Safira salva 77 persone nel Mediterraneo centrale. La barca a vela, impegnata nella Missione 20 di Mediterranea Saving Humans, ha soccorso nella notte un gruppo di migranti in pericolo su un gommone partito tre giorni fa da Zuara, in Libia. L’imbarcazione, ormai in avaria e alla deriva, stava per affondare a 36 miglia a sud di Lampedusa. Grazie alla segnalazione di Watch The Med – Alarm Phone, il salvataggio è stato possibile. A bordo, le condizioni delle persone erano gravi, e il team sanitario ha dovuto prestare cure urgenti a una donna intossicata dalle esalazioni del carburante.
La scorsa notte, la barca a vela Safira , impegnata nella Missione 20 di Mediterranea Saving Humans, ha portato a termine un intervento di salvataggio cruciale. Ha tratto in salvo 77 persone , tra cui tre bambini piccoli, che si trovavano in pericolo di vita su un gommone in avaria. L’imbarcazione era partita tre giorni fa da Zuara, in Libia, ed era ormai alla deriva in acque internazionali, a circa 36 miglia a sud di Lampedusa, nella zona SAR maltese.
Le operazioni di salvataggio, rese possibili dalla segnalazione di Watch The Med – Alarm Phone , hanno evidenziato ancora una volta la gravità della crisi umanitaria in corso lungo le rotte del Mediterraneo centrale.
Un soccorso complesso tra emergenze sanitarie e paura
Il recupero dei 77 migranti è stato estremamente delicato. Le persone a bordo erano sfinite, spaventate e in preda al panico , mentre il gommone, già in pessime condizioni, stava iniziando a imbarcare acqua. Il team sanitario di Mediterranea ha giocato un ruolo chiave nel gestire la situazione: tra i soccorsi più urgenti, c’è stato quello a una donna gravemente intossicata dalle esalazioni di carburante.
La donna, stabilizzata a bordo della Safira grazie alle cure mediche immediate, rappresenta uno dei tanti casi di estrema debolezza che caratterizzano queste traversate. La presenza di bambini di appena 2, 3 e 4 anni ha ulteriormente sottolineato il livello di rischio e di disperazione che spinge intere famiglie a fuggire dalla Libia, affrontando un viaggio mortale.
Malta silente, Mediterranea Saving Humans interviene
Durante e dopo le operazioni di soccorso, Mediterranea Saving Humans ha ripetutamente cercato di contattare le autorità maltesi per richiedere supporto. tuttavia, nonostante la zona SAR fosse di competenza di Malta, non è arrivata alcuna risposta . Di fronte a questo silenzio, Safira si è rivolta alle autorità italiane, che hanno prontamente indicato Lampedusa come porto sicuro di sbarco .
Attualmente, l’imbarcazione è in navigazione verso l’isola, dove i migranti potranno finalmente ricevere ulteriori cure e assistenza. Questo episodio evidenzia le continue lacune nella gestione della crisi migratoria da parte degli Stati costieri, lasciando alle ONG il compito di colmare questi vuoti, spesso a rischio di ostacoli legali e amministrativi.
Mediterranea Saving Humans: un impegno costante nonostante le difficoltà
La Safira, una delle imbarcazioni della Flotta Civile, è salpata solo tre giorni fa da Lampedusa per sostituire temporaneamente la nave Mare Jonio , anch’essa parte della missione di Mediterranea Saving Humans. La Mare Jonio è attualmente ferma per una visita obbligatoria “a secco in bacino”, richiesta ogni tre anni dal Registro Navale Italiano (RINA). Tuttavia, la nave è anche sotto il peso di un terzo fermo amministrativo, imposto in ottobre dopo il soccorso di 83 persone, in applicazione del Decreto legge Piantedosi .
Questi fermi rappresentano una sfida costante per le ONG impegnate nel Mediterraneo, che si trovano a operare in un contesto di crescente criminalizzazione delle attività di soccorso. Nonostante ciò, Mediterranea Saving Humans non ha mai smesso di ribadire l’urgenza di intervenire lungo le rotte migratorie del Mediterraneo centrale. In occasione della partenza della missione della Safira, Laura Marmorale , presidente dell’organizzazione, aveva dichiarato:
“La situazione drammatica lungo le rotte migratorie del Mediterraneo centrale, i naufragi al largo di Tunisia e Libia, ei violenti respingimenti verso questi Paesi ci impongono di tornare in mare per monitorare, assistere e, se necessario, soccorrere.”
Le sue parole trovano conferma nei tragici eventi che continuano a consumarsi in queste acque, con decine di vite spezzate ogni settimana e altrettante salvate solo grazie agli sforzi delle ONG.
Il Mediterraneo centrale: una rotta di morte
La rotta del Mediterraneo centrale rimane una delle più letali al mondo. Secondo i dati dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM), solo nel 2023 sono morte più di 2.000 persone nel tentativo di attraversare queste acque. Le politiche di deterrenza adottate dall’Unione Europea, che prevedono la collaborazione con la Libia e altre autorità locali per respingere i migranti, non fanno che aggravare la situazione.
Le testimonianze raccolte dai sopravvissuti, come quelle delle persone soccorse dalla Safira, parlano di violenze sistematiche nei centri di detenzione libici, di abusi e torture. In molti casi, la decisione di affrontare il mare, nonostante i rischi enormi, rappresenta l’unica alternativa a una vita di sofferenze.
Il ruolo delle ONG e la sfida alla criminalizzazione
La missione della Safira dimostra ancora una volta l’importanza cruciale delle ONG nel salvare le vite umane e nel monitorare ciò che accade nel Mediterraneo. Tuttavia, queste organizzazioni devono affrontare sfide crescenti, non solo in termini operativi ma anche legali e politici. I fermi amministrativi, come quello che ha colpito la Mare Jonio, e l’introduzione di norme restrittive mirano a ostacolare il loro lavoro.
Nonostante ciò, Mediterranea Saving Humans e altre ONG continuano a operare con determinazione, portando avanti una battaglia non solo per salvare vite, ma anche per denunciare le violazioni dei diritti umani che si consumano lungo queste rotte.
Speranza e responsabilità
Con l’assegnazione di Lampedusa come porto sicuro, i 77 migranti soccorsi potranno finalmente ricevere cure e un primo sostegno. Tuttavia, questo episodio è solo un frammento di una crisi molto più ampia, che richiede un cambio di paradigma nelle politiche migratorie europee.
L’operazione della Safira è un segnale di speranza in un contesto che continua a essere segnato da tragedie evitabili. L’impegno delle ONG rimane indispensabile, ma la responsabilità ultima di garantire il rispetto dei diritti umani nel Mediterraneo spetta agli Stati e alle istituzioni internazionali.