Simón Bolívar è stato il pioniere delle vicende della Gran Colombia tra il 1819 e il 1830, guidando un importante progetto di indipendenza dell’America Latina dal colonialismo europeo, in particolare quello spagnolo. Già dal suo primo sbarco nell’isola di Margarita, dopo l’esilio, nel 1816, Simón Bolívar iniziò a teorizzare tutti i presupposti per una guerra d’indipendenza. Grazie alla liberazione di alcune città e l’aiuto militare e diplomatico di compagni di guerra, che credevano nel suo progetto, il 17 dicembre del 1819 ad Angostura, Bolívar proclamò la nascita della Grande Colombia.
Dalle origini, l’influenza europea fino alla liberazione
Simón Bolívar nacque nel 1783 a Caracas, da una ricca famiglia creola di origine basca. Cresciuto in un ambiente privilegiato, studiò in Europa dove si lasciò influenzare dalle idee illuministe di Rousseau e dei filosofi dell’epoca. Durante i suoi viaggi in Europa, maturò il desiderio di dedicare la sua vita alla liberazione delle colonie sudamericane dal controllo spagnolo.
La sua visione non era solo politica, ma anche sociale: Simón Bolívar aspirava a creare una grande nazione sudamericana che potesse essere un baluardo contro l’espansionismo delle potenze imperiali.
Anche chiamato il Libertador, Simón Bolívar si scontrò duramente con le truppe dei coloni spagnoli per la liberazione delle sue terre e, dopo una lunga guerra intrapresa dal 1816, nel 1819 aveva deposto lo stato di occupazione spagnola in Venezuela. Il Congresso nella città di Angostura – che oggi si conosce con il nome di Puerto Bolívar – proclamò l’unificazione della Nuova Granada – o Colombia – e del Venezuela, con la necessità di creare un nuovo Stato e scrivere una Costituzione demografica che ne stabilisse le leggi.
Gli esordi nella lotta per l’indipendenza
L’invasione napoleonica della Spagna nel 1808 offrì un’occasione ai creoli per rivendicare maggiore autonomia: Simón Bolívar rientrò infatti in Venezuela con una situazione politica in suo favore, poiché già caratterizzata da moti sociali e fermento politico.
Bolívar fu tra i promotori della formazione di una giunta locale per l’autogoverno e cercò, invano, il supporto britannico per consolidare l’indipendenza venezuelana. Dopo la proclamazione della prima Repubblica venezuelana nel 1811, Bolívar entrò nell’esercito per difenderla. Tuttavia, il ritorno al potere dei lealisti filo-borbonici portò al crollo della Repubblica e costrinse Bolívar all’esilio.
Il Manifesto di Cartagena e la nuova strategia
Durante l’esilio nella Nuova Granada (l’attuale Colombia), Bolívar analizzò le cause del fallimento dell’esperienza indipendentista. Nel suo celebre “Manifesto di Cartagena” (1812), criticò il federalismo che aveva frammentato le forze repubblicane e propose una centralizzazione del potere come modello per la futura Repubblica.
Bolívar sosteneva inoltre la necessità di un esercito ben addestrato e di una gestione economica più oculata per mantenere il sostegno popolare alla causa indipendentista.
La campagna di liberazione e la nascita della Grande Colombia
Nel 1816, Bolívar tornò in Venezuela per avviare una nuova campagna di liberazione. Dopo aver ottenuto il comando delle forze indipendentiste e abolito la schiavitù per conquistare il sostegno della popolazione afro-discendente, Bolívar lanciò una serie di offensive decisive.
La svolta arrivò nel 1819, quando, attraversando le Ande con il suo esercito, sconfisse le forze spagnole a Boyacá, liberando la Nuova Granada. Lo stesso anno, Simón Bolívar convocò il Congresso di Angostura, che sancì la creazione della Repubblica della Grande Colombia, unendo Venezuela, Nuova Granada ed Ecuador.
