Elena Semenzato è la mamma del piccolo Leonardo, un vivace bimbo di quasi 7 anni affetto dalla distrofia muscolare di Duchenne, una rara ed aggressiva malattia che aggredisce i muscoli e colpisce un bambino ogni 5000. Ad oggi non esiste una cura per la Duchenne ma, mentre negli Stati Uniti l’accesso ai medicinali che contrastano lo sviluppo della distrofia nei pazienti (tutti maschi e giovanissimi, dato che la speranza di vita senza il trattamento si aggira intorno ai 20-25 anni) è facilitato e in continua evoluzione, nell’Unione Europea a dicembre verrà bloccata la distribuzione del Translarna, l’unico farmaco in approvazione condizionata che è in grado di rallentare in modo efficace l’aggravarsi della distrofia.
Premessa: una questione di diritti umani
Provare a comprendere ciò che le persone con disabilità e i loro caregiver vivono, in un contesto sociale caratterizzato da barriere, proposte di divisione e nettamente in contrasto con il senso di comunità che dovrebbe guidare la costruzione di sane strutture sociali, è pressocché impossibile per chi nella sua vita non si è trovato costretto a sperimentare una condizione così sfiancante, demoralizzante e dolorosa.
Nell’intervista che Elena Semenzato ha rilasciato ad Ultima Voce sono emerse le difficoltà quotidiane che lei, Leonardo e tantissimi altri cittadini dell’Unione Europea vivono ogni giorno, ma è anche emersa la forza di una madre che, spinta dall’amore per il proprio figlio, è riuscita a creare un movimento di protesta contro l’Agenzia Europea del Farmaco (EMA) e le regole standardizzate che hanno causato il parere negativo in merito all’uso del Translarna per il trattamento della distrofia di Duchenne.
Stai decidendo per la vita di un’altra persona e non permetti neanche di far parlare i diretti interessati. Scusami se è la vita di mio figlio, permettimi di essere preoccupata. I nostri figli non sono numeri, sono persone che hanno il diritto di continuare a sognare. Lasciateli sognare.
Ciao Elena e grazie davvero per essere qui. Raccontaci, chi è Elena Semenzato?
Ciao, mi chiamo Elena Semenzato, vivo a Mogliano Veneto e sono la mamma di Leonardo che ha quasi 7 anni e Laura che ne ha 4. Arrivo al dunque: la mia vita è cambiata nell’ottobre del 2022, quando a Leonardo è stata diagnosticata la distrofia muscolare di Duchenne. La Duchenne è una malattia rara, colpisce un neonato maschio ogni 5000 e si trasmette solo dal gene materno. Nella mia famiglia sono il paziente zero, mia madre non ha il cromosoma malato.
Ti va di spiegarci che cos’è la distrofia di Duchenne?
Certo. In pratica, i pazienti con la distrofia di Duchenne non producono la distrofina, una proteina che regola la protezione del muscolo e questo non riesce a rigenerarsi. Senza nessun trattamento la speranza di vita si aggira intorno ai 25-25 anni. In Italia è trattata perlopiù con il cortisone, che come sappiamo ha pesanti effetti collaterali.
A Leonardo è stata diagnosticata la Duchenne dal dottor Luca Bello a Padova, ovviamente dopo una diagnosi del genere ti crolla il mondo addosso e devi ricominciare una nuova vita, non hai alternativa. Fortunatamente, il dottor Bello ci ha subito parlato del Translarna (ataluren), un farmaco ad approvazione condizionata che “camuffa” l’assenza della distrofina. Leonardo ha cominciato ad assumere il farmaco a 4 anni e ho potuto osservare che lo aiuta moltissimo. La questione grave è che EMA ha deciso di bloccare la distribuzione gratuita del farmaco perché dice di non avere dati a sufficienza per decretare che sia efficace.
Perché l’EMA vuole bloccare la distribuzione del Translarna in Unione Europea?
Perché per quelli che sono i criteri di valutazione dell’EMA, non ci sono prove a sufficienza dell’efficacia del Translarna. I criteri di approvazione dell’Agenzia del Farmaco sono basati su rigide metodologie statistiche e ancora non è chiaro che questi parametri per le malattie rare non possono essere accurati come prevede l’EMA. In primis, i pazienti che sono idonei all’osservazione nel caso delle malattie sono pochissimi e quindi sostenere che i dati raccolti non sono statisticamente significativi è già un errore.
