La Sardegna è meravigliosa nonostante le ferite industriali inflitte dall’uomo e quelle belliche procurate dagli alleati, soprattutto la base all’isola di Santo Stefano della Maddalena, per sommergibili apropulsione ed armamento nucleare della VI flotta (dal 1972 al 2003). Ecco un esempio dimenticato: un simbolo di colonizzazione perpetua in barba alle leggi di salvaguardia ambientale. Limbara è una montagna straordinaria ricca di sorgenti d’acqua dolce. Qui ho trovato la mamma di Arpanet, ovvero la nonna di Internet, vale a dire l’antenato del Muos. Il pericolo? Veleni cancerogeni ed inquinamento elettromagnetico. Sulla vetta giganteggia un bosco di antenne alcune civili nuove, altre militari dismesse fra cui sibila il vento. Un manciata di cartelli ingialliti: «ALT. Limite invalicabile. Farsi riconoscere». La recinzione presenta ampi squarci: se ci avventura quassù chiunque può entrare. A vista d’occhio amianto e lana di vetro spazzato dal maestrale. Tutta la zona è allagata dallo spurgo di tubazioni incancrenite dal tempo.
Una volta questo era il nocciolo del network MEDCOM 486L (Mediterranean Communications System) ossia una rete di troposcatter. Questo troporobo risale al 1966 e metteva in comunicazione una serie di nodi e controllava il Mediterraneo attraverso una molteplicità di tipi di trasmissioni. Alla fine tutto convogliava al 490L Autovon (Automatic Voice Network of the Defense Communications System) negli USA e dunque tutta la rete mondiale.
Capannoni cadenti in eternit, trasmettitori giganteschi, orientati verso tutte le direzioni, sono i resti di una base di telecomunicazioni “US Air Force”, installata in gran segreto a metà degli anni ’60 su uno dei picchi più alti in Sardegna, il Monte Limbara (Tempio Pausania). Era uno degli snodi fondamentali di una rete che arrivava in Africa e Turchia, fino al Medio Oriente. Gli americani l’hanno abbandonata nel 1993, perché la tecnologia “Troposcatter” era considerata obsoleta. Si sono orientati oggi verso programmi di comunicazione satellitari: l’ultimo è il MUOS, che prevede nel mondo anche quattro impianti terrestri, di cui uno, molto contestato, in Sicilia, a Niscemi.
Quando venne creata la base del Limbara (che era in costruzione già nel febbraio del 1965), era il periodo della prima guerra fredda e l’aeronautica statunitense aveva bisogno di una serie di stazioni radio in grado di inviare in poco tempo messaggi difficilmente intercettabili. La Sardegna era ritenuta dagli statunitensi “a pivotal geographic location” (“un punto geografico cardine”) e con il governo era già stato delineato in linea di massima un elenco di installazioni statunitensi in Italia, con un accordo bilaterale ancora oggi segreto (il BIA del 1954). Quando l’Aeronautica americana decise di installare anche nel Mediterraneo un tipo di network “Troposcatter” (sotto il nome di 486L Mediterranean Communications System – MEDCOM), come già sperimentato in Alaska dal 1957-1958, il Limbara fu prescelto per un impianto. In una serie di siti selezionati si collocavano antenne in grado di comunicare segnali a oltre 400 chilometri di distanza, sfruttando le onde UHF (Ultra High Frequency) e la loro propagazione nella troposfera: una parte del segnale lanciato verso il punto più alto dell’orizzonte viene di nuovo riflesso a terra da alcune molecole presenti nell’aria e captato dalle antenne riceventi. Le antenne devono essere direzionate e molto grandi, quindi è complicato ricevere il segnale per chi non è il destinatario. Sfruttando l’effetto della fascia atmosferica che rinvia le onde, le due basi possono anche essere distanti, non a portata ottica, con montagne o ostacoli fra di loro che renderebbero difficoltoso qualsiasi altro contatto diretto. Naturalmente, il rischio di evanescenza per fenomeni vari è molto alto, così di solito si inoltravano quattro distinte comunicazioni: lo stesso messaggio veniva trasmesso da due antenne diverse, ciascuna lavorava su due frequenze diverse, limitando così le possibilità di dispersione. La rete mediterranea (detta anche “Big Rally” nella parte italiana) partiva dalla Spagna: da Maiorca il messaggio arrivava al Monte Limbara,da dove poteva essere rilanciato verso Coltano (Toscana) per raggiungere il Nord Italia e l’Europa, o verso il Monte Vergine (Campania) per poi giungere in Grecia e Turchia. La base sarda è stata anche la sede di una squadra “Scope Creek” di tecnici, responsabili della manutenzione e dell’installazione delle antenne fra Spagna e Turchia.
Ma altri sistemi più efficienti e sofisticati sostituirono i sistemi “Troposcatter”. Nel 1993 la base fu evacuata, infatti venne presa in consegna almeno sulla carta dal ministero della Difesa, che la affidò all’Aeronautica. Dal 2008 è nella disponibilità della Regione, ma giace abbandonata. Nel 2012 una turbina elettrica è stata rimossa e ritrovata un paio di chilometri più a valle. Gli ignoti autori dell’azione hanno spiegato, su un foglio in lamiera bianca, le loro ragioni: “Questa base militare è piena di amianto, inquina le nostri sorgenti. Con questo gesto vi esortiamo a smantellarla. Non siamo una discarica USA”. Cos’attende il presidente della regione Sardegna ad esigere la bonifica immediata?