Difficile riassumere in poche battute la massa letteraria contenuta nel romanzo di Julio Cortázar. La sua pubblicazione avvenuta nel 1963 ebbe l’effetto di una super nova che esplode. Per la letteratura ispano-americana ha rappresentato ciò che l’Ulisse di Joyce ha rappresentato per la letterature europea.
Rayuela è il nome usato in Argentina per “il gioco del mondo“, meglio conosciuto in Italia come “campana”. In ossequio al titolo, Cortázar fece del suo romanzo un libro-gioco, suggerendone la lettura non lineare con la tavola di orientamento sistemata nella prima pagina del testo e la numerazione dei capitoli.
Fin dalla sua prima apparizione Rayuela divenne un libro manifesto per intere generazioni. I giovani sudamericani furono conquistati dall‘avanguardismo di Cortázar. Miscela di surrealismo francese e realismo magico latinoamericano. Così potente, da scardinare i luoghi comuni strutturali e linguistici della forma romanzesca.
Se c’è un libro che può essere considerato “capolavoro del Novecento” questo è il “Il gioco del mondo”. Perché a distanza di oltre cinquant’anni offre ancora una serie infinita di riflessioni e dettagli nascosti.
Rayuela: la trama
Il protagonista della storia è l’argentino di Buones Aires, Horacio Oliveira. Superati i quarant’anni, è ancora uno studente impenitente, con la cultura di un apprendista filosofo. Anche lui, come chiunque altro, è impegnato a saltare nelle caselle del “gioco del mondo” alla ricerca di se stesso.
La componibilità dei capitoli fa del romanzo di Cortázar un dispositivo letterario. Un giocattolo nelle mani del lettore. La tracciabilità dei fatti passa in second’ordine rispetto all’enormità dei paesaggi interiori in esso descritti. Messo in chiaro questo aspetto fondamentale, dal punto di vista formale il testo è suddiviso in tre sezioni principali.
Dall’altra parte narra le vicende di Horacio a Parigi, rifugio in cui trovare “il centro“, come lui stesso chiama il senso appagante dell’esistenza. Tra i vicoli scuri e maleodoranti della metropoli, incontra un gruppo di artisti ed intellettuali senza un soldo, con cui fonda il Club del Serpente. Le notti nel club passano tra alcool, sigarette, dotte disquisizioni filosoficamente irrisolvibili, e l’ascolto imperterrito dell’amato jazz. Anche la Maga ne fa parte. La donna con cui Horacio ha una relazione profonda e conflittuale perché lei rappresenta il suo esatto opposto. E’ l’unica a non dimenticare che «per arrivare al Cielo servono solo un sassolino e la punta di una scarpa». Finito il loro rapporto, la donna sparirà dalla storia, ma la sua ombra sarà presente per tutto il resto del romanzo.
Da questa parte racconta la vita di Horacio dopo il suo ritorno a Buenos Aires. Qui viene aiutato dal suo amico Traveler e dalla moglie Talita. Circostanza decisiva per la sorte del protagonista, che in Traveler rivede sé stesso se non fosse partito, e in Talita la sua amante parigina. Oliveira va a vivere con Gekrepten, da sempre sua innamorata, accettando il lavoro nel Circo Ferraguto, dove lavorano Traveler e Talita. E con loro prende servizio nel manicomio che il signor Ferraguto ha preso in gestione dopo aver venduto il circo. Ma la normalità scelta da Horacio come terapia si rivela poco efficace contro il dolore della sua ricerca infruttuosa. Pian piano il fantasma della Maga si farà sempre più concreto, compromettendo la mente di Horacio, e rendendo l’epilogo della storia, pur nella sua sospensione, inevitabile.
Da altre parti è un collage di notizie di giornale, parti di altre storie e testi di Morelli, l’autore preferito dai membri del Club. Soluzione scelta da Cortázar per allontanarsi e allontanare il lettore dalla linearità della letteratura classica.
Rayuela: i temi
Un gioco di simboli e doppi, che mettono in secondo piano la trama. Rayuela punta i suoi riflettori sull’incomunicabilità, sull’assurdità dell’esistenza e sulla conseguente necessità di abbattere le convenzioni, specie quelle del linguaggio che da forma alla realtà.
Il forte simbolismo del romanzo comincia dalle tre parti in cui è suddiviso. Quella che si svolge a Parigi rimanda al mondo irreale del sogno, dove Horacio conduce una vita non convenzionale, massimamente rappresentato dalla Maga. Quella che si svolge a Buonos Aires rappresenta invece il quotidiano, il mondo concreto. Da altre parti invece è la congiunzione imperfetta tra le due dimensioni, perché avviene attraverso lo strumento difettoso del linguaggio.
Sogno e realtà rimangono distanti come l’Europa e l’America. Come l’essere dal poter essere, altro tema del romanzo. Servirebbe un ponte, simbolo più volte evocato nel testo. Pensiamo a quello di legno che Oliveira e Traveler costruiscono per collegare le loro finestre, o a quelli parigini frequentati da Horacio e la Maga. Anche il doppio – Talita-Maga, Traveler-Horacio – diventa un ponte, medianico, per la ricongiunzione del sè con sé stesso e del sé con l’altro.
Ma il congiungimento non avviene mai. La figura di Horacio Oliveira, persa nei sui “fiumi metafisici“, raffigura in modo indimenticabile l’impossibilità per la natura umana di realizzare se stessa. Fortunatamente Cortázar non si lascia schiacciare da questa impossibilità. E armato di un’ironia impercettibile, con il suo straordinario romanzo denuncia e si prende gioco dell’inautenticità della vita e della stessa letteratura.
Michele Lamonaca