La corruzione sembra essere un morbo radicato nella mentalità e società italiana. Un tema già conosciuto e dibattuto nella Storia.
Ci basterebbe tornare indietro di anni per scoprire gli scandali che si sono susseguiti nel corso del tempo. Dalla vendita delle indulgenze di papa Leone X, allo scandalo della Banca Romana che sconvolse il governo Giolitti nel 1892-93.
I mass media ancora ricordano i numerosi processi a esponenti politici importanti della Prima Repubblica. Con l’inchiesta di Mani Pulite, si credeva che il sistema politico italiano potesse risollevarsi dal marciume in cui era stata gettata la democrazia.
La diffidenza è ancora molto alta nei confronti dei politici e l’idea che le tangenti e le mazzette non siano scomparse con i vecchi partiti, è ancora molto forte.
La corruzione: le origini risorgimentali
Vittorio Emanuele II pare che, parlando con il plenipotenziario August Paget, abbia detto:
Ci sono due modi per governare gli italiani: con le baionette o con la corruzione.
Così nacque il sistema politico italiano, una monarchia democratica fondata sulla corruzione.
Gli scandali non si fermano alla Banca Romana. L’episodio più imbarazzante fu quello che interessò Gustavo Cavour, il fratello del Presidente del Consiglio Camillo Benso di Cavour. Egli era uno dei maggiori azionisti della Cassa di Sconto, presa grazie a un appalto finanziato dagli inglesi. I Cavour apparivano come una famiglia di spregiudicati affaristi all’epoca.
La situazione socio-economica del paese sembra essere uno specchio della condizione odierna. Ventidue milioni d’italiani-a detta di un tale Lord Clarendon-pagavano il doppio delle tasse rispetto ai diciannove milioni di prussiani. Il re era ignorante e spregiudicato e il ministro degli Esteri-secondo gli ambasciatori inglesi-era un incapace.
Con la caduta del governo Giolitti, l’incarico fu affidato a Crispi, il quale, per coprire lo scandalo, governò un anno intero a camera blindata. La Banca Romana diede illegalmente a Crispi 718.000 Lire. Fatto sta che, nessuno osò intralciare il suo cammino e stravinse alle elezioni. La sua politica si concluse con la disastrosa campagna in Africa.
Da Tangentopoli a Oggi
Il 17 febbraio del 1992 iniziò la stagione di Tangentopoli. Con l’arresto di Mario Chiesa, si diede il via alla slavina che colpì tutti i partiti della Prima Repubblica. Un’intera classe dirigente è finita sotto accusa, insieme a esponenti prestigiosi della politica, come Bettino Craxi, leader del partito socialista e Arnaldo Forlani, esponente della Democrazia Cristiana.
Una stagione di profondi cambiamenti economici, politici, ma soprattutto, il vero volto della mafia. Un’età di fiducia in un rinnovamento generazionale ed etico della vita pubblica. Nuovi movimenti sono entrati in scena: Forza Italia, Lega Nord, volenterosi eredi del “Nuovo”.
In realtà, è cambiato ben poco. Non sono state fatte delle leggi che impediscano la presenza di tangenti. Anzi, sono stati introdotti provvedimenti che non hanno fatto altro che rallentare la macchina della giustizia italiana, permettendo la caduta in prescrizione di molte delle inchieste di corruzione.
Oggi come allora, i temi sono sempre quelli del 1992: finanziamento della politica non trasparente e sistema di lottizzazione delle cariche in enti pubblici.
In passato esisteva la spartizione delle tangenti a livello cittadino, provinciale, regionale e nazionale. Oggi, il mercato della corruzione è dominato da bande che gestiscono gli interessi politici e imprenditoriali. In questo contesto s’inserisce Mafia Capitale.
C’è chi dice che l’origine sia da ricercare nell’impronta culturale della società italiana. Lo Stato è percepito in vaste aree del paese come un corpo estraneo, forse a causa delle dominazioni straniere. L’arricchimento è percepito dal popolo italiano come una forma di superiorità e di distinzione sociale. Il potere si acquisisce con il denaro e la possibilità di fare soldi facili fa gola a molti.
Il tornaconto personale, l’appartenenza a un clan o a una famiglia viene prima di tutto, anche del benessere collettivo. Uno studioso anglosassone, Edward Banfield, l’ha definito “familismo amorale”, una caratteristica specifica che evidenzia quanto gli italiani siano insufficientemente etici.
La corruzione può essere sconfitta. Basterebbe rendere più celere la giustizia, ridurre il numero delle leggi e renderle più efficaci e migliorare la trasparenza degli atti della Pubblica Amministrazione. Ma soprattutto, gli italiani dovrebbero considerare valori quali la responsabilità, la virtù e l’interesse generale.
Tamara Ciocchetti