Fine estate, tempo di bilanci e nostalgie. Mentre ci accingiamo a riporre in valigia souvenir e ricordi, concediamoci un ultimo viaggio- seppur virtuale- attraverso gli ultimi decenni, scoprendo quanto sono cambiate le vacanze degli italiani dagli anni ’50 ad oggi.
Nonostante già dal 1927 fosse previsto il diritto al “periodo annuo feriale di riposo retribuito“, fu a partire dal secondo dopoguerra che gli italiani cominciarono ad acquisire l’abitudine di concedersi periodi di riposo in villeggiatura, lontani dai loro luoghi di residenza. Se negli anni ’50 il trend era ancora piuttosto contenuto- coinvolgendo, ancora nel 1959, solo il 13% della popolazione-, la vera ascesa si ebbe a partire dal boom economico degli anni ’60. Nelle estati di quegli anni in Italia si assisteva ad un vero e proprio esodo dalle grandi città industriali, complici l’acquisto di ben tre milioni di automobili e la costruzione di circa 1000 km di autostrade, sulle quali cominciarono a formarsi lunghe code in direzione delle mete più gettonate: la costa adriatica, quella ligure, la Versilia, le Dolomiti. Già nel 1961 l’Italia vantava ben trentamila tra alberghi e pensioni.
Anche i meno abbienti non rinunciavano al piacere di trascorrere qualche giorno lontani dall’abituale luogo di lavoro, ma viaggiando in treno: occorrevano mille lire per spostarsi in due da Milano a Rimini, mentre con cinquemila era possibile girare l’intera penisola, anche prendendo traghetti. Solo i più ricchi, invece, potevano concedersi il lusso di decollare verso mete esotiche.
Il dopoguerra coincise anche con un’importante rivalutazione delle colonie estive– la cui nascita risale al 1822, anno in cui il Comune di Lucca ne organizzò una per i bimbi di strada, dando origine ad un’istituzione che ebbe grande successo, poi ulteriormente accresciuto in epoca fascista. Il loro asserito valore pedagogico ed emancipante fece sì che, tra gli anni ’50 e ’60, esse non fossero più rivolte ai soli bambini più poveri, ma destinate ad una platea molto più ampia.
Furono anni d’oro per il nostro Paese, in termini di affluenza turistica: l’Italia era la prima meta mondiale, con incrementi annui del 6,5%. Gradualmente, nell’arco di questo decennio, si giunse alla considerazione economica- in un primo momento del tutto assente, cosa che favorì selvagge operazioni speculative ad opera dei privati- del settore turistico, con l’approvazione di norme pertinenti.
Con gli anni ’70 e la crisi petrolifera, il turismo italiano subì una momentanea battuta d’arresto, specie a causa del blocco della circolazione dei mezzi di trasporto privati. La pausa durò però poco; un forte impulso alla ripresa lo diede anche la liberalizzazione delle tariffe aeree.
Quanto alle colonie, esse passarono in questo decennio alla competenza delle amministrazioni locali e nazionali (in precedenza erano affidate all’Opera di maternità per l’infanzia); se ne organizzarono alcune perfino nel settore privato, ad opera di grandi aziende, in favore dei figli dei loro dipendenti.
Il tenore delle vacanze di questo decennio non era differente da quello del precedente: in famiglia, dopo interminabili code in autostrada, si giungeva alla meta prestabilita; a quel punto, i bambini trovavano coetanei con cui giocare a pallone o costruire castelli di sabbia, gli adulti si riposavano sotto l’ombrellone e giovani ed adolescenti si deliziavano con la musica dei jukebox. Attorno a mezzogiorno ci si riuniva nuovamente per condividere pranzi tutt’altro che leggeri, rigorosamente preparati con solerte cura da mamme e nonne prima della partenza; solo il gelato veniva acquistato sul momento. L’iter rimaneva immutato anche se la giornata di riposo a disposizione era soltanto una.
