Livorno, Via Roma. Mentre il traffico scorre concitato la fuori, io salgo le anguste e strette scale fino al primo piano del numero 38; dove stava di casa Amedeo Modigliani.
La casa della famiglia Modigliani era come la sto vedendo io adesso: sebbene l’arredamento sia stato ricostruito, originali invece sono il pavimento, i muri, gli infissi e persino il grande lavello in pietra nella cucina, il cui ballatoio apre sul verde di qualche pianta marittima. Un corridoio e poche piccole stanze. E’ tutto qui. Siamo in quattro ad ascoltare la storia di uno dei più grandi pittori del’900, non si può assistere che pochi alla volta. In una delle altre camere, una ballerina sta preparando una performance ispirandosi alle opere di Amedeo. Si può forse biasimarla?
Sebbene Amedeo Modigliani abbia vissuto poco in questa casa e in questa città, è in questo primo piccolo angolo labronico che si è formato, assimilando tutta l’originalità e il fermento di questo concitato porto sul Tirreno. Del resto, fin dalle sue origini, Livorno è stata definita “la città delle nazioni”: una mescolanza eterogena di genti, popoli, artisti; senza ghetti o muri divisori.
Alle spalle dell’artista, poi, una famiglia non certo comune, soprattutto se si pensa alla sua mamma modernissima (per la sua epoca e anche un po’ per la nostra), che non ha in Amedeo la sua unica eccellenza (il suo primogenito Giuseppe Emanuele è stato tra i fondatori del partito socialista livornese, noto antifascista e membro dell’assemblea costituente). Amedeo Modigliani nasce il 12 luglio 1884, ultimo e gracile di quattro figli di una famiglia ebrea italo-francese. I suoi genitori si dichiarano atei. La sua famiglia sta attraversando una grave crisi finanziaria, a causa della bancarotta delle imprese agricole e minerarie del padre Flaminio, che per questo perde un po’ la retta via. Grazie alla madre, Eugénie Garsin, la famiglia riesce a sfamarsi e a stare in piedi: oltre alla sua attività come traduttrice, critica e ghost writer per diversi scrittori dell’epoca; Eugenie mette in piedi anche una piccola scuola d’infanzia, materna e elementare, che fornisce alla famiglia adeguati proventi. Si prende cura lei stessa dell’educazione di tutti i suoi figli, soprattutto di quella di Amedeo che, essendo spesso colpito da problemi di salute, come la febbre tifoide e poi la tubercolosi, compagna oscura di tutta la sua vita, rimane spesso vincolato tra le mura domestiche, in compagnia della mente vivace della madre e soprattutto del disegno, per cui mostra precoce talento.Nonostante sia fragile e spesso ammalato, la madre gli concede quanta più libertà possibile e Amedeo andrà a studiare presso Guglielmo Micheli, allievo del noto pittore livornese Giovanni Fattori, e da essi iniziato alla corrente dei Macchiaioli fiorentini.
Villa Mimbelli, sede del Museo Fattori Livorno
Si sposta quindi dapprima a Firenze e poi a Venezia per studiare ma è nel 1906 che compie il grande salto: ad appena 18 anni, gracile e provato, si trasferisce a Parigi. Questo riassunto della sua vita è tutto quanto davanti a noi, sulle molteplici foto appese alle pareti, vistali e suggestive ma che non riescono tuttavia a cogliere l’essenza di Amedeo. Che invece ci travolgerà prepotente nella seconda stanza, interamente dedicata ai suoi famosi ritratti.
Sebbene vicino ed ispirato dal cubismo e dal futurismo parigino, fiorenti in quegli anni, Modigliani crea un suo linguaggio, mischiando il classico con l’esotico, toccando anche il tribale africano, di cui lo affascina la capacità di cogliere il profondo umani nei corpi e nei volti. Dedicatosi dapprima alla scultura, l’abbandona per approdare alla pittura ed è qui che da il massimo sfogo alla sua originalità e quello che sarà il suo tratto distintivo: la capacità di ritrarre l’essere umano nella sua essenza.
