A distanza di pochi giorni, si sono verificati uno sgombero a Siena e uno a Treviso, in due parcheggi utilizzati come riparo da migranti in attesa della convalida della richiesta di asilo in territorio italiano. Questi avvenimenti hanno risollevato l’attenzione sulle tempistiche della regolarizzazione in territorio italiano, spesso caratterizzata da lungaggini burocratiche che condannano i richiedenti asilo a periodi trascorsi in strada senza alcuna tutela.
Lo sgombero del parcheggio del Duomo di Siena
Nella notte tra 8 e 9 novembre, le forze dell’ordine hanno sgomberato il parcheggio del Duomo di Siena, occupato da qualche settimana da circa una trentina di migranti provenienti principalmente da Pakistan e Afghanistan. Lo sgombero ha messo in luce il dramma dei richiedenti asilo che, a causa della saturazione degli uffici immigrazione e delle lungaggini dell’iter per la formalizzazione della domanda di asilo, sono spesso costretti a trascorrere lunghi periodi senza una dimora, non riuscendo ad accedere al sistema di accoglienza o a dormitori d’emergenza, anch’essi sempre saturi.
In risposta allo sgombero e per denunciare la situazione senese, purtroppo emblematica di quella di tutto il territorio nazionale, il 10 novembre Pd e Cgil e associazioni cittadine hanno organizzato una protesta che ha portato circa 200 persone in piazza Duomo.
«Chi arriva nel territorio sprovvisto di documenti e richiede asilo deve essere accolto, la legge dice che ci sono dei tempi da rispettare. Chi però giunge a Siena deve aspettare sei mesi prima della formalizzazione dell’asilo. Sono mesi passati in strada senza alcun diritto».
Ha dichiarato Cassandra Rofi della rete solidale senese SiSolidal. La preoccupazione è alta perché non esistono soluzioni alternative, con i richiedenti asilo sgomberati costretti a trovare soluzioni di fortuna ogni notte lasciando i propri beni alla Caritas. Il tono emergenziale che sempre accompagna queste situazioni, e più in generale l’analisi del fenomeno migratorio in Italia, sembra spesso solamente una scusa per giustificare avvenimenti come lo sgombero della notte tra 8 e 9 novembre. Questo tono emergenziale scompare però nel momento in cui ci si scontra con l’unica vera emergenza, ovvero la situazione in cui versano sul territorio quotidianamente tantissimi richiedenti asilo che non hanno accesso a uno dei centri di accoglienza straordinaria o in strutture alternative che garantiscano diritti fondamentali, senza un luogo dove dormire o un’assistenza sanitaria.
«Pochi giorni fa decine di persone, che alloggiavano illegalmente nel parcheggio Il Duomo, sono state sgomberate nel cuore della notte. È curioso come il termine ‘emergenza’, quando si parla di immigrazione, venga invocato per giustificare l’armamento della polizia municipale, mentre sparisca del tutto quando si tratta di Centri di Accoglienza Straordinaria (Cas). L’unico modo per affrontare il tema dell’immigrazione è riconoscere che i flussi migratori esistono e rappresentano una realtà quotidiana con cui dobbiamo confrontarci. Crediamo che il concetto stesso di emergenza debba essere affrontato con serietà e responsabilità, per evitare di alimentare un senso ingiustificato di instabilità che rischia di compromettere la coesistenza civile».
Hanno dichiarato gli esponenti dell’associazione Area Civica.
Lo sgombero del parcheggio Appiani a Treviso
A distanza di pochissimi giorni un altro sgombero si è verificato a danno sempre di una trentina di richiedenti asilo provenienti principalmente da Pakistan e India. In risposta allo sgombero, i migranti hanno organizzato un sit-in davanti alla Prefettura di Torino per chiedere un posto dove poter trascorrere le seguenti notti. Tutti in attesa di risposte per le domande di asilo, molte delle persone che avevano trovato un dormitorio di fortuna nel parcheggio Appiani sono lavoratori, in Italia da mesi ma comunque senza alcun alloggio.
«Tra chi utilizza il parcheggio per dormire ci sono anche lavoratori, quindi questi imprenditori, che di giorno utilizzano questa mano d’opera, potrebbero anche farsi carico dell’accoglienza: basta davvero poco, basta una stanza, un letto per la notte, una doccia calda e un pasto. Non possiamo pensare che il Comune da solo possa gestire tutto questo» ha dichiarato il sindaco di Treviso Mario Conte. Nel frattempo, è stata trovata una sistemazione temporanea per i trenta richiedenti asilo, allocati in parte nell’hub dell’ex caserma Serena e negli spazi della parrocchia di Santa Maria del Sile.
Tutto questo mostra però l’assurdità di un sistema di accoglienza che non funziona e che costringe a situazioni sempre precarie e senza tutele, con soluzioni temporanee spesso a carico di associazioni solidali o, come nel caso di Treviso, di strutture comunali adibite a luoghi di accoglienza provvisoria.
Regolarizzarsi in Italia: il limbo dei richiedenti asilo
In Italia, in linea teorica, nel momento in cui viene presentata domanda di asilo si dovrebbe avere diritto a un alloggio mentre si svolgono le procedure burocratiche per la regolarizzazione. Mentre i migranti che arrivano a Lampedusa vengono quasi sempre inseriti automaticamente nella rete di CAS e CPA presenti sul territorio italiano, sono numerosissimi i richiedenti asilo che si trovano costretti a trascorrere lunghi periodi in strada in attesa di vedersi formalizzare la domanda di asilo. Questo capita soprattutto a persone provenienti dalla rotta balcanica e che quindi non transitano da un hotspot una volta arrivati in Italia, recandosi autonomamente presso gli uffici di Prefettura e Questura in una città italiana. Il dramma di persone costrette a vivere in strada si ritrova così in tantissimi comuni italiani, in particolare nelle città più grandi dove i richiedenti asilo si recano sperando di trovare reti solidali e sociali di supporto. Ma proprio nelle grandi città, gli uffici della Prefettura e della Questura sono completamente congestionati e così decine di persone si presentano ogni giorno di fronte agli uffici per tentare di accedere a un appuntamento per formalizzare la richiesta di asilo senza la quale non possono avere accesso al sistema nazionale di accoglienza. Spesso, le lunghe attese davanti agli uffici finisco con un diniego o un invito a presentarsi il giorno successivo. Durante questi dilatati periodi, le persone rimangono in un «limbo “giuridico-esistenziale” […] vivendo in una condizione di incertezza e insicurezza, che restituisce loro una percezione di “insignificanza sociale” […]».
Come sottolinea Shahram Koshravi nel suo libro “Io sono confine”, il viaggiatore illegale si muove in uno spazio esterno alla legge e dunque fuori dalla sua protezione. Stessa sorte tocca a chi, arrivato in territorio europeo, non riesce a formalizzare la domanda di asilo rimanendo in qualche modo bloccato in transito, senza alcuna tutela legale.
Lo sgombero avvenuto a Siena e quello a Treviso hanno risollevato l’attenzione su un problema presente su tutto il territorio italiano. È necessario trovare tempestivamente una soluzione che arrivi dal sistema di accoglienza e che garantisca tutele e diritti fondamentali per tutti i richiedenti asilo e coloro in attesa della formalizzazione della domanda in Italia. L’emergenza non è creata dai migranti in territorio italiano ma dalle spaventose lacune del nostro sistema di accoglienza e dal limbo in cui vengono costrette migliaia di persone a causa delle lungaggini burocratiche per la regolarizzazione.