Charlie Gard è deceduto il 28 giugno, la settimana prima di festeggiare il suo primo anno di vita. E adesso ritorna al centro della ribalta mediatica a causa di una lettere anonima, pubblicata sul Guardian, e scritta da uno dei dottori che avevano in cura il bambino
La decisione di staccare la spina, non condivisa dai genitori, era giunta a seguito della decisione del giudice Nicholas Francis che aveva disposto il trasferimento del bambino in una struttura che si occupa di malati terminali.
Nel documento viene denunciata la pressione mediatica a cui sono stati sottoposti, durante quei giorni dolorosi, sia i dottori che l’ospedale e che ha trasformato l’agonia subìta dal bambino in una “dolorosa soap opera”.
“Il mio mestiere è evitare che il paziente muoia, non ucciderlo – scrive il dottore – Avete davvero mai incontrato un infermiere o un dottore che vuole la morte di un bambino?” Una domanda rivolta all’opinione pubblica, ai media, ai politici e ai “leoni da tastiera” che hanno alimentato per giorni il “circo mediatico” sulle spalle di un neonato.
La decisione di scrivere la lettera sicuramente sarà stata concordata dai 200 membri della terapia intensiva del Great Ormond Street Hospital, per ribadire che “non volevamo perdere Charlie, ma era nostro obbligo legale e morale, il nostro lavoro, diventare suoi portavoce quando è stato ora di dire basta”. Anche perché sin da subito avevano compreso l’irreversibilità della situazione, derivante dalla deplezione del dna mitocondriale: “Era ovvio per tutti quelli che lo hanno curato. Gli abbiamo dato farmaci e fluidi, abbiamo fatto tutto quello che potevamo, anche se pensavamo che avrebbero dovuto lasciarlo spirare tra le braccia dei suoi genitori, in pace, amato”.
Nonostante il parere contrario di chi è esperto in materia, numerose figure istituzionali e politiche hanno fatto pressioni per imporre la loro opinione e tenere in vita il bambino. Secondo il medico, infatti, “persone come Donald Trump, il Papa e Boris Johnson improvvisamente erano più esperti di sindrome di deplezione mitocondriale dei nostri migliori consulenti medici“. E più esperte, è giusto aggiungere, del giudice Francis che aveva dato l’autorizzazione a staccare la spina, e della Corte d’appello e di quella suprema che avevano confermato il verdetto.
Inoltre, poco dopo la morte di Charlie Gard, vi sono stati diverse rimostranze e dubbi sulle cure adottate da parte dei familiari di altri bambini ricoverati in terapia intensiva. Una situazione pesante per l’intera equipe che già deve convivere con il fallimento per non essere riuscita a salvare il bambino: “Voi dimenticherete Charlie. I suoi genitori dovranno convivere con questa storia per sempre. Il loro dolore sarà inimmaginabile, la loro perdita incalcolabile. Ma anche noi dovremo conviverci, per sempre”.
La speranza è che, da ora in avanti, il caso di Charlie Gard serva ad umanizzare un certo tipo di cronaca e politica che troppo spesso pensa più all’attrattività di una notizia e non al come raccontarla o a preservare i soggetti coinvolti, soprattutto quando si tratta di bambini.
Dorotea Di Grazia