Dichiarazione di legge marziale e accuse di insurrezione
Continua il caos in Corea del Sud: al Presidente Yoon Suk-yeol è stato dichiaratamente vietato di lasciare il paese, poiché su di lui ci sono delle indagini che potrebbero accusarlo di insurrezione.
La sera del 3 dicembre, la Corea del Sud è piombata nel caos quando il presidente Yoon Suk-yeol ha proclamato la legge marziale, sostenendo di voler sradicare presunte infiltrazioni della Corea del Nord. Il provvedimento, durato solo sei ore prima di essere annullato dal Parlamento, ha subito sollevato dubbi sulle reali motivazioni di Yoon, accusato di voler eliminare l’opposizione interna. L’episodio ha scatenato indagini per insurrezione e abuso di potere nei confronti del presidente e di altri alti funzionari.
Il ministero della Giustizia e l’Alta Procura di Seul hanno vietato a Yoon di lasciare il paese, nonostante egli conservi formalmente il comando dell’esercito. Secondo la costituzione sudcoreana, il presidente mantiene il controllo delle forze armate salvo dimissioni, destituzione o impossibilità a esercitare le sue funzioni. Nel caso in cui Yoon fosse condannato, andrebbe incontro all’ergastolo o addirittura alla pena di morte.
Attualmente però, il Presidente non è stato ancora arrestato, in quanto secondo la Costituzione, può godere dell’immunità: rimane però una situazione temporanea e in bilico, poiché la salvezza dell’immunità non persisterebbe se il Presidente fosse accusato di tradimento o insurrezione.
Intanto però, indagini e perquisizioni nelle abitazioni private e negli uffici continuano, proprio per scoprire di più su eventuali altri coinvolgimenti nella dichiarazione della legge marziale di una settimana fa.
Dimissioni e arresti tra i funzionari
La crisi ha coinvolto anche alti funzionari del governo. L’ex ministro della Difesa Kim Yong-hyun, che aveva dichiarato di essere responsabile per la proclamazione della legge marziale, si è dimesso ed è stato arrestato l’8 dicembre con l’accusa di tradimento. Anche il ministro dell’Interno Lee Sang-min ha rassegnato le dimissioni, mentre proseguono le indagini per “ribellione” a carico di diversi membri dell’amministrazione.
Le autorità hanno effettuato perquisizioni nelle abitazioni e negli uffici dei funzionari ritenuti coinvolti, mentre il Parlamento continua a discutere le conseguenze politiche di questi eventi.
Reazioni politiche e manifestazioni di massa
La vicenda di un’eventuale insurrezione in Corea del Sud ha scatenato forti tensioni politiche. Il Partito Democratico, principale forza d’opposizione, ha accusato Yoon e il suo partito, il People Power Party (PPP), di aver orchestrato un “secondo colpo di stato” attraverso manovre illegali e incostituzionali. In cambio del ritiro della mozione di impeachment, il PPP avrebbe ottenuto dal presidente l’impegno ad autosospendersi, affidando la gestione del governo al partito e al primo ministro Han Duck-soo.
Le proteste pubbliche sono esplose in tutto il paese: il 7 dicembre, mentre l’Assemblea Nazionale discuteva la mozione di destituzione, circa 150.000 persone hanno manifestato chiedendo le dimissioni di Yoon. La sua popolarità è precipitata, con un sondaggio che ha riportato un tasso di approvazione dell’11%.
La giustificazione della legge marziale e il dibattito costituzionale
Yoon ha giustificato la dichiarazione della legge marziale affermando di voler “proteggere il paese dalle minacce delle forze comuniste nordcoreane” e “eliminare elementi ostili allo Stato”. Queste spiegazioni sono state però bollate come pretestuose dall’opposizione e dagli analisti politici. Il presidente ha chiesto scusa per la decisione, ma ha rifiutato di dimettersi, alimentando ulteriormente il dibattito sulla legittimità della sua azione.
La costituzione sudcoreana stabilisce che il presidente non possa essere rimosso dal comando delle forze armate salvo destituzione ufficiale, dimissioni o impedimenti gravi. Questo ha complicato gli sforzi dell’opposizione per ottenere un cambiamento immediato della leadership.
L’alto rischio per la democrazia sudcoreana
Il caos in Corea del Sud di queste ultime settimane ha messo a nudo profonde divisioni all’interno della società sudcoreana e ha sollevato interrogativi sulla stabilità democratica del paese. L’opposizione continua a spingere per ulteriori azioni legali contro il presidente, mentre osservatori internazionali monitorano attentamente gli sviluppi.
Il futuro di Yoon rimane incerto: l’esito delle indagini per insurrezione e abuso di potere potrebbe portare a conseguenze estreme, tra cui l’ergastolo o persino la pena di morte. Nel frattempo, il governo cerca di contenere l’instabilità politica e ripristinare la fiducia nella leadership nazionale.