Le donne e la libertà
Era l’8 marzo del 1972, quando numerosi cortei di femministe si aggiravano per le strade manifestando all’unisono il desiderio, sul piano sociale e personale, di essere considerate uguali agli uomini. Proprio dal desiderio di uguaglianza e parità di diritti, nasceva la frase diventata- nel giro di poco tempo- uno slogan riutilizzato con diverse accezioni “l’utero è mio e lo gestisco io”.
Cosa intendessero le donne con queste parole, va ben oltre lo stretto significato della frase; poter gestire autonomamente il proprio corpo significava essere libere da imposizioni avvilenti e maschiliste. E infatti, grazie al coraggio di femministe convinte, si iniziarono a ottenere traguardi fino ad allora impensabili. Nel 1970 il divorzio venne introdotto nell’ordinamento giuridico italiano e, otto anni più tardi, si assisteva all’approvazione della legge che legalizzava l’interruzione della gravidanza. Due date che, se si aggiunge la diffusione della pillola nelle farmacie, iniziavano a dare un segnale positivo alle donne che “l’agognata libertà” la desideravano e la volevano più di ogni altra cosa.
Dalla libertà alla mercificazione
Cosa sia successo negli anni a venire è ancora un punto interrogativo.
Lo slogan “l’utero è mio e lo gestisco io” diventato “il corpo è mio e ci faccio quello che voglio” ha iniziato ad essere interpretato male.
Sebbene il confine tra gestire il proprio corpo coscientemente e ostentare la propria fisicità fosse stato sempre molto sottile, era impensabile, per tutte le donne che conquistarono a fatica dignità e libertà, mercificare il proprio aspetto fisico per ottenere qualcosa. Evidentemente il desiderio di apparire superò quello di desiderare la libertà. Con il corpo la ragazza iniziava a comunicare il suo credo “ i maschi vogliono il mio corpo? Io darò loro questo per ottenere potere; io sono in grado di soddisfarli e per questo sono vincente ”.
Si è assistito, a poco a poco, a una rinuncia volontaria della dignità, conquistata a fatica da generazioni di donne. Il corpo ha iniziato ad essere considerato un’ “impresa commerciale da mettere a frutto”. Tutte le immagini seduttive di donne che, via via, hanno iniziato a circolare in TV, avevano un obiettivo preciso: comunicare con il corpo il desiderio di essere desiderate e insegnare a desiderare qualcosa che era pronto per essere venduto.
Ma come si è arrivati a tutto questo? È stato un processo inevitabile o si poteva fare qualcosa per evitarlo?
Nel vedere che, grazie a un corpo appetibile, la scorciatoia professionale era aperta, le donne hanno iniziato a marciarci sopra. Fino a rendere tutto normale.
Oggi, infatti, non ci si stupisce più se il focus della videocamera casca su seni prosperosi o curve da capogiro. Sono cambiati i punti di riferimento e il modo di vivere. Le donne che hanno vissuto la vita come una grande avventura, alla ricerca di un posto libero nel mondo, hanno lasciato il posto a donne che puntano tutto sulla propria bellezza per cercare di piacere agli uomini, senza sentirsi umiliate di questo ma incredibilmente orgogliose.
Il riscatto è ancora possibile?
Tornare indietro è impossibile. Gli errori sono stati fatti e le relative conseguenze sono inevitabili. Il riscatto, che è ancora possibile, dipenderà solo dal coraggio di ognuna, di prendere consapevolezza di se stessa e capire quanto “costruirsi una propria identità” sia nettamente meglio di “lasciarsi attrarre da una fittizia apparenza”.
Se si pensa a quante cose siano cambiate nel corso di pochi anni, a quanto il mondo si sia innovato, a quante nuove possibilità si hanno davanti, sembra paradossale pensare che si sia tornati indietro su altri fronti. Eppure è un paradosso più che reale. Ma questo non deve indurre a generalizzare.
Le donne che hanno portato avanti il desiderio di essere considerate parimenti rispetto agli uomini sono tantissime. A partire da Sheryl Sandberg- direttore operativo di Facebook- fino ad arrivare a Ornella Barra-tredicesima donna più influente del mondo e orgoglio italiano. Ed è proprio dall’esempio di queste donne che bisogna ripartire. Forti e coscienti di quanto la libertà consapevole, ottenuta a fatica per mezzo delle proprie capacità, sia la chiave per accedere al mondo, quello bello ma ormai sempre più controcorrente.
Francesca Conti