Felice Bisazza (1809-1867) è uno scrittore siciliano di ballate di genere romantico. Egli stesso descrive la sua opera quale un tributo al sentire popolare, leggende che innalzano i cuori dei più umili, che adergono come moniti, preghiere con l’intento di confortare le anime dei sofferenti e “accarezzarne i sogni celesti”.
Una funzione civile e morale che deputa questo genere letterario a bardo delle tradizioni locali. La Sicilia all’epoca di Bisazza era inserita in un contesto culturale ampio che spaziava oltre i confini regionali, come lo dimostrano le “strenne” catanesi che giunsero fino alla Germania.
“Leggende e Ispirazioni” è la principale raccolta di ballate dell’autore. L’obiettivo dell’opera è di fare un’elegia di fatti di cronaca popolare o di credenze diffuse, in componimenti brevi. Lo stile risulta immediato, intriso di accenti gravi, ma temperati e addolciti da un senso di speranza profuso dalle storie.
Mentre una ballata di spirito noir è quella dei “Beati Paoli”, che tratta di una setta segreta palermitana di vendicatori del XII secolo che si macchiarono di crimini in nome della giustizia popolare. Essi punivano con la morte chi commetteva dei torti nei confronti della povera gente. Il contesto sociale era il dilagarsi di forme di angherie da parte dei Baroni feudali; questo inasprì il sentire comune e sorsero figure di giustizieri che autonomamente rivendicarono i loro diritti, giudicati calpestati del delirio onnipotente signorile.
Folklore, spirito civico, cronaca, prosa: tutti elementi sapientemente mescolati da Bisazza per rievocare e consolidare senso storico e culturale. Anche il tema del sentimento viene affrontato con la dialettica tra dolce-amaro nella ballata la “Buca di Bonagia” che narra di una storia d’amore impossibile, corredata di tragico epilogo, copione di fatti realmente accaduti.
Sacro-profano, senso del tragico e del civico, realtà e mistificazione, grottesco e poetico pervadono queste leggende piene di fascino che hanno costituito parte integrante della cultura letteraria italiana ottocentesca.
È mezzanotte: nell’aria bruna
Non v’è una stella, non v’è la luna:
Sopra gli spaldi de le castella
Udì quell’ora la sentinella;
E disse all’erta, dalla spianata,
L’ora è sonata, l’ora è sonata.
Costanza Marana