Moll Flanders pare un film dei fratelli Coen.
Ed è proprio parafrasando il loro capolavoro “L’uomo che non c’era” che mi pare di cogliere l’essenza ( o forse dovrei dire l’assenza) di Moll; che non si chiama nemmeno Moll, questo è il nome che ha scelto per sé stessa per affrontare la vita e non riesco a pensare ad un’origine più veritiera di questa, per un nome. Tanto che lei il suo nome ce lo dice ma noi ce lo scordiamo, piegandoci alla sua autodeterminazione; Moll riesce a fare anche questo nel suo porsi come principio e come fine di ogni singola scelta della sua vita.
Proprio come il protagonista del film di cui sopra, Moll è il catalizzatore e l’attivatore di una serie di eventi, taluni anche tragici, che attraversano la sua vita a cui lei reagisce con una sorta di indifferenza fatalista di fondo che le permette di non crollare e di passare al capitolo successivo battere (quasi) ciglio; tutto subito ci pare una donna assurda, quasi fastidiosa, ma ben presto ci rendiamo conto che questa è la migliore arma che Moll possiede per affrontare la vita, soprattutto come donna di umili origini nel 1600.
Moll nasce nella disgrazia, in una prigione e da madre ignota, e viene affidata ad una nutrice di professione, un donna che alleva bambini senza radici, per conto dello Stato, finché saranno abbastanza grandi e forti per prendere servizio nelle case dei ricchi. Con un inizio del genere e un futuro non certo roseo già segnato, viene da chiedersi cosa potrà mai raccontare questa donna di sé stessa, di così avventuroso, in questa fittizia biografia in prima persona. Ed invece no. La vita di Moll prenderà strade inaspettate per qualsiasi donna dell’epoca, perché già da bambina, si pone al centro della sua vita e si impone sul suo destino, quando dichiara a gran voce che da grande vuole “fare la signora”; e sebbene lei intenda per “signora” una donna in grado di mantenersi degnamente con il solo frutto del suo lavoro senza chiedere niente a nessuno (ricordo che siamo nell’600), tutti fraintendono le sue parole ed è così che lei suscita quella simpatia che le permetterà di non finire come schiava a servizio delle famiglie londinesi ma come dama di compagnia e cameriera personale di due giovani donne della borghesia londinese. In questa casa, la giovane e bella Moll sarà vittima della sua vanità, preda ingenua di un uomo più grande e fascinoso di cui non capirà l’inconsistenza delle promesse ma, accusato il colpo, passa oltre senza dramma, accettando le conseguenze e riparando, con un colpo di coda, sé stessa da uno scandalo che la riporterebbe in basso, laddove è nata e non vuole tornare.
Da quel momento e per oltre 50 anni di vita, l’ingenuità di Moll scompare, lasciando il passo ad una mente lucida e scaltra. La vita di Moll sarà orientata alla ricerca costante della stabilità economica e sociale; del resto come donna non ha molte altre scelte, in una società che vede per le donne due sole alternative: essere una signora o diventare una donnaccia di strada. Seguendo questo desiderio di libertà e dignità per sé stessa, Moll passa attraverso i drammi della vita (come la morte del primo marito, l’abbandono di un secondo e la perdita di alcuni figli) senza abbandonarsi alla tristezza, scuotendo subito sé stessa dal dramma e rimettendosi in movimento, nel vero senso della parola: la ricerca di Moll attraverserà città, regioni e continenti diversi. Moll sarà spesso moglie e amante ma saranno le donne il vero sostegno della sua vita, le figure dominanti del suo racconto: poche ma luminose, spiccano in questa masnada di uomini a cui la società ha concesso tutto tranne che la capacità di far fruttare le proprie fortune, non solo economiche.
Moll ha una dote rara ai più: il pensiero lungo; un modo di connettere persone ed eventi, intorno a lei, con lucidità e lungimiranza, orchestrando le mosse più giuste per raggiungere l’obbiettivo che altro non è che la serenità e la sicurezza per sé stessa; Moll è dotata di un pensiero maturo, non insegue assurde fantasie e non e preda di vuoti romanticismi. Nel suo percorso di vita, Moll non è sempre giusta, si muove spesso sul filo dell’immoralità e dell’illegalità, ma si prende sempre la responsabilità delle sue azioni: è dispiaciuta del male che provoca, cerca spesso di rimediare e talvolta ci riesce; arriva anche a pentirsi ma non è mai scossa da quel senso di colpa distruttivo e tipicamente religioso che ancora oggi si chiede alla donne e che ha caratterizzato la storia (e la triste fine) di molte altre sue “colleghe” in altrettanti capolavori della letteratura.
L’unica cosa che si può rimproverare a Moll è di non aver avuto abbastanza coraggio; spintasi ben oltre i lidi sicuri dove si adagiavano le donne dei suoi tempi, non ha poi avuto quel briciolo di forza in più per saltare l’ultimo gradino: la sua vita, così straordinaria e frutto solamente delle sue capacità in termini di adattamento, scaltrezza e creatività, è sempre stata dominata da una sorta di inquietudine di fondo che la faceva sentire inadeguata, incompleta senza un uomo al suo fianco. Se si fosse fermata ad osservarsi attentamente, avrebbe colto pienamente le sue capacità e avrebbe capito che sarebbe stata in grado di donarsi serenità e stabilità solo con le sue forze, Moll sarebbe bastata a sé stessa. In fondo non possiamo fargliene una colpa: serviranno molte battaglie ancora, dentro e fuori alle pagine dei libri, perché le donne raggiungano questa consapevolezza.
Battaglie che spesso, sorelle mie, sono ancora da vincere.
Alice Porta