La tecnologia è un’opportunità, non un destino, decidiamo noi cosa vogliamo farne.
La scrittrice e divulgatrice scientifica Barbara Gallavotti ci parla dell’importanza e della diffusione dell’Intelligenza Artificiale grazie al suo libro Il futuro è già qui pubblicato da Mondadori.
L’Intelligenza Artificiale, più comunemente abbreviata in IA, è una disciplina informatica che si occupa di analizzare ed elaborare dati da eguagliare in parte il pensiero umano. La sua nascita risale al 1956, dopo la Seconda guerra mondiale, quando John McCarthy coniò tale termine durante una conferenza al Dartmouth College. Non a caso, l’obiettivo principale dell’IA è quello di realizzare dei computer che siano in grado di pensare e agire appunto come un essere umano. Ma la domanda che sorge spontanea è, quindi, quanto può spingersi l’IA? È veramente in grado di compiere qualsiasi attività oppure esiste una differenza tra il funzionamento del cervello umano e degli strumenti che sono stati inventati?
L’Intelligenza Artificiale
Ormai è risaputo che l’IA sia presente in diversi ambiti e campi della nostra vita quotidiana. Infatti, l’IA è ritenuta più efficiente nel risolvere problemi in molte singole attività rispetto agli esseri umani, per questo motivo la sua diffusione è diventata capillare. Inoltre, ogni giorno vengono pubblicati articoli che contengono informazioni riguardanti l’IA: nelle pagine di economia e finanza, di tempo libero e cucina ma non solo.
Ma come è nata l’IA? L’autrice del libro Il futuro è già qui parla del risultato di tre sfide, le quali possono essere paragonate a tre grandi fiumi che percorrono il loro tragitto separatamente, confluendo successivamente in un unico punto o corso d’acqua. Le tre sfide menzionate da Gallavotti sono le seguenti:
- Creare macchine che imitino gli esseri umani
- Comprendere il nostro cervello
- Mettere a punto altre macchine che riescano a compiere azioni della mente umana
Come può imparare l’Intelligenza Artificiale?
Come è stato detto precedentemente, l’Intelligenza Artificiale cerca di eguagliare, anche se probabilmente il termine più corretto è emulare, il cervello umano e così anche l’intelligenza umana. Quindi, tutto ciò com’è possibile? In parole semplici, l’IA cerca di apprendere, ragionare e comprendere il linguaggio naturale tramite il concetto di Machine Learning. Quest’ultimo significa apprendimento automatico e consente all’IA di ottenere una conoscenza approfondita dei set di dati e di categorizzarne il contenuto.
Queste potenziali macchine, quindi, imparano grazie a una sorta di addestramento, reso possibile attraverso questo set di dati. A partire da immagini o semplicemente da testi, queste macchine riescono a produrre analisi e previsioni spesso più precise e veloci di noi esseri umani. Essendo macchine riescono a lavorare ininterrottamente, non hanno bisogno di riposare o di dormire come gli esseri umani, garantendo delle prestazioni ottimali e continuative.
Alan Turing: il padre dell’IA
Non si può non citare la figura di Alan Turing, matematico e scienziato britannico, considerato da tutti il padre dell’Intelligenza Artificiale. Tra i suoi diversi interessi c’era il concetto di macchina informatica universale, che avrebbe sviluppato poco dopo nella macchina di Turing.
La macchina di Turing è nata nel 1936 e rappresenta un modello di calcolo capace di memorizzare ed elaborare informazioni infinite. Turing ha fornito un prezioso contribuito per quanto riguarda la crittografia durante la Seconda guerra mondiale, cercando di decifrare i codici utilizzati dai militari nazisti per comunicare segretamente. Non è errato considerare la macchina di Turing come il precursore storico dei moderni computer a programma memorizzato.
Ma Turing ha fatto molto altro, infatti, ha pubblicato un articolo fondamentale, “Computing Machinery and Intelligence“, ponendo così le basi per lo sviluppo dei computer moderni e della ricerca sull’IA. In questo documento è stato introdotto il test di Turing, essenziale per comprendere se una macchina è capace di un comportamento intelligente.
