Hung parliament nel Regno Unito dopo le elezioni tenutesi ieri, al seguito delle quali nessuno dei partiti ha ottenuto la maggioranza di 326 deputati della Camera dei Comuni. Non ci è riuscita la leader dei Conservatori, Theresa May, che aveva voluto le elezioni anticipate nella speranza di ottenere una maggioranza più solida, ma nemmeno Jeremy Corbyn, leader dei Laburisti, che è però stato capace di sbaragliare le attese di una vittoria schiacciante dei suoi avversari. I primi exit poll avevano previsto proprio questo esito.
Crolla la leadership della May
Il sogno di Theresa May di rafforzare la sua maggioranza per avere una posizione più solida nella gestione della Brexit diventa, quindi, un incubo dovuta principalmente ad una campagna elettorale infelice; ora, il Regno Unito si trova spiazzato da una situazione di potenziale ingovernabilità, quella che appunto i britannici chiamano di hung parliament, un parlamento “appeso” a causa dell’assenza di una maggioranza. Di fatto, dunque, risultato disastroso per Theresa May, che ha ottenuto soltanto di privarsi di quella maggioranza, anche se piccola, di cui godeva sino a ieri il suo partito. Di contro, il leader dei Laburisti Jeremy Corbyn che, all’inizio della campagna elettorale, sembrava senza nessuna speranza è invece riuscito meglio degli avversari a conquistare nuove circoscrizioni. Da segnalare la scomparsa dell’UKIP, e la sostanziale riduzione dell’SNP, il partito indipendentista scozzese di Nicola Sturgeon, che ha visto notevolmente ridimensionati i suoi seggi. Questi voti si sono redistribuiti fra Conservatori e Laburisti in quasi tutti i seggi, segnando un ritorno ad un netto bipolarismo del Regno Unito. In particolare, i Laburisti si sono mostrati in grado di assorbire meglio i voti persi dall’UKIP, contrariamente alle aspettative che vedevano i Tories come naturale approdo per questi elettori.
L’analisi del voto
Molto probabilmente, ha pesato sul risultato finale il voto dei giovani, quegli stessi giovani che sono stati, al referendum dello scorso anno, i grandi sostenitori del remain e che, presumibilmente, hanno preferito Corbyn ad una May che è diventata il simbolo della hard Brexit. Un altro fattore, potrebbe essere stata la posizione dell’ex Primo Ministro in merito all’austerity, il cui abbandono è stata una delle ragioni principali (insieme all’immigrazione) ad aver spinto per l’abbandono dell’Unione Europea ma che invece la leader dei Tories ha deciso di mantenere nelle sue politiche; un tema che, peraltro, è stato sottolineato dallo stesso Corbyn durante il discorso tenuto in occasione della proclamazione alla sua elezione nel seggio di Islington North, con 40.086 voti.
Cosa accadrà adesso?
Vista la situazione di incertezza, difficilmente i negoziati per la Brexit potranno iniziare 11 giorni dopo l’insediamento della Camera (che sarà questo lunedì) come la May aveva promesso; in occasione della sua elezione nel collegio di Maidenhead, avvenuta con 37.782 voti, l’ormai probabile ex Primo Ministro ha promesso che il suo partito si occuperà di “mantenere la stabilità” e che le attuali priorità sono prima di tutto “ottenere un buon accordo per la Brexit”, compito che sarà felice di svolgere nel caso in cui “sia ancora io il Primo Ministro”. Promesse difficili da mantenere, vista la situazione di forte instabilità creatasi, aggravata dal rifiuto dei Liberaldemocratici di fare alleanze così come la distanza con gli indipendentisti scozzesi, e al seguito della quale già si inizia a parlare di un possibile cambio al vertice del partito Conservatore, che potrebbe affidarsi alla guida di Boris Jhonson, forte supporter della Brexit nei Tories e rieletto dal suo collegio di Uxbridge con 23.716 voti. Il dato più significativo emerso, è che un voto che, nelle idee di Theresa May, avrebbe dovuto portare una leadership più forte, ha invece finito per affossarla del tutto.
Emmanuele Ettore Vercillo