La Turchia al rilancio
Corre l’anno 2008 e ad Istanbul, Turchia, si tiene il primo Vertice di Cooperazione Turchia-Africa. Al vertice partecipano 49 rappresentati degli stati africani. Già all’inizio dell’anno l’Unione Africana aveva conferito allo stato il titolo di partner preferenziale, “strategico”, riconoscendo il ruolo di uno stato dall’industria manifatturiera di qualità più alta in confronto a quella cinese, con un prezzo inferiore rispetto a quella europea.
È quello dell’agosto 2008 un momento cruciale nell’ambito del miglioramento dei rapporti commerciali diplomatici tra la Turchia e il resto dell’Africa. Dello stato che già nella storia aveva dimostrato il suo alto grado d’influenza verso l’Africa subsahariana.
La Turchia nel corso del 2016, dopo un tentato golpe e una serie di eventi poco felici – non ultima la sospensione del direttore di Hurriyet accusato di “tentativo di intimidire il governo – ha, attraverso il pragmatismo strategico del suo presidente, R. T. Erdogan, nonostante il recente gelo seguito all’approvazione della legge sugli insediamenti da parte del parlamento israeliano con quest’ultimo paese, migliorato e incentivato il percorso che mira al rilancio delle partnership commerciali all’interno del continente africano.
Una crescita degli investimenti e delle esportazioni notevole è stata registrata per il gigante ottomano, nonché di importazioni, riguardanti materie prime essenziali.
Il boom economico
Dal punto di vista delle esportazioni la Turchia copre i settori che riguardano edilizia, sanità, prodotti agroalimentari, tessili, chimici, macchinari, mobili, elettrodomestici. Per quanto concerne i servizi, caso esemplare è dato dalla Turkish Airlines, prima linea al mondo in quanto a collegamenti tra città africane, con una copertura di oltre 50 destinazioni.
Ma non è tutto, gli investimenti turchi, che godono di un panorama imprenditoriale favorevole con la media di 7,5 giorni all’incirca per la costituzione di una società, grazie in particolare alla riduzione dell’imposta sul reddito delle società da 33% a 20% e ai benefici fiscali nelle Zone per lo Sviluppo Tecnologico, Zone Industriali e Zone Franche ( riduzioni sull’imposta societaria e sui contributi previdenziali e assegnazione di terreni, incentivi per investimenti prioritari, strategici, su larga scala, regionali e su base progettuale), hanno creato oltre 17mila posti di lavoro, dando così opportunità di crescita e sviluppo.
Migliori partner commerciali all’interno del continente africano per la Turchia risultano essere l’Egitto, l’Algeria, la Libia – recentemente tra l’altro è stata riaperta l’ambasciata a tripoli – il Marocco e la Tunisia.
Tra l’altro si rammenta che tra Turchia e Unione Europea è in vigore un’Unione Doganale dal 1996 che ha reso l’UE il primo partner commerciale del paese, tralasciando gli accordi di libero scambio (FTA) con 27 Paesi.
Tutto ciò ha consentito il triplicarsi del PIL all’interno del Paese, nonché una crescita annua forte e stabile – del 5% annuo all’incirca.
Gli obiettivi
Il boom economico della Tigre del Bosforso, che si impone sfacciatamente all’interno del quadro delle economie emergenti, ha consentito il dimezzamento del deficit pubblico, e comincia ad attirare investitori esteri per le opportunità di lavoro presenti, con un notevole potenziale di competitività.
Il ruolo geostrategico che si cela dietro la cura e il miglioramento di alcune partnership commerciali è ovvia: la Turchia mira ad assumere il ruolo di primus inter pares all’interno del puzzle di Paesi africani, nell’obiettivo di un rilancio del suo ruolo di grande potenza, anche in chiave religiosa e politica.
È questo un ruolo che assumerebbe con facilità nella considerazione che il precedente storico dell’impero ottomano non ha portato avanti, diversamente dai Paesi europei, una politica coloniale in Africa.
La commistione tuttavia tra il ruolo geostrategico aspirato e il deterioramento interno dei diritti civili garantiti, con tutte le restrizioni alla libertà che il Presidente Erdogan ha portato avanti, fa temere che più che un traguardo sociale, la potenza del Bosforo possa rivelarsi una mina vagante.
Lo sguardo rivolto ai Balcani ne è la prova, verso un’area che ha condotto a non pochi conflitti.
Intanto nel panorama della politica internazionale Trump rilancia un riarmo USA, mentre la teoria dell’overstretch con i +54 miliardi di dollari da investire in difesa prende piede ancora una volta, e il gioco di forza Stati Uniti-Russia, che tanto ricorda lo scontro Reagan-Gorbacev, apre il sipario ad uno spettacolo inquietante.
Una disattenzione che è tutto un beneficio per la Turchia.
Ilaria Piromalli