Il test di Turing consiste in un giudice umano impegnato in una conversazione utilizzando il linguaggio naturale con un altro essere umano e una macchina, entrambi non visibili dal giudice. Se il giudice umano non riesce a riconoscere quale dei due sia la macchina, la macchina ha allora superato il test di Turing. Ciononostante, il test di Turing ha ricevuto anche delle critiche.
Tuttavia, l’eredità di Turing continua a sopravvivere grazie all’annuale Turing Award, premio assegnato dall’Association for Computing Machinery a coloro che si sono mostrati particolarmente attenti nel fornire un contributo al campo dell’informatica.
ChatGPT
ChatGPT non è più un segreto, ormai tutti lo conoscono e in molti lo usano quotidianamente. Lanciato il 30 novembre 2022, ChatGPT è un acronimo che sta per Chat Generative Pre-trained Transformer. In poche parole, è un programma sviluppato dall’azienda americana OpenAI.
In molti lo definiscono anche come un chatbot o un motore di ricerca evoluto, tuttavia non è esattamente nulla di tutto questo. Lo si potrebbe definire, più correttamente, come un algoritmo generativo basato sull’IA e il Machine Learning al fine di fornire le informazioni e le risposte più adatte ad alcune domande. Il suo funzionamento è abbastanza semplice e intuitivo: si può fornire come input una frase specifica, successivamente, ChatGPT costruisce il relativo testo scegliendo le parole corrette, piazzandole poi sintatticamente al posto giusto.
Ovviamente, va precisato che ogni testo generato può contenere degli errori o, addirittura, essere totalmente sbagliato, del resto, impara dalle domanda che gli vengono rivolte.
ChatGPT può essere utilizzato in diversi ambiti: per elaborare racconti, articoli di blog, condurre ricerche di mercato e molto altro. Il problema è la veridicità di ciò che viene scritto ed elaborato da questo programma, motivo per cui molti ne hanno denunciato i possibili usi distorti.
Risulta essere semplicemente un programma capace di generare testi sulla base di un apprendimento svolto prima di essere disponibile agli utilizzatori.
I limiti dell’Intelligenza Artificiale
Il limite più grande dell’IA sembra quello di essere priva della comprensione e della percezione del mondo. Noam Chomsky ha definito l’IA una vera e propria operazione di plagio ad altissima tecnologia. Questo suo pensiero nasce dalla convinzione che l’IA possa imparare grazie a una grandissima quantità di dati, prodotti però dagli esseri umani in forma di foto, testi e altro. Quindi, nulla potrebbe essere generato da queste macchine senza dapprima l’intervento della mente umana, escludendo anche il concetto di creatività.
Si può così evincere che la mente umana nel suo funzionamento è inimitata e inimitabile. In molte delle sue prestazioni è impareggiabile, per certi aspetti, ma per altri è già stata superata.
Tuttavia, nonostante i suoi limiti, continua a essere utilizzata ovunque, infatti, l’IA si annida nei nostri cellulari, sia per riordinare delle immagini che per il riconoscimento facciale, il quale ci garantisce un accesso più veloce e maggiormente sicuro al nostro cellulare.
Un particolare che ha colto la mia attenzione è di aver scoperto come l’IA possa essere usata anche nel campo dell’abbigliamento, banalmente per provare un vestito. Infatti, l’acquirente invece di spogliarsi per provare la vestibilità di un determinato vestito, può porsi di fronte a uno schermo, verificando, come di fronte a uno specchio, il modo in cui cade il capo prescelto.
Un altro elemento interessante è il disegno delle mani fornito dall’IA. Spesso, carichiamo delle foto e l’IA genera un ambiente circostante diverso rispetto a quello iniziale, ma se ci focalizziamo sulle mani notiamo che c’è qualcosa che non va. Perché spesso l’IA sbaglia a disegnare le mani? Semplicemente perché nessuno l’ha impostata fornendo l’informazione “le mani hanno cinque dita”, piuttosto suppone che il numero delle dita di una mano sia generalmente cinque. Il fatto che sia comunque flessibile, le permette di supporre che il numero possa variare, di conseguenza sbagliando.
Vorrei concludere con una domanda abbastanza provocatoria: sarà mai in grado l’IA di compiere tutte le azioni di un cervello umano?