Questi furono, però, anche gli anni in cui migliaia di giovani partirono con il solo zaino in spalla ad esplorare soli il mondo, muovendosi tra i vari Paesi in treno, bus o autostop, alla ricerca di nuove emozionanti avventure.
Gli anni ’80 segnarono invece la nascita del cosiddetto “turismo di massa“. Secondo l’Istat, ormai quasi la metà degli italiani si regalava all’epoca una villeggiatura; sorsero centinaia di agenzie viaggi e villaggi turistici, mentre località un tempo considerate d’élite divenivano alla portata delle tasche di una fetta di popolazione molto più ampia.
Tutto questo, però, non sembrò rendere felici gli italiani: a causa del sovraffollamento di strade e luoghi di villeggiatura, oltre il 50% dei vacanzieri si dichiarava vittima dello “stress da vacanze“, con un surplus di stanchezza rispetto alla partenza. Di contro, la tecnologia iniziava timidamente a farsi strada nel settore turistico, con supporti agli automobilisti e VHS che permettevano di farsi un’idea precisa degli itinerari da seguire.
A partire dagli anni ’90 i viaggi non furono più relegati alla sola stagione estive. Le distanze percorse si allungarono; diventarono più frequenti i viaggi all’estero e, sempre più spesso, gli italiani iniziarono ad optare per soggiorni negli USA o in località con spiagge e paesaggi da sogno.
La tecnologia, frattanto, andava sempre più affinando i suoi mezzi, al punto che agli albori del nuovo millennio, nel 2001, quasi un milione di italiani prenotavano la propria vacanza online. I sempre più ridotti costi e la crescente globalizzazione fornirono la base ideale per un immane ampliamento ed una grandissima specializzazione dell’offerta turistica– che ad oggi vanta opzioni di ogni tipo in termini di strutture, destinazioni, esperienze. Ognuno oggi può trovare il tipo di vacanza adatta a sé: si va dai pacchetti per le famiglie, a quelli pensati per le coppie, passando per le soluzioni ideali per gli amanti degli animali o del divertimento. Fiorente diventa anche l’area delle vacanze- studio per i ragazzi.
La paura (purtroppo sempre crescente) per gli attentati terroristici e la recessione economica giocano però pesantemente a sfavore dell’industria turistica, facendo registrare negli ultimi anni forti cali nelle spese destinate dalle famiglie italiane alle vacanze.
Un’inversione di tendenza pare si sia avuta a partire dallo scorso anno, con ulteriori conferme nel 2017: infatti, si è registrato un aumento sia delle spese sostenute per le ferie estive, che della loro durata. Nella scelta delle mete, il fattore “paura” ha tristemente lasciato il segno: la maggior parte degli italiani ha preferito restare in patria o comunque optare per luoghi considerati a basso rischio di attentati.
L’estate che ormai volge al termine ha poi fatto registrare due tendenze assolutamente contrapposte: da un lato, l’incremento dell’utilizzo dei social network, non solo per condividere quanto più possibile delle proprie vacanze coi propri amici o seguaci, ma anche per trarre ispirazione per le mete da visitare (come, secondo Booking.com, fa il 44% dei millennial); dall’altro, un incremento dei viaggiatori solitari (circa il 30% degli intervistati dal sito citato), diretti verso mete lontane per viaggi suggestivi e ricchi di emozione. Anche il tenore delle vacanze sembra evolversi: moltissimi si sono concessi un viaggio on the road, ma tanti altri hanno scelto di dedicare le proprie ferie al volontariato od alla spiritualità.
I dati, insomma, fanno ben sperare: sia perché sembra che ci sia una rivalutazione di esperienze moralmente arricchenti, sia- e soprattutto- perché sembra che il terrore, per quanto freni, non blocchi totalmente il bisogno di allargare i propri orizzonti.
Lidia Fontanella
articolo interessante…sarebbe bello che l’autore aggiungesse qualche aneddotto o esperienza personale