"Questa notte m'apparve al capezzale
Una bieca figura.
Ne l'occhio un lampo ed al fianco un pugnale,
Mi ghignò sulla faccia.—Ebbi paura.—
Disse: «Son la Sventura.» "("Fatalità" di Ada Negri)
Fatalità, casualità o pura coincidenza? Ieri, 3 agosto, è venuto a mancare uno dei più grandi campioni del motociclismo mondiale: Ángel Nieto.
Aveva settant’anni e da una settimana era ricoverato presso il policlinico Nuestra Señora del Rosario, ad Ibiza. Infatti, il suo quad era stato tamponato da una macchina, facendolo sbalzare sull’asfalto. Battuta la testa, era entrato in coma. Non si è più risvegliato.
Vent’anni di motociclismo, centinaia di gare, tante cadute ma anche tanti titoli vinti. Per l’esattezza 12+1, come a lui piaceva rappresentarli, forse per superstizione. Non amava il numero 13.
Hayden, Shumkaker, Graham Hill, Pironi, e tanti altri, ora anche Nieto, tutti accomunati dallo stesso destino, dentro e fuori dalle piste. Superuomini dell’alta velocità, indenni ad ogni tipo di peripezia o pericolo, le cui vite, improvvisamente si infrangono contro un destino implacabile.
Tutti venuti a mancare per cause estranee agli sport che li hanno resi famosi, per cause apparentemente “ridicole” rispetto ai rischi che hanno corso durante le loro carriere sportive.
Forse, questo confronto, inganna, noi “semplici” esseri umani, lasciandoci così orfani di eroi che ci hanno accompagnato nel corso degli anni, sfidando la morte ed esaltando le capacità dell’uomo.
La tristezza che ci pervade di fronte alla morte di chi ci ha fatto assaporare l’ebrezza del pericolo estremo è anche rabbia per non voler accettare, forse inconsciamente, che il sipario, prima o poi, cala per tutti.
O forse no, forse proprio le loro morti, a volte assurde, provocano un’ulteriore esaltazione della loro immagine rendendoli ancora più mitici ed eterni ai nostri occhi.
Comunque tutti, forse per spirito di superamento personale o per ambizione o semplicemente per coincidenze che li hanno risucchiati in un mondo fatto di passione per i motori, hanno condiviso l’ebrezza della velocità assaporando il rischio, in ogni suo limite.
Angel Nieto, uno di loro, nacque in Spagna, a Zamora, nel 1947, in una famiglia umile. La sua passione per i motori si rivela fin da giovanissimo e la sua determinazione lo spinge a lottare per arrivare alle moto da competizione. Inizia così come meccanico, nelle varie scuderie dell’epoca, dandosi a conoscere, fino ad ottenere la possibilità di gareggiare.
E non deluse, infatti, nella sua ventennale carriera (1964 – 1986) inanellò una serie di vittorie che lo consacrarono sei volte campione del mondo nella classe 50 cc. e sette volte nella classe 125 cc. Successivamente al ritiro, e per quasi vent’anni, collaborò con la televisione spagnola come cronista delle gare del moto mondiale.
Così inizia la sua carriera, lottando caparbiamente per la sua passione, i motori, sfidando prima le riserve dei genitori e poi i suoi avversari; ma solo in pista, perché fuori era una persona amata e riconosciuta.
Ángel Nieto, già nell’Olimpo dei grandi campioni, ci lascia adesso con l’esempio di un uomo che ha lottato per i propri sogni e con il meraviglioso ricordo delle sue gesta sportive che, per sempre, indelebili marcheranno la storia del motociclismo mondiale.
Turi Ambrogio