La tensione tra Stati Uniti e Corea del Nord si fa sempre più accesa. Mancano pochi giorni all’ultimatum lanciato da Pyongyang contro la potenza americana (secondo gli analisti un possibile di lancio missili balistici da un sottomarino). Il rischio di un conflitto militare appare elevato tanto che la Russia ha deciso di rafforzare i propri sistemi di difesa anti-aereo a Est. Anche il Giappone si appresta a installare sul territorio le proprie tecnologie antimissilistiche. Il presidente cinese Xi Jinping sollecita affinché si evitino toni minacciosi.
In questo clima di profonda crisi causato da questioni di natura puramente strategica, un pensiero va alle tante persone che in questo momento si trovano nel territorio nordcoreano. Sottomessi a uno dei regimi più complessi e articolati che la storia abbia mai visto, i cittadini dello Stato dell’Asia orientale rischiano di essere doppiamente vittime. Sino a non molto tempo fa, si era all’oscuro di quanto pesante fosse il peso della dittatura e della completa assenza di diritti. Ma uno degli angoli più oscuri del pianeta è stato finalmente illuminato anche grazie alle crescenti testimonianze sulle ingiustizie sociali perpetrate dalla dinastia Kim.
Uno di questi segnali è stato dato dall’opera “Fuga dal Campo 14“, la biografia, scritta dal giornalista americano Blaine Harden, di Shin Dong-Hyuk. Un documento importante poiché è il primo ragazzo che, pur essendo nato in un campo di prigionia della Corea del Nord, sia riuscito a uscirne vivo e narrare la propria storia. Dopo una lunga serie di interviste nell’arco di due anni, infatti, il giornalista Harden è riuscito a ricomporre i vari pezzi di un puzzle davvero incredibile.
Ma partiamo dalla trama. Nel Campo 14, una delle diverse aree destinata alla prigionia dei dissidenti politici e delle loro famiglie, nasce il piccolo Shin. Sin da bambino Shin deve fare i conti con le severe leggi del regime, tra queste, le 10 regole che dominano la vita di tutti i prigionieri. La vita in questo luogo è resa ancor più dura dal continuo timore del tradimento reciproco e dalla necessità, per i figli dei dissidenti, di espiare “colpe” non proprie.
L’obbedienza alle violente guardie del campo (i maestri) è l’unico modo per sperare di scampare alla pena di morte o alla tortura. Shin non sa minimamente cosa ci sia fuori da quel campo di prigionia. Accetta la propria condizione come l’unica possibile in quanto, pesantemente influenzato dalle “regole”, è convinto di avere un debito nei confronti del proprio stato. I prigionieri sono costretti a denunciare persino i propri familiari in caso di sospetta disobbedienza.
Un regime che non lascia spazio ad alcun legame affettivo ma che, al contrario, alimenta la sfiducia reciproca in cambio della sopravvivenza. Shin, a un certo punto, conosce un prigioniero proveniente dall’esterno che gli racconta la vita al di fuori del Campo 14. La prospettiva di Shin cambia improvvisamente: i confini del suo “ristretto mondo” si allargano. Non tanto il desiderio di libertà, ma la fame spinge Shin a scappare nella speranza di ottenere perlomeno un pasto completo. Il cibo per Shin, come per altri ragazzi nel “14”, è un pensiero fisso. Infatti nel campo di prigionia il cibo non sempre basta per sostenere tutti i detenuti.
Il 2 gennaio 2005 una svolta inaspettata permette a Shin di abbracciare la speranza di abbandonare il regime. Scoprire l’epilogo di questa straordinaria fuga è compito, o sarebbe meglio dire “opportunità”, lasciato al lettore.
L’uomo è nato libero, ma dovunque è in catene
Piccola curiosità: nel 2015 Shin Dong-hyuk ha ammesso di aver rilasciato, durante le interviste, alcuni elementi difformi rispetto alla realtà. Pare che il suo intento fosse soltanto quello di mantenere un certo distacco rispetto alle tante atrocità vissute durante il proprio passato.
L’autore. Blaine Harden (nato nel 1952) è un giornalista e autore americano. Ha lavorato per molti anni per il Washington Post come corrispondente in Africa, Europa orientale e Asia, così come a New York e Seattle. Ha inoltre collaborato con Frontline , The Economist , Foreign Policy , National Geographic e The Guardian. Il debutto, come scrittore, di Harden è stato nel 1990, con il libro “Africa: Dispatches from a Fragile Continent”. Il suo secondo libro, pubblicato nel 1996, è intitolato “A River Lost” per poi giungere al terzo libro,nel 2012, ossia “Escape from Camp 14“. Il quarto libro di Harden, rilasciato nel 2015, è una biografia sul tiranno che ha creato la Corea del Nord, Kim Il-sung.
L’opera, edita in Italia da “CodiceEdizioni“, fa il suo dovere. Racconta la vita di Shin e, quasi come un reportage, porta il lettore a conoscenza della disumana condizione alla quale sono costretti “i figli” del regime.
La libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero,
ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta
Giuseppe Bua
Un libro per comprendere meglio l sa situazione ib cui vive la popolazione nord coreana sotto dittatura