Il nostro quotidiano tra lo sciacallaggio e il social.
Non è tanto perché, dopo i tragici attentati di Parigi, mi sia passata la voglia di fare battute, ma non vedo perché devo rubare la scena ai vari Belpietro, Sallusti, Salvini e a tutti gli altri amichetti del foltissimo club dello sciacallaggio. Anzi, mi complimento, hanno toccato vette paragonabili solo a quelle degli avvocati che inseguono le ambulanze dopo gli incidenti mortali e degli stupratori seriali.
In fondo questi galantuomini dell’oscurantismo più bieco che fanno? Ci drogano ogni giorno con il veleno della loro interessata ignoranza per poi approfittare del nostro spaventato stordimento. E, diciamolo …. non è neanche roba buona.
Forse queste orripilanti Lady Godiva – che cavalcano con le chiappe al vento il ronzino dell’allarmismo – neanche si rendono conto di essere le più efficaci e viscide alleate del diffondersi degli estremismi.
Fosse per loro lo stato d’eccezione sarebbe la regola e pian pianino pure arruoleranno un ex allevatore di polli sciroccato e mitomane da promuovere a capo delle loro SS.
Sempre secondo loro ogni mussulmano è un potenziale portatore di tritolo, nonché un solerte “recapitatore” di cartoline all’antrace con su scritto “Saluti da Raqqa”, e sono matematicamente certi che i Muezzin sui minareti non sono altro che spietati cecchini che come dopolavoro cantano il venerdì!
Noi, dall’altro lato, seguiamo la corrente; moltiplichiamo il cordoglio condividendo i simboli di solidarietà sui social, ma, in men che non si dica, quel trasbordare caotico di bandiere e torri perde inesorabilmente il suo significato. Rende muta ogni immagine. Il simbolo non è più tale; con l’inevitabile viralità diventa tutt’altro … un semplice un logo, una moda.
Paradossalmente la rabbia passa, lo spavento si addormenta cullato da una vigile latenza, ma restano, sempre e comunque, i “logo” del dolore sulle nostre immagini.
La simbologia frana in una sorta di indignata cartellonista virtuale sulla velocissima autostrada del web. Questo svuotamento di significato non è certo volontario, né è frutto di un’ipocrisia collettiva, è piuttosto un inevitabile decadere del simbolico a causa del suo indefinito moltiplicarsi. L’eccezionalità diviene norma, ha piena e totale diffusione, e perde inesorabilmente – quanto inevitabilmente – la peculiarità dell’ eccezione”.
Il danno reale non è certo in questo oramai consolidato costume mediatico, bensì nel suo inarrestabile insediarsi nel nostro stesso modo di comunicare e di vivere la quotidianità.
Il cordoglio, il timore, lo spavento – senza che noi ce ne accorgiamo – iniziano a coesistere silenziosamente con il lavoro, con le nostre relazioni personali, con le attività di tutti i giorni. Tutto è insieme e convive nel nostro quotidiano attraverso quella rassegnata “latenza vigile” che oramai ci accompagna “più o meno” inconsapevolmente, sempre pronta a esplodere ad ogni notizia “strana” che viene condivisa o comunicata.
Beh, che dire … il terrorismo ci sta proprio fregando alla grande puntando su di noi i nostri stessi mezzi di comunicazione. Massimo risultato con il minimo sforzo. Facciamo tutto da soli!
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Fonte immagine Nonciclopedia