La diminuzione delle risorse pubbliche spinge le famiglie ad occuparsi, in prima persona, dei familiari anziani e ciò comporta una drastica riduzione dei loro risparmi. E dire che essendo il Paese più longevo d’Europa, dovrebbero essere proprio gli anziani i più tutelati mentre invece vengono spesso dimenticati dalla politica.
Il 21,4% degli italiani supera i 65 anni mentre la media in Europa è del 18,5%: nonostante questo dato, l’Irccs (Istituto di ricovero e cura a carattere scientifico per anziani) evidenzia come solo l’Italia sia l’unico paese europeo a non aver modernizzato il sistema di continuità assistenziale.
Quali sono le conseguenze di questa scelta? Che i costi delle cure vanno a pesare sulle famiglie tanto che, in Italia, sono all’incirca 1 milione i familiari che assistono i parenti non più autonomi o malati e molti di loro hanno dovuto utilizzare i loro risparmi per questo motivo: secondo il Censis si tratta di 561 mila famiglie.
Questa è anche una conseguenza della riduzione del Fondo per le politiche sociali che nel 2017 ha perso 211 sui 311,58 mln assegnati nel 2016, e della diminuzione del Fondo per le non autosufficienze che è stato ridotto a 450 milioni a fronte dei 500 previsti. Ma almeno su questo il Governo ha annunciato un’inversione di rotta ovvero il loro ripristino grazie agli introiti derivanti dalla “Wb tax”.
Chi può, economicamente, adotta la soluzione di farsi assistere da una badante ma spesso è considerato un lusso visto che ha un costo medio di 15 mila euro l’anno: le dichiarazioni dei redditi 2016 mostrano come più del 70% degli anziani abbia un reddito complessivo al di sotto dei 14.600 euro.
Ma in teoria a livello legislativo vi è già una soluzione che tutela il diritto alla salute ovvero la legge numero 833 del 1978. Il suo mancato utilizzo viene evidenziato dalle parole di Maria Grazia Breda, presidente della Fondazione promozione sociale che tutela i diritti dei soggetti non autosufficienti: “Dovrebbe garantire le cure, qualsiasi sia la malattia e senza limiti di durata. Il problema è che spesso, specie quando si parla di anziani, non è così”.
Allora che strumenti si possono adottare per sostenere gli anziani non autosufficienti? Il primo è la “domiciliarità” che coinvolge 2,5 milioni di anziani mentre il secondo ovvero quella della “residenzialità”, riguarda tutte le strutture pubbliche e private che ospitano le persone anziane (in totale sono 278 mila).
Alla riduzione delle risorse pubbliche a loro destinate, si aggiungono le lunghe liste d’attesa e rette elevate per chi sceglie la soluzione della “residenzialità”. Soprattutto il problema principale delle strutture pubbliche è accedere alla prestazione stessa: questa è la diretta conseguenza della riduzione del 23,6% dei posti letto disponibili che amplia all’inverosimile le liste d’attesa, tanto che la Breda evidenzia come i tempi per entrare in una struttura “si protraggono per anni” .
Dorotea Di Grazia