Un popolo in piazza: la lunga lotta per l’Europa
A Tbilisi, la capitale della Georgia, migliaia di persone stanno sfidando il freddo e la repressione per protestare contro la sospensione dei colloqui di adesione all’Unione Europea. La decisione del governo, annunciata lo scorso 28 novembre, ha scatenato una mobilitazione che ormai dura da settimane, con manifestanti che si radunano ogni sera davanti al Parlamento in viale Rustaveli e portano avanti proteste pro-UE. Per molti cittadini, questa pausa nei negoziati rappresenta un tradimento delle aspirazioni europeiste del Paese, formalizzate con la richiesta di adesione all’UE nel marzo 2022.
La repressione delle proteste pro-UE: arresti e violenza
La risposta delle autorità non si è fatta attendere. La polizia ha usato gas lacrimogeni, cannoni ad acqua e spray al peperoncino per disperdere i manifestanti. Oltre 400 persone sono state arrestate, molte delle quali hanno subito pestaggi al momento dell’arresto o durante la detenzione.
Le violenze contro le proteste pro-UE non hanno risparmiato nemmeno i giornalisti: recentemente, una troupe di TV Pirveli è stata brutalmente aggredita da uomini incappucciati, noti come titushki, mentre documentava un attacco contro i manifestanti.
Il ruolo dei Titushki nella repressione delle proteste pro-UE: una minaccia silenziosa
I titushki sono uomini atletici e vestiti di nero, spesso ingaggiati per intimidire e aggredire i manifestanti. Questo termine, originario dell’Ucraina, è tornato prepotentemente in uso a Tbilisi. Testimonianze e video hanno mostrato una preoccupante collaborazione tra questi individui e le forze di polizia, che avrebbero bloccato strade per agevolare le loro azioni violente.
Il fenomeno sta destando indignazione, con molti che accusano il governo di utilizzare metodi brutali per mantenere il controllo. Questo è un termine che deriva da Vadym Titushko, un lottatore ucraino arrestato con l’accusa di aver picchiato dei giornalisti: ad oggi, è una parola che descrive i picchiatori che reprimono le proteste e i giornalisti per conto del governo.
Alcuni di loro, poche notti fa, hanno picchiato a sangue una giornalista e il cameraman che si trovavano nell’area limitrofa al Parlamento per documentare il continuo della protesta pacifica notturna di Tbilisi. Entrambi, una volta all’ospedale, hanno riportato contusioni e trauma cranici.
Un governo contestato: elezioni e accuse
Le radici delle proteste affondano nelle elezioni parlamentari del 26 ottobre, che hanno confermato il controllo del partito Sogno Georgiano, ma sono state oggetto di accuse di brogli. L’opposizione e la presidente filo-occidentale Salome Zourabichvili hanno boicottato il Parlamento, sostenendo che il voto sia stato manipolato con l’aiuto della Russia.
La decisione di sospendere i colloqui di adesione all’UE è stata vista come l’ennesima prova di una deriva filorussa del governo.
Una generazione determinata: la forza delle strade
Nonostante la repressione delle proteste pro-UE, i manifestanti continuano a scendere in piazza. Giovani incappucciati e mascherati affrontano con coraggio gli idranti e i lacrimogeni, determinati a non cedere.
Per contrastare le aggressioni dei titushki, si sono formati gruppi spontanei di autodifesa. Composti da giovani, uomini e donne, questi gruppi pattugliano le strade intorno al Parlamento, cercando di proteggere i manifestanti. Nonostante le accuse di estremismo mosse dai canali filogovernativi, i membri di queste squadre si definiscono semplici cittadini che non vogliono restare inermi davanti alla violenza.
In una nota del Servizio di azione esterna europeo, l’Unione Europea ha dichiarato che prenderà “in considerazione misure aggiuntive” proprio in seguito alla cruda repressione delle piazze a seguito del risultato elettorale e della sospensione dell’adesione alla comunità europea. “Il persistente arretramento democratico e i mezzi repressivi utilizzati”, continua la nota da Bruxelles, “hanno conseguenze sulle relazioni bilaterali”.
Il contesto internazionale: un ritorno al passato?
La repressione in Georgia richiama alla memoria episodi simili avvenuti in Ucraina durante le proteste di Maidan. Anche allora, il governo cercò di introdurre leggi contro il volto coperto nelle manifestazioni, una misura che oggi viene proposta anche dal premier Irakli Kobakhidze. Per molti, questa iniziativa appare come un tentativo di legittimare ulteriormente la repressione.
Tra proteste e politica, le prossime settimane saranno decisive per il futuro della Georgia. Il 14 dicembre scadrà il mandato della presidente Zourabichvili, che ha già annunciato di voler restare in carica fino a nuove elezioni legittime.
Nel frattempo, il governo continua a minimizzare le proteste, attribuendole a provocazioni orchestrate dall’opposizione. Ma nelle strade di Tbilisi, il malcontento è palpabile e il popolo sembra determinato a non fermarsi.
Un popolo senza leader: la forza del volere collettivo
Ciò che colpisce delle proteste pro-UE in Georgia è l’assenza di una leadership carismatica o di qualsiasi altra associazione o gruppo politico che tenti di mettere il cappello sulle proteste di piazza.
I manifestanti non cercano capi, ma si organizzano collettivamente e spontaneamente, dimostrando una resistenza politica e morale, davanti alle proteste fisiche e ad un silenzio governativo. Questo spirito collettivo rappresenta una forza ma anche una sfida, in un momento in cui il Paese è sospeso tra speranza e incertezza.