EMILIANO NON LASCIA LA GARA: DELUSIONE DI RENZI
Oggi, 2 aprile, è una data importante. Ad alcuni non dirà proprio nulla, ed altri vi resteranno totalmente indifferenti, ma per coloro che hanno seguito i Congressi del Pd in tutta Italia e che ora ne attendono le Primarie, questa domenica si passa una tappa fondamentale. Dal conteggio dei voti, oggi, si è appreso che i candidati alla Segreteria sono realmente i tre che in queste settimane hanno girato l’Italia con i loro programmi politici. Michele Emiliano, che era a rischio eliminazione dalla corsa per le Primarie, non è stato scansato fuori pista, restandovi con più del 5% di voti raccolti nei circoli del Pd. Al primo posto si è piazzato Renzi, con un 60%, mentre Orlando non lascia la seconda posizione con un 30%.
Non dev’essere stato molto contento, Matteo Renzi, apprendendo che Emiliano sarebbe sarebbe rimasto in gara: se fosse stato eliminato, per l’ex.-Premer sarebbe stato, forse, molto più agevole ottenere il 50%, soglia minima per accedere alle Primarie, mentre ora dovrà necessariamente vedersela con due avversari.
Oggi si chiude la fase congressuale, quella in cui gli elettori Dem hanno votato il candidato che preferivano, creando i presupposti per un duello che terminerà il 30 aprile, data in cui gli italiani (a cui interessa farlo) andranno a votare il Segretario. La corsa per la Segreteria, infatti, non sta suscitando particolare coinvolgimento: pare interessare solo quelli che ci corrono, e finora ha saputo scaldare la folla quanto una minestrina.
Non a caso, il rischio principale di queste Primarie è la scarsa affluenza al voto. E perché uso il termine “rischio”? La risposta è banalissima, in quanto il numero dei votanti che si presenterà alle urne è direttamente proporzionale alla speranza di ciascuno dei tre candidati (di Renzi, ma volendo anche Orlando e soprattutto Emiliano), di uscire vincitore da questa gara. E poiché oggi, 2 aprile, si conclude questa prima fase dibattimentale, mi sembra opportuno spendere qualche parola sulle mozioni presentate dai candidati, con l’augurio che, quando giunga il momento del voto, questo sia un voto consapevole. Non un voto di protesta o un “voto boh”, perché non si sa a chi destinarlo, e allora si tira una croce su un nome a caso. A quello che ci sta più simpatico.
ANDIAMO, UNIAMO, ABITIAMO
Innanzitutto, occorre partire dai tre concetti chiave di questo paragrafo: “Andiamo, Uniamo, Abitiamo”, che sembrerebbero uno slogan unico, ma in realtà ogni parola è a sé stante, e ciascuna riassume il messaggio con cui Renzi, Orlando ed Emiliano hanno fondato il proprio programma. L’ Andiamo è qui adibito per indicare il programma Matteo Renzi. La mozione da cui è tratto s’intitola “Avanti, insieme!”, ed ha come fulcro l’idea che il cammino della politica e quello degli Italiani non siano due strade parallele, ma percorsi che procedono di pari passo, s’intersecano, ed evolvono insieme. Con una mozione del genere, avente un esortativo sociale così forte, Matteo Renzi mira a spingere al voto le classi maggiormente colpite dalla crisi, tutta quella varietà di cittadini, dagli anziani, ai giovani, ai disoccupati che hanno patito e percepito maggiormente l’abbandono da parte dello Stato. Le vittime della tassazione e della retorica della politica. Quest’ultima, afferma l’ex Premier, ha il compito di risolvere i problemi, ma congiuntamente agli italiani. “Perché solo all’interno di questo sforzo collettivo si può sperare di ritrovare le energie morali, intellettuali e politiche per provare a compiere, tutti insieme, il salto che serve dal passato verso il futuro”.
Renzi parla di rifuggire da quelle che chiama “false alternative”. Sul fronte Europa, Renzi spiega la “miopia di una classe dirigente succube del pensiero tecnocratico ha ribaltato l’opinione dei cittadini”. Tra i vari punti, auspica che si possa votare direttamente il Presidente della Commissione Europea. Perché gli italiani conoscono tanto bene le facce dei politici nostrani, ma non hanno idea delle facce di quelli che stanno a Bruxelles. Si sofferma, poi, sulle zone del terremoto, proponendo un bonus fiscale in vista del miglioramento sismico, arrivando fino al tema del welfare state, il cui scopo dovrebbe essere quello di sostenere la persona. “Una rete di sicurezza”, insomma. Il monito di Renzi tocca il dato dell’occupazione femminile, in quanto il lavoro è centrale nel suo programma. Adesso che i voucher sono stati eliminati (e si sta ritornando ai “contratti di prossimità” per regolamentare i mini jobs) come facciamo? Renzi risponde a tutta quella compagine che ancora s’interroga se in Italia, oggi, si possa ambire al lavoro stabile. Bene, per Renzi il lavoro c’è, e al Jobs Act spetta il compito d’incentivarlo. “Un giovane dovrebbe avere diritto ai primi 3 anni di contratto a tempo indeterminato totalmente decontribuibili… E le pensioni devono adattarsi al mondo che cambia”. Interventi, questi, tutti contenuti nella legge di Bilancio del 2017. Inoltre, la riforma fiscale deve tenere conto delle esigenze comuni. Occorre ridurre l’incidenza media dell’IRPEFF (di cui già si parlava prima del Referendum del 4 dicembre), ma è su tutte queste basi che si fonda il programma di Matteo Renzi. Il trolley e le numerose persone in viaggio presenti nel logo, a sfondo verde (vagamente leghista), di Avanti, insieme!, rappresenterebbe una collettività che non resta statica, ma si muove.