Per essere approvato un farmaco deve superare diversi step, c’è un obiettivo primario che nel caso dell’ataluren consiste nell’osservare la differenza del tempo speso a percorrere 6 minuti tra i pazienti che prendono il Translarna e chi non lo prende. Sin dall’inizio è stato chiaro che chi assume il Translarna cammina di più rispetto a chi non lo assume. Il problema è che per le malattie rare i pazienti non sono omogenei, c’è chi a 12 anni purtroppo è già in carrozzina e chi ancora cammina. Infatti, per ora questo farmaco è destinato al 13% dei pazienti con la Duchenne.
Come per ogni malattia rara, la situazione è complessa e delicata, non adatta ad essere valutata attraverso parametri standardizzati. L’osservazione dell’EMA è limitata a un periodo temporale che va dai 12 ai 18 mesi di trattamento. I medici sono invece del parere opposto: per le malattie rare è impensabile valutare un periodo così breve, si deve valutare il lungo periodo. I parametri dell’EMA non sono adatti alle malattie rare ed è ora che cambino.
Ed è qui che parte la tua battaglia
Elena ci spiega che nel 2014 i medici europei hanno iniziato a prescrivere il Translarna, soggetto ad approvazione condizionata. Non è stato immesso sul mercato, ma negli anni è stata rinnovata l’approvazione, anche se l’Agenzia del Farmaco ha richiesto dei dati sempre più aggiornati. Rispettare questi parametri nel caso delle malattie rare è difficile, le variabili sono moltissime e non è possibile creare un gruppo omogeneo di pazienti che riesca a soddisfare i criteri dell’EMA.
Nel settembre del 2023 l’Agenzia del Farmaco decide di non distribuire più il farmaco sul territorio europeo perché i dati raccolti sono stati ritenuti “poco significativi”.
Sembra però che le famiglie dei ragazzi con distrofia di Duchenne e i medici che conoscono il farmaco non pensino che il Translarna sia inutile
Assolutamente no. Infatti, oltre agli studi sperimentali è stato tenuto un registro che aveva lo scopo di raccogliere i dati di vita reale sui pazienti che assumevano Translarna. In pratica questo registro è uno strumento di osservazione in più per favorire l’approvazione del farmaco. I dati raccolti nel registro sono molto positivi: è vero che il Translarna non cura la malattia, ma almeno la rallenta. I ragazzi che assumono il farmaco camminano in media 3 anni in più rispetto a chi non lo prende.
Senza trattamento, la perdita della deambulazione avviene intorno ai 17 anni e gli studi clinici mostrano che camminare 3 anni in più è un vantaggio che non si può ignorare, per questi ragazzi significa avere altra vita da vivere e altri sogni da realizzare, è disumano negare questa possibilità con così tanta superficialità.
Anche il Professor Giacomo Comi e decine di altri luminari della medicina hanno scritto di proprio pugno una lettera all’EMA per sottolineare che, nonostante il farmaco non sia miracoloso, avere l’opportunità di camminare 3 anni in più rallenta la “cascata di eventi” che caratterizza la Duchenne: prima il bambino va in carrozzina, prima userà di più i muscoli della braccia e prima arriverà la scoliosi, pian piano la distrofia andrà a colpire i muscoli respiratori e il cuore. Sembra che il Translarna aiuti anche i muscoli respiratori perché “inganna” la mancanza della distrofina e rallenta il danneggiamento dei muscoli.
Praticamente, nel caso della Duchenne la metodologia statistica dell’EMA non permette la tutela dei diritti umani dei pazienti e dei caregiver
Purtroppo è così e sono sicura che sia un discorso estensibile anche ad altre malattie rare. Ci sono tantissime variabili soggettive che l’Agenzia non ha considerato. Si deve considerare che questi test sono effettuati su dei bambini e molto dipende dall’ambiente, parliamo di bambini sotto i 10 anni che a seconda della giornata camminano 20-30 metri in più. Molto dipende poi dall’umore del giorno, dalla persona che fa eseguire il test: è tutto troppo inaffidabile. Ad esempio Leonardo fa sempre più metri al Gemelli di Roma che è un ambiente pediatrico, ti parlo di 20 metri in più rispetto a Padova. Le variabili soggettive non possono essere ignorate.
Per questo è diventata una questione di diritti umani, perché l’Unione Europea sta negando i nostri diritti a causa di regole standardizzate che devono cambiare. Non sono decisioni prese con oggettività, noi genitori viviamo nel terrore perché di fatto chi rappresenta le istituzioni sta decidendo per la vita dei nostri figli, della vita di altre persone e sembra non rendersene conto.
Cosa è successo da quando l’EMA ha preso questa decisione?
