La IBM ha annunciato ieri che entro la fine dell’anno lancerà il primo servizio online per chi vuole usufruire di computer quantistici. Il servizio sarà accessibile a pagamento tramite internet sul cloud dell’azienda.
La tecnologia dei computer quantistici (o quantici) è appena agli albori, questi primi computer i cui servizi saranno accessibili online non hanno capacità di calcolo superiori a quelle dei computer tradizionali, la IBM con questa mossa conferma (e non è l’unica) però la sua volontà di puntare in maniera decisa su questa tecnologia che promette di essere rivoluzionaria e agisce per favorirne la diffusione.
Contestualmente IBM ha anche annunciato che rilascerà un’API che permetterà a programmatori e sviluppatori di cominciare a costruire interfacce per collegare il suo sistema Quantum Experience a computer classici.
Le API (Application Programming Interface) sono qualcosa di ben conosciuto a programmatori di qualsiasi livello, sono delle librerie di funzioni che permettono ai programmatori di richiamare nella loro applicazione (programma) funzioni da un programma esterno, anche se questo non è open source. Un esempio sono le API di Windows, quando un qualsiasi programma deve per esempio pescare un file dal disco la finestra che si apre è quella dell’explorer del sistema operativo, questo è possibile grazie alle API, i programmatori non devono far altro che richiamarle nel proprio codice e poi sfruttarne le funzioni.
La API che verrà rilasciata da IBM permetterà di interfacciare computer quantistici con sistemi tradizionali pur non avendo una solida conoscenza di fisica quantistica.
Inoltre entro la metà di quest’anno la IBM conta di rilasciare sulla sua piattaforma online un simulatore di circuiti quantistici per permettere agli sviluppatori di creare semplici applicazioni.
Le enormi potenzialità dei computer quantistici
I computer tradizionali più potenti si sono dimostrati ottimi per individuare degli schemi (pattern) quando hanno tantissimi dati a disposizione, sono molto meno bravi quando mancano i dati, cioè se sottoponete un problema complesso anche ai più potenti computer tradizionali e fornite pochi dati su cui lavorare, le possibilità da esplorare sono semplicemente troppe per la loro capacità di calcolo. IBM e tutti gli altri in giro per il mondo che stanno puntando sui computer quantistici sono convinti che quando quella tecnologia avrà sviluppato il suo potenziale questi computer potranno risolvere quel genere di problemi. L’intuizione nata fin dall’inizio degli anni 90 è che mentre un bit può avere un solo valore 1 o 0, i qubit possano assumere più stati contemporaneamente, risulta intuitivamente chiaro quanto questo farebbe crescere esponenzialmente la capacità di calcolo, però passare dalla teoria alla pratica si è rivelato complicatissimo, solo recentemente si sono cominciati a vedere i primi risultati.
Roberto Todini