Emilia Pérez del regista Jacques Audiard, premiato come miglior film internazionale nella notte dei Golden Globes del 2025 e già candidato alla 77esima edizione del Festival di Cannes, porta con sé ed esplora la complessità, fisica, psicologica e sociale della transizione di genere. Un processo lungo, un desiderio di trovare una propria identità, la necessità di negare il proprio corpo e riaffermare il proprio genere. Un film che parla anche dei rapporti con la famiglia, e le difficoltà sociali – come la rottura con il nucleo familiare – come conseguenza alla mera e più scontata necessità dell’esistenza, l’accettazione di sé.
Emilia Pérez: il musical che fonde crimine, redenzione e identità
Jacques Audiard, maestro di narrazioni intense e trasformative, ha portato a Cannes 2024 e ai Golden Globes del 2025 un film che sfida i confini dei generi cinematografici: Emilia Pérez. Questo audace esperimento è un musical che intreccia una crime story, un racconto di transizione di genere e una storia di redenzione, ambientato nel contesto oscuro e affascinante dei cartelli messicani. Una pellicola che non è mai come sembra e che esplora con profondità temi di identità, etica e trasformazione sociale.
Dal boss spietato alla rinascita come donna
La storia ruota attorno a Manitas, un efferato capo narcos interpretato da Karla Sofía Gascón. Inizialmente, Manitas incarna il cliché del criminale crudele, con denti d’oro, tatuaggi e mitra in mano. Ma sotto la maschera del potere si cela un desiderio profondo: diventare la donna che ha sempre sognato di essere. Per realizzare questo sogno, Manitas inscena la propria morte, lasciando dietro di sé una moglie (Selena Gomez) e due figli, e si rivolge a Rita, un’avvocatessa cinica e brillante interpretata da Zoe Saldaña.
Rita, abituata a trattare con criminali di ogni tipo, accetta l’incarico per una somma considerevole. La missione è complessa: organizzare una serie di interventi chirurgici in totale riservatezza per trasformare Manitas in Emilia. La transizione avviene a Tel Aviv, dopo un lungo percorso che comprende vaginoplastica, mastoplastica e altre procedure chirurgiche, accompagnate da anni di terapia ormonale.
Un ritorno carico di sfide e redenzione
Dieci anni dopo, Emilia Pérez è una donna affermata ma tormentata dalla distanza dai figli. Fingendosi una zia misteriosa, Emilia si ricongiunge con la sua famiglia a Città del Messico, dove li ospita nella sua lussuosa villa. Qui inizia un percorso di redenzione che passa attraverso momenti di profonda introspezione e atti di altruismo.
L’esperienza della maternità, unita alla nuova prospettiva acquisita con il cambio di genere, spinge Emilia a fondare un’organizzazione non governativa. La sua missione è combattere il fenomeno dei desaparecidos, le oltre 100.000 persone scomparse in Messico dal 1964 al 2022. Questo atto di impegno sociale segna una svolta etica per il personaggio, che si allontana dal passato criminale per abbracciare una causa più grande.
Un mix di generi per raccontare l’identità
Audiard combina abilmente diversi generi cinematografici: il noir, il melodramma, la commedia musicale e il gangster movie. La transizione di Manitas in Emilia viene raccontata anche attraverso intermezzi musicali che esaltano la complessità emotiva e fisica del percorso. Le sequenze musicali, spesso corali, spiegano il processo chirurgico e psicologico della transizione, trasformandolo in una celebrazione visiva e sonora.
Questo approccio permette al film di esplorare una domanda cruciale: il cambiamento di genere può portare a una trasformazione non solo personale, ma anche sociale e politica? Emilia Pérez sembra suggerire che è possibile, creando un ponte tra identità individuale e impatto collettivo.
L’ambivalenza della trasformazione
Il film non nasconde le difficoltà del percorso di Emilia. La separazione dalla famiglia, il dolore fisico e morale della transizione e la necessità di ricostruire una nuova identità sono temi centrali. Emilia incarna una malinconia resistente, un concetto che il film esplora attraverso il melodramma e la politica trans.
Secondo il teorico queer José Esteban Muñoz, la malinconia può essere un motore di trasformazione. Nel caso di Emilia, il lutto per la perdita della sua vecchia vita si trasforma in un’opportunità per creare nuovi legami e una nuova famiglia, che include l’avvocatessa Rita e l’impegno per la giustizia sociale.
Un cast e una regia di eccellenza
La performance di Karla Sofía Gascón è stata lodata per la sua intensità e autenticà, portandola a vincere premi importanti a Cannes. Jacques Audiard, già vincitore della Palma d’Oro nel 2015 per Dheepan – Una nuova vita, dimostra ancora una volta la sua abilità nel mescolare generi e tematiche complesse, creando opere di grande impatto visivo ed emotivo.
Emilia Pérez è molto più di un film: è un’esperienza cinematografica che invita lo spettatore a riflettere sull’identità, la redenzione e la capacità dell’arte di trasformare il dolore in bellezza.