Qui comincia un’altra storia, quella di una mamma che spinta dall’amore è riuscita a smuovere le istituzioni perché una cosa è certa: il fatto che esistano delle regole non significa che siano giuste e se ci accorgiamo che sono sbagliate abbiamo il potere e il dovere di cambiarle. L’esperienza di Elena, non solo come mamma o paziente (è appena diventata “Paziente Esperto“, un titolo formativo che prevede e permette il coinvolgimento attivo di pazienti e associazioni nel percorso di cura e ricerca per le malattie), ma come cittadina, è la prova che le decisioni devono essere contestate se non tutelano i diritti umani:
Come prendono queste decisioni? Non sono decisioni prese con oggettività, i genitori vivono nel terrore perché una decisione così superficiale va a peggiorare la vita di altre persone. All’EMA hanno chiesto il parere di due Pazienti Esperti che non hanno avuto nessuna esperienza con il Translarna, non c’è stato nessun interesse nell’interpellare chi effettivamente conosce il farmaco. E allora ho deciso di prendere il titolo anche io.
Elena ci parla con entusiasmo di un’altra mamma, Alice Cadalora, che con Achille (7 anni) sta affrontando la stessa battaglia e lotta al fianco di Elena per tutelare i diritti del figlio. Il fatto straordinario è che insieme Elena e Alice sono riuscite a coinvolgere moltissime famiglie provenienti da tutto il territorio europeo e che si trovano nell’identica situazione da quando è stata annunciata la fine della distribuzione gratuita dell’ataluren.
Io sono fortunata perché ho un lavoro part-time che mi permette anche di mantenere un minimo di indipendenza, ma non tutti i genitori hanno questa opportunità. Convivere con la distrofia di Duchenne condiziona completamente la vita, non solo dei bambini direttamente interessati, ma anche delle persone che se ne prendono cura. Ostacolando la distribuzione del Translarna l’EMA sta complicando la vita di una parte attiva della società ed è assurdo che non venga compreso come gli effetti di questo disagio si ripercuotano inevitabilmente sulla vita di tutti.
La rete che si cela dietro la battaglia per il Translarna oggi coinvolge diverse associazioni per la tutela delle persone con malattie rare:
Non è un problema solo nostro. Sembra che nel momento in cui si parla di malattie rare le persone coinvolte siano poche sfortunate, in realtà non è così. Eppure l’indifferenza che l’Unione Europea sta dimostrando nei confronti delle malattie che praticamente non hanno farmaci in approvazione, come nel nostro caso, non è degna del continente che tra tutti è quello che difende di più i diritti umani. Negli Stati Uniti oltre al Translarna, che sta per essere approvato, ci sono altri 6 farmaci utilizzati per il trattamento della Duchenne. Siamo molto indietro in queste tematiche, qui usiamo solo il cortisone e ignoriamo farmaci che non hanno effetti collaterali, come il Translarna.
Ad ogni modo, la rete che abbiamo creato è ogni giorno più forte e siamo sicuri che riusciremo a vincere questa battaglia per i diritti umani, abbiamo anche dei consulenti legali che ci sostengono.
Riepilogo: una questione d’amore
In questo viaggio ho incontrato persone meravigliose con cui ho condiviso tanti pensieri e che mi hanno aiutata a capire tante cose. Ho capito che questo dolore è accompagnato da tantissimo amore, in primis quello che provo per i miei figli. Ho anche capito che il dolore è stato necessario a darmi la forza per affrontare tutto questo, ma soprattutto ho imparato che la coscienza di ognuno di noi deve prevalere sulla scienza e sulle strutture già definite.
Viviamo in un mondo in cui non sappiamo più lottare per i nostri diritti, in cui tutto è connesso, ma allo stesso tempo siamo distanti e accettiamo passivamente le decisioni che vengono prese per nostro conto. Anche i social mi hanno aiutata moltissimo ad esempio, senza non avrei avuto la stessa risonanza. Possiamo usarli a nostro favore se vogliamo, ma è necessario usarli con coscienza. Personalmente non intendo fermarmi, ce la faremo e continueremo a lottare perché vengano rivisti i parametri che ostacolano la dignità delle persone affette da malattie rare, non solo la Duchenne.
Giunti a questo punto gli spunti di riflessione sono molteplici: la forza ispiratrice di Elena e le motivazioni che l’hanno spinta ad intraprendere questa battaglia verso le regole che finiscono per ostacolare la dignità della persona umana devono entrare nella coscienza di ognuno di noi. Che senso ha accettare passivamente che un’elite ristretta e privilegiata prenda le decisioni per la collettività, senza provare un minimo di empatia? Come si può restare indifferenti di fronte a una condizione già estremamente difficoltosa, per arrivare ad ostacolarla ulteriormente? Non si può.
Aurora Colantonio