Discorrendo di lui e delle sue intenzioni da Segretario, si segnala che proprio in queste ore Renzi ha visto sfumare definitivamente la chimera delle elezioni anticipate. L’ex-Premier spingeva per andare al voto per il 24 settembre, ma dal Quirinale è arrivata la stroncatura. Mattarella ha, così, dimostrato di non approvare le polemiche di Renzi contro Gentiloni e l’Europa (con cui tra l’altro, nella sua mozione, dichiara di voler collaborare).
Sergio Mattarella prospetta un autunno grigio per gli Italiani, con una Legge di Bilancio su cui grava la salvaguardia di 20 miliardi che non si mantengono da soli, ma coi rapporti di buon vicinato, pertanto i rapporti con la Ue necessitano di essere tranquilli.
L’altro programma è quello di Andrea Orlando. Il Ministro delle Giustizia si candida con una mozione dal titolo “Unire l’Italia, unire il Pd”. Orlando è l’unico Democratico adibito a paladino della scissione da cui ha avuto origine l’Mdp. Leggendo la mozione di Orlando, la prima caratteristica che salta all’occhio, è il sottotitolo “Una casa divisa non può reggere”. Orlando, nella sua mozione, parte da quelle che poi sono le ragioni della scissione: il fallito Referendum di Renzi e la confusa identità ideologica del Pd. Ora che siamo al di là della disgregazione, sostiene Orlando, la sinistra deve restare unita. E l’unione politica coincide con un’unione sociale: “tra i centri e le periferie delle città, tra le città e le campagne, tra le generazioni, tra il Nord e il Sud”. Anche qui ricorre il capitolo Europa. Bisogna ritrovare il nostro “patriottismo”, lo stesso che ci animava durante i Trattati di Roma.
Fondamentale è l’elezione diretta del presidente della Commissione. Orlando, inoltre, denuncia “l’assetto attuale dell’Unione economica e monetaria”, in quanto essa “è assai fragile ed espone l’euro a rischi di disgregazione”. Pertanto il Fiscal Compact va profondamente rivisto. Ed è necessaria una svolta che riguardi anche l’Italia, specie nell’industria. Orlando parla di “quarta rivoluzione industriale”, la cui attuazione è fortemente limitata dai margini di credito delle banche, le quali non riescono a finanziare le imprese. E tale difficoltà si riverbera anche nel rapporto con l’Europa, relegando noi italiani a “camerieri” dell’Unione Europea. Orlando tocca il tema dell’innovazione con “IRI”, per affrontare il problema della ricerca applicata “al fine di migliorare la competitività e la qualità dell’intero sistema produttivo”. Ma il settore cardine resta quello dell’occupazione. Il Jobs Act da solo non basta: “necessita una revisione profonda” . Orlando si prefigge l’ambizioso compito di “sradicare in tre anni la povertà assoluta”.
L’ultima mozione è quella del Governatore pugliese Michele Emiliano. Questi presenta la mozione “L’Italia è il nostro partito” in cui Emiliano dice: “Il Partito Democratico ha perduto la connessione sentimentale con il suo popolo”. Per ricomporre il divario suggerisce di creare una piattaforma digitale per garantire ai cittadini la partecipazione alla vita politica (un’idea niente affatto male e già imitata da Renzi che si è “inventato” Bob, su imitazione del Rousseau di Grillo). Inoltre Emiliano pare rivolgersi proprio a Renzi quando afferma che non si può avere l’uomo solo al comando. E poiché in Europa ci sono troppe miopie, troppe divergenze e differenze, occorre che l’Europa cambi veste per andare incontro ai Paesi membri. Emiliano auspica la costruzione degli Stati Uniti d’Europa. Mentre, nel capitolo “Il lavoro è il nostro partito”, Egli menziona gli effetti del Jobs Act, il quale “ha avuto come unico esito concreto quello di incrementare le sperequazioni e disuguaglianze sociali a danno di chi lavora”. Emiliano delinea una nuova riforma dell’IVA, pone l’attenzione alle scuole e le università, e si ripropone di risanare il Mezzogiorno, che avendo lui come Segretario non risentirebbe della passata incuria.
Come si è visto, i progetti toccano temi comuni, ma i candidati li affrontano in modi diversi. In mancanza di sfere di cristallo e capacità profetiche, non ci resta che prendere atto dei discorsi programmatici e delle belle parole spese da ciascuno, invocando gli ideali storici e di democrazia che il Pd ha in sé, e ci auguriamo vivamente che chiunque venga eletto, rispetti ed attui quanto inserito nella propria mozione, perché le parole diventino fatti.
Il 5 aprile avranno luogo le convenzioni provinciali del partito. In data 9 aprile, invece, la convenzione nazionale. Da ciascuna di queste assemblee si evincerà chi sia il candidato prediletto dagli iscritti al Pd.
Chiara Fina