Tratto da una sceneggiatura mai utilizzata dei fratelli Coen, il film Suburbicon di Geroge Clooney è un’esplosione di rabbia contro la cultura del suprematismo bianco. Mai sopita, negli Usa sta tornando in auge grazie al silenzio, e in alcuni casi, al sostegno di esponenti politici.
Cosa che a Clooney regista non deve andar giù. Come dimostra la sua opera in concorso al 74° Festival del Cinema di Venezia. “Il film prende avvio dai discorsi sui muri contro le minoranze“, ha spiegato nel corso della conferenza di presentazione. “Quando si di ce che l’America sarà di nuovo grande, si riprende lo slogan degli anni ’50 con Eisenhower. Il modello era quello dell’uomo bianco e della sua superiorità rispetto alle altre etnie. Un problema ancora presente nel mio paese, e per questo motivo nel film c’è un ritorno a quel periodo storico. Sono cresciuto nel sud tra gli anni 60′ e ’70 e conosco bene la segregazione razziale. E oggi come allora stiamo imputando alle minoranze i nostri problemi“.
“Sono tornato indietro nella storia del mio paese per capire com’eravamo e cosa sentivamo”, ha continuato il regista. Ed oggi “secondo me il mio paese è arrabbiato al massimo. C’è una nube nera che lo ricopre. Il film riflette questa rabbia. E nel riproporla volevamo essere allo stesso tempo cattivi e divertenti”.
Di cattiveria nel film ce n’è tanta ed è tutta riversata nella mostruosità dei personaggi, che però non è patologica, ma legata alle azioni. “I mostri del mio film si formano attraverso una serie di errori stupidi. Prendono sempre la strada sbagliata. Non è stupidità, è che loro non sanno e commettono errori uno dopo l’altro”.
Alla posizione decisamente critica di Clooney ha fatto da contrappunto quella di Matt Damon, che ha vestito i panni del terribile signor Lodge. “Nel film è spiegato bene cosa significa essere un bianco. Solo a loro è concesso il privilegio girare impunemente su una bici sporca di sangue in una quartiere di afroamericani, ben sapendo che la colpa ricadrà sui neri”. La questione razziale gli sta molto a cuore, ma non è affatto ottimista. “Questi problemi non andranno via, non scompariranno“, ha ribadito subito dopo. Poi, soffermandosi sulla sua prova di attore ha rivelato di non aver “mai interpretato un ruolo così cattivo“. E di questo ringrazia Clooney, “perché – dice – in questo film ho fatto un passo in avanti“.
Anche Julianne Moore è stata subito attratta dalla storia. “Ho interpretato il doppio ruolo delle due sorelle gemelle perché mi interessava vedere come il carattere di una potesse ripercuotersi sull’altra. Sono così differenti. Margaret non è sposata, mentre Rose ha tutto, sebbene sia costretta sulla sedia a rotelle. Rose sa cosa vuol dire essere emarginati. Per questo invita Nicky a far amicizia con il figlio dei Myers”.
Suburbicon: il film
La vita tranquilla di Suburbicon viene stravolta dall’arrivo di una famiglia di colore. Siamo negli Stati Uniti, anni ’50, periodo storico raccontato dal cinema un’infinità di volte per l’ipocrita perbenismo diffuso tra la middle class rigorosamente bianca. Sepolcri imbiancati dietro i quali si nasconde un razzismo diffuso.
Infatti i nuovi arrivati dalla pelle nera – la famiglia Myers – non sono visti di buon occhio dal vicinato, impestato da una morale retrograda e perversa. Nella casa di fronte alla loro abita la famiglia Lodge. Composta dal padre Gardner (Matt Damon), dal figlio Nicky (Noah Jupe), dalla moglie Rose, costretta sulla sedia a rotelle, e dalla gemella Margaret (entrambe impersonate da una bravissima Julianne Moore).
A prima i Lodge appaiono come il prototipo della famiglia perfetta. Ma le apparenze ingannano. A far saltare il tappo è un evento improvviso quanto drammatico. Una notte due sconosciuti s’introducono nella loro abitazione. Forse sono dei suprematisti bianchi, inferociti contro il piccolo Nicky che nel frattempo ha fatto amicizia con il suo coetaneo, figlio dei Myers.
I due intrusi addormentano Rose con del cloroformio, ma la sua già debole costituzione fisica non regge all’uso eccessivo della sostanza e muore. La famiglia colpita dal lutto deve ricostruirsi una vita, ma Nicky comincia a sospettare che dietro la morte della madre ci sia qualcosa di strano. Intanto suo padre si trova ad avere a che fare con investigatori indolenti e superficiali. Le cose si complicano con l’entrata in scena di un investigatore assicurativo (Oscar Isaac), mentre il quartiere è in subbuglio per le proteste contro i Myers
Difronte a questa situazione parossistica l’uomo perbene, il signor Lodge, si trasforma in un giustiziere solitario. Così, fra dialoghi surreali e grotteschi colpi di scena, sarà il primo a perdere la maschera di conformismo e ipocrisia che nasconde le meschinità della provincia americana. L’arroganza degli adulti verrà punita con un bagno di sangue, mentre all’esterno l’aria sarà resa irrespirabile dalla stupidità umana. I soli a conservare la propria dignità saranno i reietti, gli oppressi, quelli senza voce in capitolo sul mondo folle in cui vivono.
Nato da un’idea senza seguito dei fratelli Coen, il film ne conserva i tipici tratti grotteschi e ironici, per una satira sociale che in questo caso diventa feroce, grazie al personaggio interpretato da Matt Damon. Il signor Lodge agisce con una violenza mai vista nei film dei Coen. Così Suburbicon attacca il suprematismo bianco di allora e di oggi senza pietà, con la rabbia che lo stesso Clooney riconosce al suo paese.
Michele Lamonaca