E’ straordinario come nessuno si soffermi davvero a chiedersi perché tanti giovani, che vivono in Europa, Canada, Australia, Cina, vadano ad arruolarsi per combattere in Siria e in Iraq con il cosiddetto Stato Islamico (Isis).
I dati sono sempre scivolosi, contraddittori, poco certi, ma a mio avviso decisamente preoccupanti.
Perché dovremmo avere paura?
Più che spaventarsi dell’incombente minaccia militare, ciò che lascia basiti è più che altro l’interpretazione corrente che ne attribuisce la gente comune. Chi sono questi volontari che vanno a combattere a fianco dell’Isis? Fanatici, emarginati, pazzi.
Che strano, la follia è una scusa che riscontriamo in diversi episodi, come spiegazione storica dai tempi di Caligola fino ad Hitler, a Saddam Hussein, e via dicendo, tutta la compagnia di leader/dittatori abbattuti o ancora da abbattere.
E’ davvero questa la soluzione?
A me sembra una spiegazione che non delinea proprio nulla, e che anzi, non fa altro che indicare che siamo incapaci di fornire una reale soluzione al fenomeno.
Bisogna maneggiare con estrema cautela le “etero definizioni”, così che nessuno definisca se stesso terrorista, né populista. Una vecchia massima enuncia che il terrorista degli uni altro non è che il martire irredentista degli altri. “Terrorista” è sempre una definizione che il nemico attribuisce all’avversario, il vincitore del vinto.
Alla luce di tutto ciò, sarà davvero necessario scappare in terre lontane, per scovare un terrorista, o un presunto tale?
Penso che il fenomeno andrebbe ponderato con molta attenzione, analizzando almeno i caratteri fondamentali di tale guerra del terrore.
Prima di tutto è doveroso sottolineare che la retribuzione non può essere considerata uno dei moventi principali, che spinge un numero sempre maggiore di giovani europei ad arruolarsi nelle milizie islamiche. Un secondo dettaglio importante, è da individuare nel livello di istruzione, e il patrimonio culturale dei soggetti in questione, che risulta nettamente superiore alle aspettative. Tutto questo non serve ad altro che ad indebolire le tesi che spiegano la partecipazione della militanza con una carenza, un’instabilità mentale, e una scarsa educazione.
Ancora stiamo a fossilizzarci su emarginazione, follia, povertà?
“Un uomo che, facendosi cosmopolita adotta l’umanità come patria, e va ad offrire la spada e il sangue ad ogni popolo che lotta contro la tirannia, è più di un soldato, è un eroe”.
Molti fatti, avvenimenti, fenomeni storici, possono apparirci improvvisamente limpidi e chiari, se solo si squarcia la coltre nuvolosa dell’indifferenza e della superficialità.
Ci troviamo dinnanzi ad un nuovo irredentismo religioso, che poco ha a che fare con pazzia, povertà, insanità.
Fanatismo, si parla di un’adesione ad un credo insensato, milioni di persone che trovano un senso alla loro vita, identificandosi in maniera esasperata ad una realtà fittizia, un’entità superiore che ripulisce le loro coscienze dal terrore che disseminano.
La religione altro non è che una scusa per giustificare un odio, un odio che ha fondamenti troppo profondi da essere sradicato in una sola battaglia/attentato/guerra.
L’uomo ha continuamente sete di sangue umano. E non stiamo parlando di Twilight, la saga dei vampiri, ma delle tante atrocità già accadute in passato.
E il fatto che all’Isis tanto insani non sono, lo dimostra la notizia che, con sole due decapitazioni pubbliche, un gruppo di scalzani è riuscito a farsi riconoscere come il nemico principale della maggiore superpotenza mondiale.
E vogliamo parlare dell’organizzazione del suddetto stato islamico? Talmente efficiente da lasciar sbigottiti noi occidentali, che viviamo nella parte economicamente sviluppata del mondo. Questo non fa altro che dimostrare che tanto scemi non sono, questi terroristi; oppure che non sia ancora del tutto da escludere un qualche collegamento tra i due mondi, l’occidentale e l’arabo. Ma quel che è peggio è che tale paradosso non mi stupirebbe.
Si può dire che, la nostra civiltà ha raggiunto un bivio: non intervenire sarebbe un segno di capitolazione della democrazia. Intervenire rischia di aumentare il pericolo di un’imminente guerra mondiale, che è tanto convenzionale quanto spalmata ovunque.
Ma chi è il vero nemico di questa guerra? Qual è il vero demone da combattere?
Sono quei martiri militari, che trovano un senso alla loro vita combattendo per un ideale religioso?
Sono loro, che lasciano le loro terre, i loro beni, la loro vita, per andare a consegnare la loro anima alla morte, in questa spropositata macchina da guerra?
Davvero stiamo di nuovo additando un carnefice, e piangendo una vittima?
Possibile che non ci entri in testa, che siamo tutte vittime dello stesso gioco di potere?
Una società basata sul consumismo, che ci ha allontanato dai veri valori, dalla bellezza delle piccole cose; una società che ha plagiato la mente umana, privandola dei giusti ideali, portandola alla solitudine e all’isolamento.
L’intelligenza umana è tanto fantastica quanto pericolosa.
L’essere umano è nato per vivere all’interno di un branco, la solitudine genera autodistruzione.
La storia si ripete, incessantemente e continuamente, scandendo i secoli con i suono di un pendolo.
Un pendolo che oscilla tra la salvezza e la morte, perché oltrepassare la linea di confine è davvero troppo semplice.
La perdita di valori, da sempre, genera caos e confusione.
La realizzazione e la felicità, sono un traguardo sempre più impossibile da raggiungere nella società odierna.
Troppo spesso accade che, in balia della nostra smisurata fretta di raggiungere la vetta, ci scordiamo di goderci il percorso, ed inciampiamo in qualche ostacolo, perdendo la nostra reale identità.
Tutto questo per dire che, la causa di tutta questa violenza inaudita, non possiamo far altro che cercarla in noi stessi. Siamo noi gli artefici del nostro male, siamo noi ad aver incoraggiato il progresso, lo sviluppo esponenziale della tecnologia, che altro non ha fatto se non contribuire a staccarci lentamente dal calore umano. L’essere umano ha deviato gradualmente il suo interesse verso l’oggetto, allontanando i sentimenti, le percezioni, i sensi, i bisogni fisici di se stesso.
Il rancore, la rabbia, l’odio, appartengono ad una sfera del nostro cervello, che troppo spesso non riusciamo a controllare.
Perché in fondo siamo solo esseri umani, e a me piace ricordare, che nessuno si salva da solo.