Kamikaze, parola di origine giapponese, oggi così impropriamente utilizzata.
Kamikaze, oggi questa parola incute timore e preoccupazione, perché i così detti “kamikaze”, attraverso attacchi suicidi di stampo terroristico, uccidono persone innocenti. Non agiscono per difendere la propria patria, ma come mossa offensiva, spesso a chilometri e chilometri di distanza dal loro paese d’origine.
Questa parola di origine giapponese significa “vento divino”, appare per la prima volta nella mitologia giapponese, ma è diventata famosa nell’epoca Kamakura (1185 – 1333).
Nel 1274 e nel 1281 il condottiero mongolo Kublai Khan, nipote di Gengis Khan, mandò delle truppe in Giappone, nel tentativo di invaderlo, ma entrambe le volte questo progetto fallì, perché tifoni di potente intensità distrussero le sue navi. Ritrovate poi molti anni dopo nei fondali marini.
I Giapponesi chiamarono quei tifoni Kamikaze credendo di essere protetti dalle divinità. Questo è l’evento che ha reso famosa questa parola.
Nella modernità è conosciuta con un senso diverso, cioè come “gli attacchi suicidi dei piloti giapponesi” nella seconda guerra mondiale contro gli Stati Uniti.
La parola kamikaze, in giapponese, non viene più usata. Probabilmente considerata una specie di tabù a causa del carico di tristezza che la caratterizza. Ciò non toglie che i giapponesi rispettino i soldati kamikaze del 1945. Credevano che i loro attacchi suicidi fossero efficaci per proteggere la patria e la famiglia.
L’immagine del “vento divino” è originariamente un’immagine di difesa, divina o militare, nei confronti di una guerra in corso.
Immagine che ha poco a che vedere con gli attacchi terroristici nei confronti di civili inermi, di cui purtroppo sentiamo parlare troppo spesso.
Ricordiamoci, quindi, che ogni volta che utilizziamo questa parola riferendoci ai terroristi, la stiamo utilizzando impropriamente. Chi uccide, non ha nulla di divino.
Un kamikaze con l’hachimaki.“Gli dei del Pacifico”
Se andrò sul mare, il mio corpo tornerà sospinto dalle onde.
Se il dovere mi porterà sui monti, un tappeto d’erba sarà la mia copertura funebre.
Per la salvezza dell’Imperatore, non morirò in pace nella mia casa.
(Canto dei kamikaze prima dell’ultimo volo)