Negli ultimi due anni si stanno verificando numerosi casi di meningite in Italia, in particolare nell’epicentro – in Toscana il numero di malattie supera il 50% il numero delle notifiche in tutta Italia – e, oltre alle tante misure preventive, l’arma più appropriata per combatterla è il vaccino, come affermano molti esperti. Anche il professor Massimo Andreoni, primario di malattie infettive Università Tor Vergata e Past President SIMIT, sostiene che “la vaccinazione rappresenta l’unico rimedio disponibile” e aggiunge che “i vaccini oggi disponibili sono estremamente efficaci sia nei confronti del meningococco di tipo B che di tipo C (quelli circolati finora). Danno un buon livello di immunità e possono contrastare efficacemente il rischio di infezione. Secondo il Piano Nazionale delle Vaccinazioni il vaccino per il meningococco C è fortemente consigliato nel primo anno di vita: questo permette di stimolare una risposta anticorpale adeguata e duratura, ma che non dura per sempre. Per questo motivo, anche la popolazione adulta, laddove se ne riconosca la necessità, ne dovrà fare un richiamo.”
La meningite è una delle malattie più frequenti del sistema nervoso centrale, generalmente di origine infettiva, caratterizzata dall’infiammazione delle meningi (membrane protettive che ricoprono l’encefalo e il midollo spinale) che si ripercuote sul cervello dando vita a sintomi neurologici, anche mortali. La sindrome è causata da batteri o da virus: la meningite batterica è molto più pericolosa di quella generata da virus che è a decorso benigno. Più comune è la meningite batterica dovuta a tre germi: emofilo tipo B, pneumococco e meningococco ed è quest’ultima di tipo C, o meglio, il suo sotto tipo particolarmente aggressivo, St 11, a creare – ultimamente – allarmismi, forse piuttosto validi. La prognosi della malattia è tutt’altro che immediata e semplice da riscontrare. I primi sintomi sono simili ad uno stato influenzale dato da febbre, cefalea e rigidità del collo, ai quali si aggiungono contratture muscolari, nausea, eruzioni cutanee e uno stato di torpore che genera, in casi estremi, anche fotofobia e fonofobia (incapacità di tollerare la luce e i rumori). La sindrome della meningite si classifica, a seconda dell’andamento, in acuta, sub-acuta o cronica, e viene considerata un emergenza medica. Nel 10% dei casi la malattia è rapida e acuta, con casi di setticemia, e porta al decesso in poche ore; il 50-60% guarisce completamente, mentre il 30% sopravvive riportando conseguenze gravi come protesi acustiche o motorie o anche mentali.
Il contagio – per vie aeree e contatto diretto – generalmente, avviene in luoghi chiusi, dove il contatto è stretto e prolungato e dove la circolazione dell’aria è limitata, quindi, le persone spesso più a rischio sono gli adolescenti, gli studenti e, difatti, le statistiche evidenziano che il tasso maggiore di contagio (senza escludere le altre fasce di età, anch’esse ultimamente preponderanti) è rappresentato da bambini e giovani under 25, per via delle maggiori situazioni di socializzazione – basti pensare alla duratura permanenza nella aule scolastiche, a partire dagli asili nido fino agli ambienti universitari. Se si sono avuti contatti con la persona colpita dalla malattia si può ricorrere alla “profilassi antibiotica che finora ha funzionato”, afferma Francesco Menichetti, primario del reparto di Malattie infettive dell’ospedale di Cisanello di Pisa, il quale aggiunge anche una sua considerazione, condivisa da altri esperti, sulla causa di questa “epidemia” – passatemi il termine – che si pensa sia portata dai migranti. Menichetti dice “questa è una stupidaggine priva di qualunque fondamento scientifico. Non abbiamo nessun elemento per ritenere che il fenomeno dei migranti abbia portato il meningococco. Questo in particolare sembrerebbe essere arrivato nel 2012 con una nave da crociera in cui c’era stata un’epidemia con persone sbarcate a Livorno. Sono pure supposizioni.” Dunque nulla è dato per certo, secondo le parole dell’esperto.
Si può, allora, parlare di epidemia? Impossibile rispondere con certezza anche a questa questione, in quanto molti esperti, più che epidemia, la considerano un iper-endemia, ossia un eccesso di persone, portatrici del batterio, che aumentano così la probabilità che un individuo si ammali o trasmetta il batterio ad altri (sempre parlando del meningococco, normalmente, è presente in circa il 10% degli individui nelle vie respiratorie – questi sono i cosiddetti portatori – senza dare alcun problema; l’1% degli infetti, ma anche meno, ha un rischio di sviluppare la malattia). Concludendo, ritorno alla possibile attenuazione della malattia, ovvero la corsa al vaccino, arma preventiva più sicura fra tutte.
Ilaria Graziosi