Mercoledì 3 maggio è avvenuto l’incontro tra il leader palestinese Mahmoud Abbas e il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. Quest’ultimo ha promesso al presidente della Palestina d’impegnarsi, affinché la pace tra Israele e Palestina sia realizzabile.
Al Jazeera ha riferito quanto le dichiarazioni della Casa Bianca siano state poco chiare in merito. Infatti, il presidente statunitense ha sì promesso la pace, ma non ha ancora spiegato il modo con cui intende agire. Il presidente dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina Abbas ha ribadito la richiesta di uno stato palestinese indipendente, secondo le linee di confine del 1967, con Gerusalemme est come capitale. I territori occupati da Israele dopo la vittoria della Guerra dei Sei giorni non sono mai stati riconosciuti, nemmeno dall’ONU. Trump, d’altro canto, ha invitato l’autorità palestinese a condannare gli atti di violenza perpetuati da Hamas.
Mahmoud Abbas è stato presidente per dodici anni. Non ha molta legittimità tra i palestinesi, perché non è riuscito a risolvere le problematiche riguardanti l’aumento degli insediamenti israeliani. Abbas è stato accusato dal suo popolo, di svolgere soltanto delle politiche simboliche internazionali inutili.
La creazione di due stati è sempre stata prerogativa anche dei presidenti americani precedenti a Trump. Nessuno di loro è riuscito nell’impresa, andando ad acuire un clima di tensione già di per sé presente.
Il punto di partenza è il riconoscimento da parte dei palestinesi dell’esistenza dello Stato d’Israele. Essi però “invitano” gli israeliani a bloccare la loro politica d’insediamento.
Mahmoud Abbas e gli scioperi per la fame in Palestina
Mentre Mahmoud Abbas si riuniva con Donald Trump, migliaia di manifestanti si sono recati in strada. Essi hanno attraversato la Cisgiordania e si sono uniti moralmente ai prigionieri palestinesi, i quali sono stati in sciopero per 17 giorni nelle carceri israeliane. I detenuti hanno richiesto migliori condizioni per la loro salute, la fine della detenzione amministrativa e della solitudine.
Trump, nonostante le parole d’impegno di questo mercoledì, pare che in passato abbia contestato la legittimità delle richieste palestinesi, riguardo la soluzione dei due stati. Sta di fatto che, gli Stati Uniti possono fare ben poco, se tra i palestinesi e gli israeliani non ci sarà una fiducia reciproca.
Hamas, invece, gruppo politico e paramilitare palestinese, accetta la formazione di uno stato palestinese con i confini del 1967, ma senza riconoscere lo stato israeliano. Il leader di Hamas, Kaled Meshaal, ha affermato l’assoluta convinzione che il conflitto israelo-palestinese non sia religioso ma territoriale.
Donald Trump visiterà il Vicino Oriente
Donald Trump visiterà Israele, il Vaticano e l’Arabia Saudita. Questo sarà il suo primo viaggio di politica estera come presidente. Egli ha scelto l’Arabia Saudita volendo dare un segnale di cooperazione per la lotta al terrorismo, secondo il Ministro degli Esteri del regno saudita.
La nuova manovra politica di Trump servirà agli Stati Uniti per combattere Daesh e l’influenza iraniana sul territorio. Quest’idea sembra stravolgere l’immagine precedente di un’ America anti musulmana. Gli Stati Uniti, infatti, desiderano creare due vertici bilaterali, uno con i leader del Golfo Arabo e l’altro con i leader dei paesi arabi e musulmani.
Il Vicino e Medio Oriente hanno espresso considerazioni in merito all’incontro tra Trump e Abbas. Hamas parla di perdita di tempo, poiché Abbas–a detta loro–non rivendica il diritto dei profughi palestinesi di ritornare nelle loro terre. Israele, invece, si aspetta delle pressioni da parte degli Stati Uniti sulla Palestina. Il ritiro delle truppe statunitensi da Tel Aviv a Gerusalemme sarebbe per gli israeliani consequenziale.
Tamara Ciocchetti