Da due puntate a questa parte, Viviana Filippini ci sta accompagnando per Brescia col suo: Brescia segreta. Luoghi, storie e personaggi della città (2015, Historica Edizioni). Stavolta, si riparte da Piazza della Vittoria, che occupa il capitolo della “Passeggiata terza”.
“Piazza Vittoria [grassetto nostro] si innesta nel tessuto cittadino come un qualcosa di completamente estraneo. È come se fosse una pecora nera in mezzo a quelle bianche, o un punto rosso su una tela gialla. […] venne costruita negli anni Trenta del Novecento da Marcello Piacentini, un architetto urbanista italiano, nato a Roma, diventato noto per il suo stretto legame con il Fascismo.” (pp. 77-78)
Il progetto faceva parte di un più ampio “Piano regolatore di Risanamento della città”, d’impostazione ortogonale e razionalista. La sua messa in atto richiese la demolizione del quartiere dove si trovava un tempo la residenza dei duchi longobardi e che comprendeva un’intricata rete di viuzze. Scomparvero quartieri commerciali come quello delle Pescherie e il Granarolo, il mercato di granaglie (sul suo sito, c’è ora l’Hotel Vittoria).
Scomparve anche la chiesa romanica di Sant’Ambrogio; le sue opere d’arte furono dislocate in altre chiese e in musei come quello di Santa Giulia. Molti reperti medievali furono comunque rimossi in gran fretta, senza poter essere classificati o studiati. Gli abitanti della zona furono trasferiti nel cosiddetto Quartiere di San Vincenzo. Patrimonio culturale di età longobarda, secolari nomi di strade, scarsa igiene e focolai di malattie infettive scomparvero così insieme.
In Piazza della Vittoria, è impossibile non notare il cosiddetto Torrione di mattoni rossicci, ovvero la Torre della Vittoria: il primo grattacielo eretto in Italia e uno dei primi in Europa. L’attuale palazzo delle Poste, invece, avrebbe dovuto sostituire Palazzo Loggia come cuore della vita amministrativa.
Sul lato opposto rispetto al grattacielo, si può notare la Torre della Rivoluzione: una serie di volumi sovrapposti, che comprendono un orologio. Essa aveva originariamente una funzione celebrativa e comprendeva un altorilievo in bronzo che rappresentava Mussolini a cavallo. Le scritte elogiative e questo altorilievo furono successivamente rimossi.
Sotto la Torre della Rivoluzione, è presente un arengario in pietra rossa: un tipo di manufatto diffuso in Italia settentrionale nell’era comunale, per parlare alla cittadinanza. La stessa funzione fu mantenuta in età fascista. Per l’appunto, da lì Mussolini tenne il discorso per l’inaugurazione di Piazza della Vittoria, nel 1932.
Sull’arengario, nove lastre a bassorilievo rappresentano momenti della storia di Brescia. Sul retro, la Vittoria Alata ricorda l’epoca romana; Re Desiderio, che regnò tra il 756 e il 774, si riferisce a quella longobarda; Arnaldo da Brescia (Brescia, fine XI o inizio XII sec. – Roma, 1155) era il noto riformatore religioso morto sul rogo; Berardo Maggi (Brescia, ? – 1308), vescovo e signore della città; i santi patroni Faustino e Giovita (II sec.); i pittori Romanino (Brescia, tra il 1484 e il 1487 – m. dopo il 1562) e Moretto (Brescia, 1498 circa – 1554); le Dieci Giornate del 1849, in due lastre; i caduti della Prima Guerra mondiale; l’epoca fascista.
Piazza della Vittoria comprendeva anche una statua, il cosiddetto Bigio: forma dialettale di “Luigi”, ma anche di “grigio”, forse per via del colore del materiale (marmo di Carrara tendente al grigio, appunto). La giovane figura maschile era stata concepita (ancora una volta) come forma di celebrazione del regime. Però, sembrò destinata, più che altro, a suscitare polemiche.
All’epoca, fece scandalo la sua nudità. Il Caffè Impero (oggi chiuso) fu soprannominato Café de le Ciàpe (= “Caffè delle Chiappe”), perché gli avventori, come vista dalle finestre del piano superiore, avevano proprio i glutei del Bigio. Oggi, in molti si oppongono al suo riposizionamento, in quanto memoria del periodo fascista. Ma che senso ha tale avversione specifica nei suoi confronti (concordo in questo con la Filippini), dato che tutta Piazza della Vittoria è un monumento mussoliniano?
[Continua]
Erica Gazzoldi