Era l’anno 1979, quando il professore Gerard Russel scrisse un articolo intitolato “Bulimia nervosa, un’inquietante variante dell’anoressia nervosa”.
“La bulimia nervosa è un disturbo del comportamento alimentare caratterizzato dalla paura morbosa del peso elevato, e dall’influenza eccessiva del peso e della forma del corpo, nella valutazione e nella stima di se”.
Questo è ciò che si legge nell’articolo del Professore, questo è ciò che estrapoliamo da qualsiasi testo riguardante in particolare i disturbi alimentari.
Sotto il periodo delle festività natalizie dovremmo essere tutti più buoni, felici, gioiosi, altruisti. La verità è che il mondo non segue i buoni principi, e continua a ruotare attorno a se stesso nello stesso identico modo, anno dopo anno, facendo piovere sulle nostre teste le stesse ingiustizie, come se fossero meteore.
Mi ripropongo di iniziare il nuovo anno scrollandomi di dosso un po’ di quell’egoismo accumulato, come polvere sui miei vestiti, nel 2015 appena concluso.
Esiste una parte silente della popolazione mondiale, che vive questo particolare periodo dell’anno con angoscia, ansia, agitazione, terrore puro. E considerando che questa parte di popolazione è in vertiginoso aumento in tutto il mondo occidentale, penso che sia giusto, tra un panettone e un cotechino, dedicare un po’ di spazio anche a loro.
Nei Paesi industrializzati, come l’Italia, 8/10 ragazze su 100, appartenenti ad una fascia di età che varia tra i 12 e 25 anni, soffrono di disturbi del comportamento alimentare.
Solo nel nostro Paese si contano tre milioni di persone, e nel 90% dei casi si tratta di donne.
Diverse volte ho avuto modo di avvicinarmi a questa patologia, ed entrare in contatto con la sofferenza provata e vissuta sulla pelle di milioni di persone.
La malattia è un vuoto grande come una voragine, che ti consuma dentro. E’ una solitudine lacerante, che ti impedisce di respirare. E’ una perenne ossessione che ti impedisce di pensare.
E’ un male di vivere, un’ossessione continua che ti divora dentro, nutrendosi dei tuoi organi vitali, e maciullando la tua stessa carne.
E’ un giro della morte, un circolo vizioso che ti trascina nel vortice di un malessere interiore, dal quale, purtroppo, è difficile ritornare a galla.
L’ossessione non è mai un capriccio, ma un male di vivere che ti stringe alla gola, impedendoti di respirare.
E’ un’ossessione logorante, che si nutre dell’indifferenza della gente.
E’ un’ossessione scomoda, con la quale non si può vivere.
E’ un’ossessione scomoda, senza la quale non si può vivere.
Questo è un punto importante, che spesso non viene considerato. Credo che “ossessione” sia la parola giusta per delineare le caratteristiche di una malattia morbosa, che rende le persone affette incapaci di vivere una vita dignitosa; l’aria diventa irrespirabile, i vestiti troppo stretti, le persone che ancora ti stanno accanto soffocanti. E’ un’ossessione continua, che rende completamente estranei dal mondo, assenti, concentrati solo ed unicamente su se stessi. E sul cibo.
E’ bene sottolineare che questi comportamenti estremi, che portano all’anoressia, o alla bulimia, derivano da una ricerca incessante di un controllo su se stessi, che trasmette una sensazione di potenza, invincibilità. Una sensazione di controllo che annebbia la mente, impedendo al soggetto di pensare a ciò che sta succedendo realmente nella sua vita, a un particolare aspetto di questa, che è sfuggito al suo controllo, procurando disagi e non poche difficoltà. Il peso, il corpo, diventa la sola cosa che si deve arbitrariamente tenere sotto vigile esame. La malattia non è che la punta dell’iceberg, che fa affondare una nave. E’ una maschera, bellissima quanto atroce, che nasconde verità sempre difficili.
Cala improvvisamente l’interesse per la vita sociale, le persone diventano estranee, nemiche, a volte addirittura aliene, perché incapaci di comprendere il malessere che il soggetto si porta dentro. E’ estremamente difficile restare accanto ad una persona affetta da disturbi alimentari. Spesso si isola, sviluppa una precisione maniacale, ed un disinteresse evidente per tutto ciò che la circonda. E’ molto insicura, disagiata, severa e critica, soprattutto nei confronti di se stessa, è spesso intransigente, e non ammette errori.
E’ difficile delineare una persona tipo, che potrebbe essere soggetta ad intraprendere il pericoloso cammino verso i disturbi alimentari; il demone colpisce chiunque, è spietato, e non guarda in faccia nessuno. Il gene malato conosce bene le sue vittime; sono spesso ragazze apparentemente normali, intelligenti, ambiziose, magari determinate, fragili, contraddittorie. Spesso si tratta di persone alla continua ricerca di sé stesse, dotate di una sensibilità maggiore, stanche e disgustate da questo mondo che ci circonda, creato e plasmato dalla società contemporanea.
Decidono per tanto di combattere una guerra personale, una battaglia rovinosa, uno spargimento di sangue continuo, per combattere ciò che ritengono violento ed ingiusto. Si costruiscono una solida armatura, per proteggersi dall’indifferenza della gente, e per poter piangere interiormente, senza essere disturbati.
Si tratta di un’infinita battaglia contro i mulini a vento, dove, schiacciate dal disturbo alimentare, le persone che soffrono di tale malattia, vestono i panni del valoroso “Don Chisciotte della Mancia”, armandosi di solitudine, spietato giudizio, rabbia e cattiveria verso il mondo esterno, e soprattutto verso se stesse.
E’ facile, fin troppo facile, entrare nel vortice della morte; condizionati come siamo continuamente dai media, e dalla corruzione sociale.
Il Natale dovrebbe essere un momento di gioia, condivisione, riposo.
Per le persone affette da DCA (disturbi del comportamento alimentare), questo periodo dell’anno è sempre atteso con un misto di ansia, preoccupazione, paura. Ma attenzione, questo non vuol dire che queste non desiderino trascorrere del tempo con i propri cari, ma semplicemente che mangiare non è più un piacere o una necessità fisica, ma una tentazione irresistibile alla quale bisogna assolutamente resistere. Il cibo diventa droga, la realtà si ribalta totalmente, e la naturale sensazione di sazietà diventa una sensazione pericolosa e spiacevole.
Può essere questo un modo di vivere dignitoso?
Io dico di no. Eppure molte persone convivono con questa malattia per molto tempo, alcune si rifiutano di farsi curare, e finiscono a lungo andare per identificarsi con la patologia. Questo accade perché i disturbi alimentari sono ancora avvolti da una densa coltre di vergogna, indifferenza, e incomprensione.
Conoscere, se non si può comprendere, in un mondo dove si respira solo guerra, inquinamento, indifferenza, può essere un inizio, per aprire gli occhi su una malattia sempre più viva e reale in questa società rimasticata.
A me, fin da quando ero piccola, mi hanno fatto vergognare del peso che avevo. Solo che, con problemi alla tiroide, tutto è peggiorato. Ho passato periodi davvero tremendi. Ora come ora, mi vergogno di mangiare davanti a tutti. Per me è difficile scrivere questo. Ora ho intenzione di farmi curare, perché così non riesco più ad andare avanti.