La denuncia è stata fatta da Vittorio Savino, un dirigente dell’Asl del capoluogo casertano, proprio sulla sua pagina Facebook: il medico si è lamentato degli enormi problemi e difficoltà che ha riscontrato la figlia nel trovare un appartamento a Padova poiché campana quindi meridionale. Da qui si è scatenato un vero e proprio dibattito all’interno dei vari social.
Le sue supposizioni sono state condivise da Udu (Unione degli Universitari) e da Sunia (Sindacato Unitario Nazionale Inquilini e Assegnatari) che confermano la sua ipotesi: gli studenti meridionali riscontrano più difficoltà, rispetto agli altri, nel trovare stanze o abitazioni in affitto nella città padovana.
Ma conferma ben più pesante e importante è giunta dagli stessi universitari padovani, nati e cresciuti nella città euganea.
Nel post, che ha creato tanto scalpore, Savino dichiarava tutto il suo stupore per gli annunci in cui si è imbattuto: “Mia figlia sta cercando una casa a Padova. Si naviga su Internet e si gira per la città per trovare una soluzione. Prezzi tutto sommato non male, anzi in qualche caso buoni, ma c’è il trucco. A decine offrono case, cito i primi tre trovati. Via Forcellini: non si fitta a studenti, meridionali, gay friendly, animali perché si vive in condominio. Via Facciolati: no a gay friendly, no coppie con figli, trans, meridionali, specialmente napoletani e siciliani; valutabili altre zone del Centro Sud. Zona Guizza Bassonello: solo ragazze bella presenza del Nord, no meridionali. Corso del popolo: no gay, no a persone del Sud, no sardi”.
La notizia ha suscitato così tanto clamore che il medico ha deciso di cancellare il post. Ma ormai la notizia aveva fatto il giro della Rete.
Sicuramente non hanno nessun timore ad esprimere la loro opinione, gli studenti che si trovano a vivere a Padova. Questi descrivono un po’ quella che è la quotidianità di un universitario padovano: per potersi permettere un appartamento, devono condividerlo con tre o quattro inquilini.
E sono loro stessi a trovarli attraverso i social network così da evitare di contattare l’agenzia e ridurre, di conseguenza, i costi.
Il vero punto critico è presentare gli “aspiranti inquilini” ai proprietari come racconta Michela, una studentessa, a “Il Fatto Quotidiano” : “Qualche mese fa ho mostrato l’appartamento dove vivo ad una potenziale coinquilina. Al termine della visita mi ha detto che il suo ragazzo era africano. Per me non c’era alcun problema ma ho dovuto chiedere alla proprietaria”.
Una volta contattata, la studentessa è rimasta spiazzata dalla risposta della proprietaria: “Quando l’ho sentita mi ha chiesto se il quel ragazzo era del Sud Africa o meno perché sapeva che in quella nazione la maggioranza era bianca. Saputo che l’origine di quel giovane era di un altro Paese mi ha detto che il colore della pelle poteva creare problemi al vicinato”.
Una realtà che Michela conosce bene visto che un suo amico serbo le ha raccontato di aver avuto diversi problemi e porte in faccia, durante la ricerca di un appartamento.
Sicuramente si tratta di una situazione non più accettabile e che merita un intervento deciso da parte delle istituzioni, come viene evidenziato anche dall’Unione degli Universitari. L’Udu, infatti, si è espressa in merito alla vicenda e ha chiesto “che vengano presi provvedimenti rispetto a questa follia. Riteniamo infatti che tali forme di pregiudizio e intolleranza aprioristica nei confronti di cittadini italiani e non rappresentino un vincolo inaccettabile alla libertà personale di costruire il proprio percorso formativo, lavorativo e individuale”.
Dorotea Di Grazia