Voce dietro la scena
Camminavo, pensierosa al mio solito, e d’un tratto il grottesco del Reale che supera l’Immaginifico. La drammaturgia è presente in ogni piccolo passo che compiamo, come se ci fosse un copione superiore o come se ci fossero dei continui richiami a paradigmi e parafrasi letterarie. La semiotica regna sovrana e dovremmo sempre cogliere quel che ci circonda, filtrandolo e facendolo nostro, anche dissacrandolo.
Plot
I rintocchi della sveglia che celano il dio Crono, vorace, voglioso di fagocitare ogni tuo più piccolo minuto, scandendolo serialmente. Passando alla Pinacoteca quotidiana “offerta” dai mezzi pubblici, ove la ritrattistica più disparata, dalla somatica rinascimentale a quella grottesca della “Nuova Oggettività Tedesca” si disvelano e ogni Persona può diventare Personaggio.
Percorrendo le strade di Roma, a ogni ora del giorno, come dei “Tableaux vivants” in piena regola, svariate comparse interpretano la ballad opera di Brecht: “Opera da tre soldi”. Numerosi “Mackie Messer” violano il quotidiano, “Jenny delle Spelonche” esangui intonano la canzone del Re Salomone ai lati delle strade: “Era un gran savio Re Salomone, ma poco gli servì…”, ricordandoci scetticamente e mestamente, che “Nel mondo l’uomo è vivo a un patto: se può scordar che a guisa d’uomo è fatto”. Imboccando un piccolo sentiero si ode il rimestare delle stoviglie e si scorgono le anticamere delle cucine, e “la pittura di genere” fiamminga fa la sua entrée. Osti annoiati, abbacinati, gonfi dall’ebbra “gargantuesca”, turisti inglesi che ancora vengono a fare il Grand Tour e si stanziano a Piazza Farnese, ove, quando viene la sera le luci dalle finestre illuminano i soffitti “carracceschi”, incantando.
La fontana delle tartarughe del ghetto dove si è persa Melisande, che confusa osserva la sua corona scomparire tra le acque, e canta, reclinando il capo, tutte le note “simboliste” di Claude Debussy, sottendendo gli echi dei versi di Maeterlink.
E giù il sipario.
Costanza Marana