Dopo l’istituzione della Grande Colombia, anche l’esercito fu unificato. Se prima era infatti composto da due milizie autonome tra di loro, dopo il 1819 Bolívar li unificò, ponendosi come capo delle forze armate e includendo tutti i rivoluzionari, indifferentemente dal loro ruolo e importanza, che avevano partecipato al progetto di liberazione.
In realtà, già da questi anni, nell’esercito vi erano correnti piuttosto diverse: c’era infatti chi, sebbene rimanesse fedele al Libertador, comunque voleva perseguire il sogno di avere un’indipendenza statale: questo significava che la Nuova Granada e il Venezuela rimanessero due Stati divisi e indipendenti tra di loro, senza alcun controllo.
Il sogno di un’America Latina unita
La Grande Colombia fu il fulcro del progetto di Simón Bolívar per unificare l’intero Sudamerica ispanico in una grande federazione. Questo progetto ambizioso mirava a consolidare l’indipendenza delle ex colonie e a prevenire future incursioni delle potenze europee.
Nel 1821 Simón Bolívar promulgò la nuova Costituzione, scritta ad Angostura, mentre continuava la lotta per l’espulsione degli spagnoli e aumentavano le rivolte in tutta l’America Latina. La nuova Costituzione prevedeva la nascita di una Repubblica Federale, la Gran Colombia, il cui Capo era Bolívar, il nuovo presidente. La Gran Colombia era divisa in tre dipartimenti: Cundinamarca, Venezuela e Quito – l’odierno Ecuador.
In qualità di federalismo, era prevista l’autonomia locale per i tre stati differenti che però facevano riferimento al comando centrale in materia militare ed economica. Il Libertador proclamò come suo vice Santander, un compagno di battaglia che avrebbe dovuto prendere l’incarico in caso di morte del Presidente.
Bolívar estese la sua campagna di liberazione al Perù, dove sconfisse definitivamente gli spagnoli nelle battaglie di Junín e Ayacucho nel 1824. La sua visione culminò nella creazione della Bolivia, che prese il suo nome in onore del Libertador.
Secondo la sua idea politica, la guerra contro l’imperialismo e per l’indipendenza avrebbe dovuto continuare, poiché solo la resistenza ad oltranza delle ex colonie spagnole avrebbero fermato l’espansionismo delle potenze europee. Il pericolo non era infatti limitato alla Spagna, ma anche ad un Brasile che era in continua e minacciosa espansione, strettamente sotto al controllo della potenza portoghese.
Le difficoltà e il declino del progetto di unificazione
Nonostante i successi militari, il sogno di Bolívar di un’America Latina unita cominciò a sgretolarsi. Le tensioni regionali, le differenze socio-economiche tra le province e l’opposizione delle élite locali indebolirono la Grande Colombia.
Simón Bolívar tentò di mantenere l’unità attraverso il proprio carisma e potere personale, ma il suo stile di governo autoritario alienò molti sostenitori. Nel 1826, il Congresso di Panamá, convocato per promuovere una lega delle repubbliche latinoamericane, fallì miseramente, segnando l’inizio della fine del progetto.
La dissoluzione della Grande Colombia e il ritiro di Bolívar
Gli ultimi anni di Simón Bolívar furono segnati da delusioni e fallimenti. La Grande Colombia si disgregò con la secessione del Venezuela nel 1829 e dell’Ecuador nel 1830. Bolívar, ormai isolato e criticato, rassegnò le dimissioni dalla presidenza il 27 aprile 1830. Profondamente amareggiato, dichiarò: “Quelli che hanno servito la causa della rivoluzione hanno arato il mare”, esprimendo la sua frustrazione per l’ingratitudine e le divisioni che avevano compromesso il suo sogno.
La morte di un eroe
Simón Bolívar morì lo stesso anno, il 17 dicembre 1830, a San Pedro Alejandrino, in Colombia, afflitto dalla tubercolosi e privo di risorse economiche. Nonostante i suoi fallimenti politici che caratterizzarono l’atto finale della sua vita, il Libertador rimane una figura centrale nella storia dell’America Latina, simbolo di lotta per l’indipendenza e di unità. Le sue azioni hanno lasciato un’impronta indelebile, ispirando generazioni di leader nella regione.