla Margaret A. Murray, titolare di un’Assistant professorship di Egittologia all’University College di Londra fino al 1935. È stata presidentessa della Folklore Society dal 1953 al 1955. È morta nel 1963, dopo aver compiuto cent’anni.
Suo è il saggio Il dio delle streghe (Roma 1972, Astrolabio-Ubaldini). Leggendolo, non vengono scossi solo i nostri pregiudizi sulle streghe, ma anche quelli su fate ed elfi. La Murray li indica come minoranze etnico-religiose, discendenti dai primi abitanti dell’Europa settentrionale e viventi di pastorizia.
Quanto al Dio Cornuto, incarnazione della fecondità e della natura, ebbe diversi nomi nel corso dei millenni. Si chiamava Amon nell’antico Egitto e aveva corna d’ariete. Era Dioniso e Minotauro in Grecia. Era Siva/Pasupati in India. Era Cernunnus nella Gallia romanizzata. Era un uomo-cervo nel tardo paleolitico, come dimostra una raffigurazione trovata ad Ariège, nella Caverne des Trois Frères.
Per quanto riguarda usanze più moderne, la Murray cita la Puck Fair di Killorglin, nel Kerry (Irlanda). Originariamente, cominciava il 1 agosto, la data di uno dei quattro Sabba precristiani: feste che suddividevano l’anno in base ai periodi di procreazione degli animali. Il Puck, per l’appunto, è un caprone. Dopo essere stato il re della festa, viene nuovamente liberato.
Giova ricordare che Puck è anche il nome di un essere fatato, nello shakespeariano Sogno d’una notte di mezza estate. E che l’altro suo nome, Robin Goodfellow, era anche quello del dio delle streghe inglesi. Anche un altro Robin, il famoso Robin Hood, è ricollegato dalla Murray al ricordo vivo di ciò che lei chiama “la Vecchia Religione”.
“Era sempre accompagnato da una banda di dodici compagni, un fatto che fa subito pensare a un Gran Maestro e alla sua congrega. […] Robin Hood e la sua banda costituivano un elemento essenziale delle cerimonie delle Calendimaggio; eseguivano danze speciali ed erano sempre vestiti di verde, il colore delle fate.” (Op. cit., pp. 38-39).
Una congrega era sempre composta da tredici membri. Sarà questa l’origine dell’infausta fama di tale numero in Inghilterra?
A ogni modo, non c’è da stupirsi che i documenti dei processi alle streghe abbiano restituito un immagine di Satana come cornuto e teriomorfo. Il dio della Vecchia Religione divenne il diavolo della nuova. In nome suo, le streghe sopportarono processi e castighi con un entusiasmo non dissimile da quello dei martiri cristiani – ricorda la Murray. “Ostinazione diabolica”, secondo chi le condannava.
I riti si componevano in buona parte di danze collettive, sopravvissute in balli come la Furry dance inglese e la Farandole francese. Anche musica e banchetti erano parti integranti delle festività.
Capo supremo di una congrega era il Dio Incarnato, cui era affiancata una Fanciulla. Tranne quest’ultimo, che era sempre femminile, i ruoli sacerdotali potevano essere ricoperti da un uomo o da una donna.
Segni dell’appartenenza a una congrega erano impressi sulla pelle, oppure consistevano in un laccio, spesso legato alla gamba. La Giarrettiera che diede il nome al famoso Ordine inglese era probabilmente uno di questi distintivi. Con la sua fondazione, Edoardo III volle presentarsi ai sudditi pagani come Dio Incarnato (ipotizza la Murray).
Non solo lui, ma anche le sue fedeli erano vicine al mondo animale. Le “streghe” allevavano cani, gatti, rospi (o altre creature), dette “spiriti familiari”: battezzati con un nome, erano impiegati nella divinazione.
E la scopa? Tipico arnese femminile, veniva impiegata per segnalare l’assenza della padrona di casa dalla dimora. Soprattutto, quando si recava ai riti della Vecchia Religione. Cavalcare una scopa o un ramo era poi un gesto caratteristico di chi si recava a un Sabba. Altro tipo di riunione era l’Esbat: adunanza settimanale di una congrega.
La strega si confondeva facilmente con la sage femme, la levatrice. Uomo o donna che fosse, chi praticava riti si occupava anche di dare consigli e curare la salute. Non c’è da stupirsi che religione e scienza medica si siano coalizzate, per far scomparire questi forti concorrenti.
Talora, però, la Chiesa si ritrovava a eseguire inconsapevolmente un sacrificio caro alla Vecchia Religione: quello della Vittima Divina, ossia il re o un suo sostituto. Il suo sangue andava sparso, perché la fertilità in esso contenuta si trasfondesse alla terra. Vittime Divine sarebbero state, secondo la Murray: William Rufus, re d’Inghilterra dal 1087 al 1100; S. Tommaso Becket, arcivescovo di Canterbury (1118-1170); Giovanna d’Arco (1412-1431) e Gilles de Rais, suo compagno d’armi (1405-1440).
Non potendo trascrivere qui tutto il saggio della Murray, lasciamo ai lettori il piacere di scoprire il risultato delle sue ricerche su tali personaggi. Ricordiamo solo che Giovanna d’Arco è nota come La Pucelle, la Fanciulla: una carica sacerdotale della Vecchia Religione…
Erica Gazzoldi