Dopo la morte di Fidel Castro, Leader Maximo della rivoluzione che liberò Cuba dall’imperialismo di Batista, Donald Trump, neo presidente degli Usa, anche se non ancora in carica, ha diramato una nota sull’accaduto:
‹‹Oggi il mondo segna la scomparsa di un dittatore brutale – si legge nel documento – che ha oppresso il suo popolo per quasi sei decenni. Mentre Cuba rimane un’isola totalitaria, è nelle mie speranze che la giornata di oggi segni il suo distacco dagli orrori sopportati troppo a lungo e verso un futuro in cui il magnifico popolo cubano viva finalmente nella libertà che merita. Mentre le tragedie – si afferma nel comunicato – le morti e il dolore causati da Fidel Castro non possono essere cancellati, la nostra amministrazione farà tutto il possibile per garantire al popolo cubano che possa finalmente cominciare il suo cammino verso la prosperità e la libertà. Mi unisco –conclude Trump- ai molti cubano-americani che tanto mi hanno sostenuto nella mia campagna presidenziale››.
A queste dure parole, non si è fatta attendere la replica di chi ha l’orgoglio cubano dentro le vene. Julio Alejandro Gòmez Pereda, giovane cubano, per mezzo di una lettera aperta pubblicata sul sito Cubadebate, ha deciso di rispondere al prossimo presidente a stelle e strisce:
‹‹Signor Trump, lei non conosce Fidel Castro, lei non sa nulla della storia di Cuba e lo dimostrano le sue assurde e offensive parole, lei si comporta come un burattino della politica più bassa e marcia, come un uomo folle, insensato, e fa immaginare che George W. Bush, potrebbe esser stato solo un assaggio di ciò che soffrirà il mondo durante il suo mandato. Le sue dichiarazioni sono irrispettose verso un popolo che ama e soffre la perdita del suo leader storico, le sue dichiarazioni non tengono in conto il minimo onore e rispetto che deve esistere tra opposti. Può star sicuro che il popolo di Cuba non dimenticherà le sue parole, e le terrà in conto in ogni passo che daremo con la sua amministrazione.
Non creda che abbiamo paura delle sue misure o le sue follie, sappiamo vivere nelle maggiori necessità provocate dall’impero, siamo disposti alla convivenza pacifica e rispettosa, ma non siamo persone che non venerano i suoi morti, noi li difendiamo con le unghie e con i denti, a qualunque prezzo sia necessario pagare, incluso le persecuzioni della sua amministrazione, che si presenta come il preludio della caduta dell’impero. Chiamando il nostro Fidel “dittatore brutale”, mi viene in mente Rubén Martínez Villena (grande poeta e comunista cubano, ndt), quando si trovò di fronte al dittatore Gerardo Machado scoprendo un uomo bruto, selvaggio, ignorante del comunismo, e una minaccia per l’America Latina. Per tanto, credo che non c’è altra figura che come lei, merita di esser nominato allo stesso modo che il tiranno: Asino con gli artigli!
Fidel vive e vivrà nel suo popolo, Fidel illuminerà il cammino della nostra Rivoluzione, una Rivoluzione che sarà sempre migliore, più giusta e più umana, più internazionalista e più umana. Lei potrà solo armare capricci dalla sedia presidenziale e prendere decisioni a colpi di penna, che ci faranno solo più forti.
Mi creda, non c’è maggior piacere che finire dicendole che Cuba è e sarà un popolo di Patria o Morte, e saremo con Fidel Hasta la Victoria Siempre».
Matteo Ferazzoli