“Il boato, la scossa, la terra trema, urla, vetri rotti, polvere e detriti ovunque, gente che scappa, panico. Lo scenario di una serata impossibile da dimenticare. Lo scenario di una serata che mai avremmo voluto vivere. Parlo da studentessa. Camerino era la nostra seconda casa, la nostra seconda famiglia. Camerino ci ha accolti nel percorso più importante della nostra vita, quello decisivo. Camerino era il nostro futuro. Camerino era ormai la nostra città. Vederla distrutta, inerme e impotente di fronte a tutto ciò è stato un colpo enorme, per tutti noi. Di punto in bianco ci siamo trovati senza una casa, senza più un posto in cui stare, senza i nostri amici nonché compagni di vita, senza un futuro. Il vuoto che ci ha colpiti è stato enorme: che cosa faremo ora? Dove ce ne andremo? Mille altri dubbi che ci hanno offuscato la mente. Mai e poi mai avremmo potuto pensare che sarebbe successo a noi, che la nostra Camerino sarebbe stata la protagonista di un dramma. Certe cose si capiscono solo dopo averle vissute”.
Lucrezia, una studentessa di Camerino dopo il terremoto avvenuto nei mesi scorsi. (https://www.facebook.com/UniversitarioDiM/?ref=br_rs)
In questi mesi abbiamo visto bambini essere salvati dalle macerie di una Terra che implora pietà. Abbiamo visto anziani lasciare le loro case e il loro “tutto” dopo anni di sacrifici. Abbiamo ascoltato le parole arrabbiate di chi aveva perso bestie e lavoro.
Mai però abbiamo ascoltato la voce del “futuro”. Studenti: coloro che sono abituati a svegliarsi all’alba, sopravvivono a ritardi di treni, agli appelli estivi. Studenti che lavorano per potersi permettere un futuro migliore, ma a volte anche solo un futuro. Di loro, di noi, non si è mai occupato nessuno.
Ed è bello, nonostante tutto, quando si eliminano le differenze tra Università, le differenze tra Regioni e Facoltà e ci si unisce tutti sotto lo stesso cielo. Un po’ mal messo ma comunque nostro.
Per una volta gli studenti non hanno avuto bisogno di nessuno. Per una volta tutti gli studenti universitari d’Italia hanno deciso di abbandonare le loro divergenze e si sono uniti in un unico virtuale abbraccio.
Dal terremoto di agosto, mille sono state le cose che si sono fatte. Migliaia sono le cose ancora da fare. I Vigili del Fuoco e le Forze dell’Ordine hanno fatto di tutto per aiutare gli abitanti delle zone colpite. Perfino la maggior parte delle Università italiane ha deciso di non far pagare le tasse alle famiglie che hanno subito il terremoto nelle regioni di Lazio, Umbria, Marche e Abruzzo, ma il caos e la paura rimangono.
E tra le cose da fare c’era anche sistemare l’Università. Ad Ascoli Piceno i ragazzi da mesi stanno lottando per poter proseguire i loro studi. “[…] Da quel giorno ci ritroviamo in balia di noi stessi, […] senza i più elementari servizi, come banchi, microfoni, proiettori, computer, spazi studio, segreteria, ed un riscaldamento adeguato a sopportare le rigide temperature di questo periodo”. (fonte: Piceno Oggi, 10 gennaio 2017)
A chi era a Camerino ed ha sentito la terra crollare sotto i propri piedi. Agli studenti che erano ad Ascoli Piceno e si sono svegliati nel cuore della notte con la paura nel cuore. A chi ha dormito in macchina. A chi ha chiamato i propri genitori ma non ha ricevuto risposta. Alle madri e ai padri che leggendo le notizie del terremoto hanno sperato “ti prego non mio figlio”. Ai ragazzi che non rispondono mai al telefono e che per una volta avremmo preso a schiaffi. Alle famiglie di chi ha perso tutto. Agli abitanti di Amatrice.
Il futuro non crolla.
Federica Castellini