Chi avrebbe mai detto che il cellulare, inventato per comunicare, ci avrebbe isolati sempre di più? Con la diffusione dei social network (termine alquanto paradossale), abbiamo iniziato a comunicare sempre più virtualmente e sempre meno vis-à-vis. Gli smartphone sono diventati una vera e propria droga.
I cellulari hanno creato un muro tra le persone e il mondo esterno. Per alcuni, la prospettiva di non essere raggiungibili al telefono è terrificante. Ma si può vincere la dipendenza da smartphone? La risposta è sì: possiamo recuperare un rapporto sano con il nostro telefono… grazie ad alcune app.
“Disintossicarsi” dal proprio smartphone con un’app sembra un controsenso. Tuttavia, se utilizzate con criterio, queste applicazioni promettono risultati soddisfacenti. Andiamo a vedere di cosa si tratta.
Partiamo da Otomos, una custodia molto speciale che approderà al mercato giapponese questa estate. Otomos è stato progettato appositamente per i ragazzini. È un timer che va assicurato allo smartphone tramite una vite che non può essere rimossa dai piccoli. I genitori potranno monitorare il tempo che i figli trascorrono al telefono. Inoltre esso può essere disattivato se chi sta utilizzando il telefono sta camminando, in modo da evitare incidenti dovuti alla disattenzione.
Marshmallow è un’altra app destinata ai bambini. Essa premia i ragazzini che rispettano le restrizioni di tempo imposte dai genitori. I punti guadagnati possono essere trasformati in buoni regalo su Google Play, Amazon e altri negozi. Un metodo divertente per limitare il tempo che i più giovani dedicano allo smartphone.
Altre applicazioni hanno obiettivi ambiziosi. Onward, ad esempio, funge da “life coach” virtuale, dando consigli per combattere varie forme di dipendenza virtuale. Essa non aiuta solo a sconfiggere l’assuefazione allo smartphone, ma dà anche alcune dritte per “guarire” – ad esempio – dallo shopping compulsivo in rete.
Dinner Mode aiuta l’utente a tenere lo smartphone lontano durante i pasti. Poi c’è Forest, che ci trasforma in coltivatori di alberi in un bosco digitale… a patto che le restrizioni di tempo vengano rispettate. Insomma, ce n’è per tutti i gusti. Perché non tentare?
Veronica Suaria