La COP29 di Baku ha segnato l’inizio di discussioni cruciali per il futuro della finanza climatica. La bozza di documento finale, recentemente pubblicata sul sito dell’UNFCCC (United Nations Framework Convention on Climate Change), presenta un quadro ancora aperto e negoziabile, soprattutto riguardo ai finanziamenti da destinare ai paesi più vulnerabili. Mentre si riconosce la necessità di un forte incremento delle risorse, la bozza lascia aperte due possibili strade, una rispondente alle richieste dei paesi sviluppati e una in linea con le aspettative delle nazioni in via di sviluppo.
La proposta: fondi alla finanza climatica per “trilioni di dollari”
La novità principale che emerge dalla bozza di documento riguarda l’indicazione di un incremento significativo dei fondi destinati alla lotta contro i cambiamenti climatici, con cifre che si aggirano nei trilioni di dollari. Questo cambiamento segna una netta discontinuità con il fondo attuale da 100 miliardi di dollari annui, la cui scadenza è fissata per il 2025. Sebbene la bozza non indichi ancora un importo preciso, l’adozione di cifre nell’ordine dei trilioni suggerisce un impegno finanziario molto maggiore rispetto al passato, rendendo il tema centrale delle prossime trattative internazionali.
Le cifre proposte sono in realtà espresse in termini molto generici e non delineano una somma finale. Tuttavia, entrambe le opzioni presentate – quella favorevole ai paesi sviluppati e quella che cerca di rispondere alle esigenze dei paesi in via di sviluppo – sembrano concordare su un punto: il livello di finanziamento dovrà essere aumentato drasticamente. In pratica, la comunità internazionale si prepara a considerare un impegno economico senza precedenti per contrastare le crisi climatiche che, a livello globale, stanno diventando sempre più evidenti e devastanti.
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La tensione tra le opzioni dei paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo
Una delle questioni più delicate emerse dalla bozza riguarda i criteri per l’assegnazione di questi ingenti finanziamenti. Due visioni principali stanno emergendo: una che rispecchia la posizione dei paesi sviluppati, e una che invece si allinea con le richieste dei paesi in via di sviluppo. Le divergenze sono forti, e le due opzioni proposte nel documento finale riflettono i contrasti che hanno caratterizzato le discussioni sulla giustizia climatica.
I paesi in via di sviluppo, che sono quelli maggiormente vulnerabili agli effetti dei cambiamenti climatici, spingono per una maggiore equità nella distribuzione dei fondi. L’idea è che i paesi industrializzati, storicamente responsabili della maggior parte delle emissioni di gas serra, debbano contribuire in maniera più consistente, sia per la riduzione delle emissioni che per l’adattamento alle nuove condizioni climatiche. Questo approccio mira a garantire che i paesi più poveri, che sono anche i più colpiti dai disastri climatici, abbiano accesso ai finanziamenti necessari per costruire infrastrutture resilienti e per fare fronte alle emergenze legate ai cambiamenti climatici.
Al contrario, i paesi sviluppati, pur riconoscendo l’urgenza della questione, sono meno propensi a impegnarsi in un finanziamento che possa essere interpretato come un onere economico troppo gravoso per le loro economie. La proposta che riflette maggiormente le loro posizioni tende a ridurre le contribuzioni dirette e a puntare su meccanismi di mercato o sulla privatizzazione di alcuni aspetti del finanziamento climatico.
Il futuro del fondo da 100 miliardi di dollari
Il fondo da 100 miliardi di dollari, che è stato stabilito durante il vertice COP15 nel 2009, ha rappresentato un punto di riferimento per gli aiuti ai paesi in via di sviluppo. Tuttavia, con la scadenza prevista per il 2025, le aspettative sono cambiate. Molti paesi e attivisti ambientali hanno criticato l’ammontare relativamente modesto di tale fondo, considerando che le esigenze per fronteggiare le sfide ambientali sono enormemente superiori. Con la bozza di Baku, si intende finalmente rispondere a questa sfida, facendo crescere esponenzialmente le risorse destinate alla transizione ecologica e alla protezione dell’ambiente.
Nonostante la necessità di un impegno maggiore, la discussione su come distribuire questi fondi non è priva di ostacoli. L’elemento cruciale che resta da chiarire è se il finanziamento verrà visto come un meccanismo di responsabilità storica (dove i paesi sviluppati sono chiamati a versare contributi più elevati) o come una forma di partnership globale, che comporta un impegno congiunto, più equilibrato, tra paesi ricchi e poveri.
Il contesto geopolitico della COP29
La COP29 di Baku si inserisce in un periodo di crescente incertezza geopolitica. Le tensioni internazionali, inclusi i conflitti e le crisi politiche in diverse parti del mondo, stanno influenzando le negoziazioni climatiche. Il contesto attuale è complicato anche dalla pandemia di COVID-19 e dalle sue conseguenze economiche, che hanno messo in evidenza le disparità globali, non solo in termini di sviluppo economico ma anche nella capacità di far fronte a emergenze sanitarie e climatiche.
In questo scenario, la finanza climatica diventa ancora più centrale, poiché rappresenta non solo una risposta alla crisi ecologica, ma anche un’opportunità per rafforzare la cooperazione internazionale. Tuttavia, le divergenze tra i paesi continuano a minacciare l’efficacia delle trattative. Sebbene ci sia consenso sull’urgenza della questione, l’implementazione concreta delle soluzioni è tutt’altro che garantita.
La pubblicazione della bozza: una fase di riflessione
La bozza di documento finale, che doveva essere pubblicata alla mezzanotte di Baku, è stata resa disponibile solo in tarda mattinata (7:45 ora locale), segnando una leggera dilazione nel processo. Ciò nonostante, il documento rappresenta un primo passo fondamentale in direzione di un accordo definitivo. Gli esperti e i negoziatori avranno ora il compito di affinare le proposte e cercare una sintesi che possa rispondere alle esigenze di tutti i paesi, favorendo il dialogo e la collaborazione su una questione che riguarda il futuro dell’intero pianeta.
Le discussioni sulla finanza climatica non sono mai facili, e la bozza della COP29 di Baku lo conferma. Sebbene siano emerse proposte significative per un aumento dei finanziamenti e per il riconoscimento delle necessità urgenti dei paesi vulnerabili, la strada verso un accordo definitivo rimane lunga e complessa. Tuttavia, la pubblicazione di questo documento rappresenta un segno di speranza per un futuro di cooperazione internazionale volto alla sostenibilità e alla giustizia climatica, temi che sono ormai diventati imprescindibili per la sopravvivenza del nostro pianeta.