Ha fatto il giro del mondo quanto accaduto ieri prima del calcio d’inizio della sfida fra Australia e Arabia Saudita ad Adelaide, valida per le qualificazioni ai mondiali in Russia e vinta 3-2 dalla squadra locale. Pochi istanti prima del via era prevista l’osservanza di un minuto di silenzio in omaggio alle vittime della strage di Londra, nella quale due ragazze australiane avevano perso la vita. Come si può vedere nel video, mentre i giocatori australiani si dispongono attorno al cerchio di centrocampo come d’abitudine, i sauditi si sono allontanati dalla zona centrale del terreno di gioco per disporsi nella loro metà campo in attesa del fischio d’inizio.
Di fronte alle facce incredule degli australiani, ad onor del vero, non si vedono atteggiamenti scomposti. Ad eccezione di alcuni, tutti i giocatori sauditi rimangono in silenzio. Tuttavia, il venir meno ad un cerimoniale consolidato non poteva passare inosservato e comporta, comunque, una sostanziale mancanza di rispetto. Questa è stata sottolineata, in primis, dagli stessi spettatori australiani, i quali hanno ricoperto di fischi la squadra avversaria non appena il momento di cordoglio è terminato.
I sauditi: «non è nella nostra cultura»
La Federazione australiana ha comunicato di aver preventivamente chiesto alla Federazione calcistica d’Asia di poter svolgere il minuto di silenzio, proposta inoltrata anche all’Arabia Saudita. Tuttavia, come riporta su Twitter il giornalista di Fox Sports Australia Adam Peacock, i dirigenti sauditi avevano già avvertito nel pre-partita che non avrebbero partecipato, poiché questa tradizione non è contemplata nella cultura del Paese.
Pre game minute silence:
AFC approved it pre game.
Travelling Saudi officials said no.
FFA tried to reason, no avail and went ahead.— Adam Peacock (@adampeacock3) June 8, 2017
Compresa la brutta figura internazionale, la federazione ha diramato in seguito un comunicato di scuse: «Non c’era alcuna intenzione di mancare di rispetto alle vittime di Londra, né alle loro famiglie. Siamo profondamente rammaricati e vogliamo confermare la nostra ferma condanna a tutti gli atti di terrorismo e di estremismo».
I precedenti con il minuto di silenzio
Le motivazioni ”culturali” addotte dai sauditi sostanzialmente non reggono, sia per la mancanza di empatia, sia per quanto accaduto in passato nella stessa situazione. Per citare il precedente più recente, il minuto di silenzio è stato rispettato da diversi nazionali sauditi in occasione dell’amichevole fra Barcellona e Al Ahli Saudi FC del 13 dicembre 2016, ma la motivazione in quel caso non era legata ad un evento di terrorismo. Ad essere ricordati furono i giocatori della Chapecoense deceduti nell’incidente aereo di alcuni giorni prima.
Altro caso nel 2015, quando la nazionale di polo di un altro Stato del golfo, gli Emirati Arabi Uniti, aveva rispettato un minuto di silenzio prima di un match di Silver Cup in onore di Re Abdullah, sovrano saudita morto nel mese di gennaio. Anche in questo caso, quindi, una celebrazione in cui il terrorismo non c’entrava nulla. Nella partita di ieri, invece, l’Arabia Saudita aveva la possibilità di rispettare il cordoglio legato ad una strage, ma non ha voluto partecipare ad un cerimoniale che, a prescindere da ogni discussione sulle culture e le tradizioni, avrebbe dimostrato la dissociazione e il rigetto rispetto a quanto avvenuto.
Stavolta lo sport non unisce
Allo sport va riconosciuto un merito importante: è spesso stato un elemento riconciliatore ed ha permesso a culture estremamente diverse di competere fianco a fianco. Cinque anni fa a Londra, proprio una ragazza saudita esordiva per la prima volta alle olimpiadi negli 800 metri. Il tempo fu altissimo, gli applausi della tribuna dell’Olympic Stadium scroscianti. Stavolta non è stato così. Quella linea di metà campo ha rappresentato un muro invalicabile fra due linee di pensiero opposte e, purtroppo, inconciliabili.