Nel dipingere i ritratti e i corpi, Modigliani non si ferma a ciò che tutti vedono ma trasfigura l’aspetto esteriore per mostrare ciò che vive dentro la persona che sta posando davanti a lui. Tutto questo passa attraverso le curve e gli spigoli del corpo ma soprattutto attraverso i loro occhi.
Che piaccia o meno, l’opinione dei suoi amici e delle sue modelle non gli importa granché. Come quella volta che la tal contessa, nobile e amante, chiese di essere dipinta; aspettandosi qualcosa di sensuale ne ebbe invece un ritratto spigoloso, maschile, freddo. Era come Modigliani la vedeva, un specchio crudo e più che mai reale da cui non poteva fuggire. Chiunque abbia posato per Modigliani afferma che è come spogliarsi l’anima. I ritratti di Modigliani hanno forme lunghe, sinuose, colli voluttuosi, occhi profondi e cupi e colori forti. Nel suo dipingere i nudi, Modigliani crea una spaccatura con il passato, con l’immagine che l’arte ha sempre dato della donna: non più rosea, virginale, quasi bambina; ma voluttuosa, aperta, sessualizzata nelle forme e nella peluria. Modelle, amanti, amiche, sconosciute avvicinate in un caffè, non importa: le donne di Modigliani sono sempre vere, reali e non immagini eteree di ciò che la società si aspetta che le donne siano. Questo è uno dei grandi regali di Amedeo Modigliani alle donne.
Tra i suoi amici, spesso ritratti anche loro, ci sono i grandi pittori e letterati dell’epoca: Moïse Kisling, Diego Rivera, Juan Gris, Max Jacob, Blaise Cendrars e Jean Cocteau. Noto a tutti il suo rapporto controverso con Pablo Picasso, nemico-amico di sempre: così diversi, distanti ma legati da una stima profonda e da una rivalità cieca. La storia dice che fu un amico comune a farne le spese, anni dopo la morte di Modigliani: con l’avvento del nazismo, chiese un aiuto, una buona parola, a Picasso, in quanto ebreo; ma Picasso tentennò, memore di quella volta in cui egli non prese posizione tra lui e Modigliani; e questi fu deportato per morire in un campo di sterminio.
Modigliani con Jacob, Salmon, Ortiz de Zarate
Tra le persone più importanti e le più ritratte da Modigliani, ci fu sicuramente la sua compagna: Jeanne Hébuterne. Giovane pittrice che abbondona la sua famiglia, da sempre contraria alle sue scelte di vita, e i suoi affetti per seguire Modigliani. Nei ritratti di Amedeo la sua figura è sensuale ma anche dolce e materna. Da Jeanne, Amedeo avrà una figlia.
Modigliani muore nel 1920, a soli 34 anni, per colpa di una meningite causata dalla tubercolosi che lo accompagnava, come un’ombra nera, fin dall’infanzia.
Jeanne Hébuterne, incinta di nove mesi e ricoverata presso la casa dei suoi genitori, in preda a delirio e tristezza dovuti alla perdita, decise di togliersi la vita, buttandosi dal quinti piano, pur di non vivere senza Amedeo.
L’ultima stanza che stiamo vedendo ora, al numero 38, è adornata di tutte le opere dipente che numerose personalità e artisti livornesi e italiani hanno creato in onore di Modigliani; e molti altri, fuori di qui, hanno girato intorno a questo animo originale e potente, come Caparezza, Vinicio Capossela, Patty Smith, Corrado Augias e molti altri.
La mia visita è finita e mentre chiudo alle mie spalle quel piccolo portoncino di legno e ritorno nel 2017 mi viene in mente una frase di Amedeo “Quando conoscerò la tua anima, dipingerò i tuoi occhi.”
Alice Porta
Una vita tanto breve quanto straordinaria.
“mescolanza eterogenEa” e poi Modigliani è morto a 36 anni, non a 34
L’ultima frase è quella pronunciata in un’intensissima scena del film “I colori dell’anima” , protagonisti Amedeo e Jeanne. 🙂