Diversi artisti e diverse artiste hanno spesso dichiarato che la prima nemica della guerra è l’Arte. E che sia cantata, drammatizzata, scritta, dipinta, non importa: ogni opera nata da ispirazione artistica, è un prezioso contributo a favore dell’armonia e della possibilità.
Perché l’Arte è possibilità di ripresa e di rinascita, l’Arte è possibilità per chi la crea e per chi la ammira, l’Arte è possibilità immediata e perpetua. E se tutta la sua energia, la sua spontaneità, la sua bellezza nascono, esplodono lì dove l’armonia è uno stato d’animo e sociale sconosciuto o dimenticato, essa può realmente brillare come un segno di cambiamento.
Così come brillano gli splendidi disegni con i quali Kabir Mokamel sta deliziando la sua Kabul: le sue tele sono le mura sempre più invalicabili che circondano la Città e che sono quel che resta di edifici devastati dalla brutalità di chi invade, di chi opprime e di terrorizza. Pur traendo spunto dal più celebre Street Artist, ovvero Banksy, Kabir apporta una importante novità nell’arte di strada: insieme al gruppo di artisti da lui creato (Arts Lords) fa dell’Arte un posto, una situazione di incontro e di relazioni positive in quanto nella realizzazione delle opere, sono coinvolte anche le idee e le mani di passanti, agenti della polizia e venditori ambulanti: l’Arte non ce la può fare da sola, ha bisogno del contributo di chi vive senza spegnersi, di chi subisce senza arrendersi e di chi spera in un domani migliore, dichiarandosi presente nel momento in cui c’è da lavorare, da costruire, da colorare!
Uno dei graffiti più belli e più significativi è quello che ritrae lo sguardo libero da veli di una donna dai tratti mediorientali (rappresentazione di un diritto tanto essenziale quanto calpestato) e quello che ritrae la cartina geografica dell’Afghanistan dipinta di rosso (come il colore del sangue che viene versato quotidianamente) con sopra un cerotto, segno delle ferite che necessitano di cure e di guarigione.
Questo è, in fondo, l’obiettivo principale di Kabir: portare l’Arte e il colore e la bellezza lì dove la guerra e la brutalità umana hanno causato dolore e disperazione e dove ora regna solo il nero della morte e della distruzione. Jim Morrison sosteneva “un giorno anche la guerra si inchinerà al suono di una chitarra“: un augurio affinché possa inchinarsi anche davanti alle bellissime e simboliche opere di Kabil.
Perché la guerra è solo il nastro di una storia che si ripete causando la morte di Persone che però non possono riprendere daccapo la loro esistenza. Perché la guerra è sporca, lugubre, perversa ed è un oltraggio a carico di un Mondo che in quel suo primissimo respiro certamente non pensava a questo. Perché la guerra è distruzione, stupro e morte e per tutto questo teme l’Arte in quanto atto di ribellione nei suoi confronti, segno di rinascita per le Persone che la creano e che ne godono e per la Terra che da dall’Arte viene deliziata, incoraggiata e arricchita.
Che ci sia sempre una possibilità, che ci sia sempre Arte.
Deborah Biasco