Ryszard Kapuściński (Pinsk, 1932 – Varsavia, 2007) era un giornalista polacco. Ricevette numerosi riconoscimenti, come il Premio Grinzane per la Lettura e il Premio Principe de Asturias (2003). Soprattutto, però, è noto per il proprio libro autobiografico In viaggio con Erodoto (2004), che vinse nel 2005 il Premio Elsa Morante, sezione “Culture d’Europa”. L’edizione consultata per questo articolo è quella Feltrinelli (2010, 7^ edizione rivista; traduzione dal polacco di Vera Verdiani).
In viaggio con Erodoto racconta alcuni retroscena della vita del reporter, legati al suo rapporto con le lettere classiche. Il testo comincia infatti col ricordo delle lezioni universitarie di storia greca: senza libri di testo, per la povertà del dopoguerra. Gli appunti degli studenti sono pertanto accuratissimi. Eppure, in quelli di Kapuściński, manca il nome di Erodoto. L’insegnante l’ha menzionato di sfuggita, così di sfuggita che non è stato necessario registrarlo. Non provenendo da famiglie colte, gli allievi non possono nemmeno sapere che è l’autore delle Storie. Non ne esisteva, all’epoca, una traduzione polacca.
L’opera, secondo Kapuściński, non sarebbe stata peraltro benvista, durante il periodo della malattia e della morte di Stalin. “Che cosa c’entrava un libro scritto duemilacinquecento anni prima? E invece c’entrava. A quel tempo dalle nostre parti imperversava, contagiando l’intero modo di pensare, di vedere e di leggere, l’incubo dell’allusione. […] Immaginiamo che una persona ossessionata dall’allusione prenda in mano l’opera di Erodoto. […] Poniamo che il lettore apra a caso il V libro. Che cosa vi trova? Che a Corinto, dopo trent’anni di governo sanguinario, è morto un tiranno di nome Cipselo al quale succede il figlio Periandro, destinato a rivelarsi molto più sanguinario del padre. […] E che dire del cupo, maniacalmente sospettoso Cambise? […]” (op. cit., pp. 12-13).
L’incontro fra Kapuściński ed Erodoto avverrà quando il giovane laureato, divenuto giornalista, verrà inviato per la prima volta all’estero. Una meta mai sognata, e persino temuta, da quasi tutti i suoi connazionali. Lui, invece, desiderava “il mistico e trascendentale atto in sé di varcare la frontiera” (p. 16). Ma essere spedito nella remota India lo lasciò comunque scioccato. Fu provvidenziale il dono della sua caporedattrice: una copia, appunto, delle Storie di Erodoto.
In quell’autore, Kapuściński trovò un vero e proprio maestro di vita. Come il giovane giornalista polacco, lo storico greco si era trovato a confrontarsi col vasto mondo, col desiderio di raccontarlo. “L’India rappresentò il mio primo incontro con la diversità, la scoperta di un altro mondo. Un incontro straordinario e affascinante, ma anche una grande lezione di umiltà. […] Ritornai da quel viaggio vergognandomi di non avere letto abbastanza e di essere un ignorante. Avevo scoperto che una cultura estranea non si svela a comando e che, per capirla, occorre una lunga e solida preparazione.” (op. cit., p. 43).
Il desiderio di studiare la cultura indiana si sposò così a quello di approfondire la figura di Erodoto. Di colui che non sembrava aver avuto problemi ad approcciare tanti mondi diversi. “Di sé Erodoto racconta solo di essere nato ad Alicarnasso. Alicarnasso si stende su un golfo dolce e armonioso come un anfiteatro, in quel meraviglioso angolo di mondo dove la riva occidentale dell’Asia incontra il Mediterraneo. È il paese del sole, del caldo, della luce, degli olivi e delle viti. Viene spontaneo pensare che chiunque sia nato in un posto simile debba per forza avere il cuore buono, la mente aperta, il corpo sano e un’inalterabile serenità di spirito. I biografi sono abbastanza concordi nel sostenere che Erodoto nacque tra il 490 e il 480 a.C., forse nel 485. Sono anni fondamentali per la cultura del mondo: verso il 480 scompare Buddha; l’anno seguente, nel principato di Lu, muore Confucio; cinquant’anni dopo nascerà Platone. In questo periodo l’Asia è il centro del mondo. Per quanto riguarda i greci, la parte più creativa della loro società – gli ioni – risiede anch’essa sul territorio asiatico.” (op. cit., p. 48).
Con lo spirito di Erodoto al proprio fianco, Kapuściński visiterà la Cina, l’Egitto, il Sudan, il Congo, l’Etiopia, l’Algeria, il Senegal: fino ad Alicarnasso, città natale del suo antico mentore. Il cerchio si chiude. Nel libro, le narrazioni dei viaggi dell’autore si alternano ai riassunti e commenti delle pagine erodotee. A cosa serve una simile alternanza? A evitare quel provincialismo del tempo da cui metteva in guardia T.S. Eliot: quello “per cui la storia non è che la cronaca delle invenzioni umane via via superate e messe da parte, e il mondo proprietà esclusiva dei vivi, una proprietà di cui i morti non possiedono azioni. La minaccia che si annida in questa sorta di provincialismo è che possiamo diventare tutti provinciali […] e a coloro che non vogliono essere provinciali non resterà che farsi eremiti.” (Op. cit., p. 259).
Erica Gazzoldi