Di Giovanna Mulas
Sempre più sconcertata davanti all’aumento degli episodi di bullismo tra i nostri ragazzi.
E per i quindici minuti di (trista) fama c’è chi fa il video della violenza e ne ride, senza intervenire in difesa della vittima.
Società evidentemente malata, dove il più debole è destinato comunque a soccombere?
Occorre accettare di avere a che fare con uno specchio di mondo allo sbando, che pare aver perduto i suoi principali valori etici.
Chi di noi può ritenersi un ‘genitore perfetto’? Penso e spero che la maggioranza aspiri ad esserlo, credo che sia comunque fondamentale per i nostri ragazzi (tutte le nuove generazioni sono, per me, figli) il nostro stesso esempio di vita.
Trovo inutile e oltremodo dannoso continuare a nascondere la testa sotto la sabbia; non è con l’omertà, l’individualismo o il pregiudizio che potremo costruire per i nostri figli un ponte per una Nuova e migliore Umanità.
Continuo a domandarmi sul ruolo delle madri, in questi casi. Sanno o no, e se davvero non sanno, se ne domandano un perché? O hanno smesso di guardare i figli negli occhi?.
Parliamo forse di donne depresse, forse assenti dalla vita anche se apparentemente ‘normali’ (ma qual è il concetto di ‘normale’ in una Società deviata?),
madri (parlo della generazione alla quale appartengo; fascia dai 30 ai 50 anni) che, a loro volta, hanno probabilmente avuto una madre assente; forse donne diventate madri ancora immature per affrontare responsabilmente il proprio ruolo, madri rimaste eterne figlie con le stesse figlie.
I ragazzi continuano a domandarci attenzione e rispetto: è importante continuare a lavorare su spazi di vera integrazione, partecipazione giovanile alle tematiche vive della Nazione quindi del mondo, riprese nei micro contesti originari. Appresso la famiglia, agenzia educativa di grande valenza è la scuola, ove si rende doverosa la concretizzazione di diversi progetti d’intervento tramite personale specializzato, a partire dall’infanzia. Favorire la cultura del rispetto e della tutela attraverso una mirata formazione con docenti, genitori e bambini, insegnando loro a difendersi da situazioni potenzialmente pericolose, senza infondere sgomento verso la società.
Questo dovrebbe comportare l’interazione concreta delle associazioni culturali locali e degli organismi pubblici preposti, affinché da un evento negativo si riesca a partorire esperienza e maturità, disposizione al Bene Comune.
Non si tema l’errore: la caduta e il dolore, se intesi in positivo raccoglimento, possono servire a migliorarci, a farci più forti.
Ciò che dobbiamo fuggire è la rassegnazione, la chiusura verso l’esterno.
Perché è proprio in una società dove omertà e indifferenza la fanno da padrone, che la comunicazione si spezza e le domande non trovano risposta.