Perché elettori bianchi non ricchi e magari in difficoltà economiche hanno votato per Trump, pur sapendo che con questo voto avrebbero probabilmente perso i benefici dell’Affordable Care Act, cioè di Obamacare, cioè di un’assicurazione sanitaria tutto sommato decorosa e a buon mercato? Perché, insomma, hanno votato contro i loro interessi? Un recente articolo su Forbes (qui), il business magazine famoso per la lista dei miliardari più miliardari d’America e del mondo, prova a dare una risposta ragionevole a questa ricorrente domanda, partendo da una premessa piuttosto ragionevole: “Quando sembra che le persone votino contro i loro interessi, probabilmente sono io che non ho capito i loro interessi”.
Secondo l’autore di questo articolo, i lavoratori bianchi, operai o impiegati che siano, non vogliono affatto un sistema che estenda l’assistenza sanitaria a chi non ce l’ha. Non vogliono affatto un sistema sanitario universale. Vogliono piuttosto mantenere il sistema di assicurazioni private a cui sono o a cui erano abituati. Se l’hanno perso, quel sistema, come è accaduto a chi, per la crisi, sia finito disoccupato o in occupazioni saltuarie, vogliono tornare ad averlo. Quello, non un altro. Votano dunque per Trump che promette di riportare i buoni posti di lavoro di una volta nelle regioni di una volta, con tutti i benefici che ne derivavano.
Provo a riassumere il suo ragionamento. Il safety net che esiste negli Stati Uniti è una forma di “socialist welfare state” più generoso e molto più costoso per la collettività di quelli europei. A differenza di quelli europei, tuttavia, non copre tutti gli americani – ma solo quelli che hanno un good job e che sono in stragrande maggioranza bianchi. Gli americani credono che sia un sistema a base contributiva e privatistica, che sia finanziato da chi ne gode, ma non è vero. Le pensioni, la sanità, l’istruzione a ogni livello, persino il costo della casa: tutto ciò è sovvenzionato dalla fiscalità generale, quindi dai soldi di tutti, in maniera diretta o indiretta (come deduzioni fiscali, per esempio).
“Il socialismo per i bianchi è avvolgente, generoso, invisibile e giustificato dalla falsa, odiosa nozione che ne abbiamo guadagnato i benefici con le nostre mani”. Ma non è così. I datori di lavoro deducono dalle tasse la loro parte di costo dell’assicurazione sanitaria dei dipendenti; ciò sottrae all’erario 400 miliardi di dollari l’anno. I proprietari di case deducono gli interessi sul mutuo: altri 70 miliardi sottratti. Le pensioni integrative private sono deducibili: meno 75 miliardi. E così via svuotando le casse pubbliche. Finanziando questi programmi con crediti d’imposta invece che con spese dirette, gli americani hanno costruito un sistema di sicurezza sociale che favorisce chi ha redditi più elevati.
L’autore ricostruisce a grandi linee le origini storiche di questi sviluppi. Nel 1945, come accadde in altre democrazie occidentali, il presidente Truman presentò un progetto di legge per introdurre un servizio sanitario universale, estendendo le riforme del New Deal, superandone i limiti. Fu bloccato in Congresso dai conservatori e dalla lobby dei medici. A metà degli anni 1950s fu invece istituito il sistema attuale, basato sulle assicurazioni private gestite dai datori di lavoro e finanziato da pubbliche detrazioni d’imposta. Non escludeva esplicitamente i neri, ma riguardava solo chi avesse un posto di lavoro stabile e quindi, di fatto, soprattutto i bianchi – i maschi bianchi per essere precisi.
Questa “silenziosa eredità razziale” è rimasta. I confini razziali fra good jobs e bad jobs sono diventati un poco più porosi, ma non tanto. Statisticamente, la qualità della sanità a disposizione di bianchi e neri è ben diversa. Il sistema è a due strati, a due velocità, e quello dei neri non è attraente. “Esci fuori dalla rassicurante bolla del socialismo bianco, e trovi un mondo di spaventosa indifferenza”. Per questo l’idea di espandere il safety net, tanto più di renderlo universale incontra la resistenza bianca. Gli elettori bianchi con good jobs temono che ciò diluisca i benefici forniti dalle loro assicurazioni; quelli in difficoltà economiche, temono di finire per avere servizi scadenti come quelli dei neri (e dei bianchi poveri).
Per questo, conclude l’autore (curiosamente, o forse no, un ex-attivista repubblicano), molti elettori bianchi hanno mostrato più entusiasmo per Donald Trump che per Bernie Sanders. “Gli elettori bianchi non sono interessati al socialismo democratico. Vogliono riconquistare l’accesso a un più generoso programma di socialismo bianco”. Come dice il titolo dell’articolo, ci sono “realtà indicibili” che impediscono l’avvento di un sistema sanitario universale.