Il sistema carcerario in Italia è sopraffatto: le carceri tornano a fronteggiare un’emergenza di sovraffollamento senza precedenti. La sistematicità del sovraffollamento nelle carceri, di fatti, non è una novità in Italia. Le strutture penitenziarie sono sovraffollate, offrono pessime condizioni di vita ai detenuti e mostrano gravi problemi di gestione e sicurezza, anche in quelle ad alta sicurezza. Non può assorbire il numero crescente di persone incarcerate né affrontare i nuovi profili criminologici dei prigionieri, carenze che il governo ha riconosciuto e intende affrontare. Si tratta, in breve, di un sistema carcerario sopraffatto nelle sue capacità fisiche e organizzative, la cui soluzione richiederà una profonda trasformazione delle sue fondamenta.
Negli ultimi vent’anni, i tassi di incarcerazione sono in calo in un gran numero di giurisdizioni del Nord del mondo. Il sistema punitivo statunitense è ampiamente considerato un esempio paradigmatico (ampiamente studiato): dopo almeno tre decenni di espansione (a partire dai primi anni ’70), l’incarcerazione di massa americana ha iniziato una fase di trasformazione e il sistema carcerario è entrato in uno stato di crisi strutturale. La popolazione carceraria è diminuita sensibilmente grazie a riforme che puntano a ridurre i costi e a promuovere un maggiore rispetto dei diritti umani. Tale dibattito ha anche stimolato una collaborazione tra studiosi e attivisti, con lo scopo di esplorare soluzioni alternative all’incarcerazione di massa.
Nel quadro italiano, a partire dagli anni’90, il sistema carcerario ha registrato un’espansione significativa, dovuta in parte all’aumento della popolazione carceraria e dalla prevalenza di pene detentive brevi, alta custodia cautelare e controllo sugli immigrati. Benché sia in lotta con una tendenza crescente verso politiche più punitive, la moderazione delle pene è un tema che viene a galla.
A livello comparativo, il sistema penale italiano si distingue per livelli elevati di sovraffollamento carcerario e per l’uso frequente della custodia cautelare rispetto ad altri paesi europei. Inoltre, l’incarcerazione degli immigrati rappresenta una specificità che contribuisce a questa complessità. La riflessione sull’incarcerazione in Italia si inserisce in una tendenza più ampia, osservabile in diversi paesi del Nord del mondo, dove si nota un generale calo dei tassi di incarcerazione e una fase di crisi strutturale del sistema penale.
Negli Stati Uniti, per esempio, la popolazione carceraria è diminuita sensibilmente negli ultimi dieci anni, grazie a riforme che puntano a ridurre i costi e a promuovere un maggiore rispetto dei diritti umani. Tale dibattito ha anche stimolato una collaborazione tra studiosi e attivisti, con lo scopo di esplorare soluzioni alternative all’incarcerazione di massa. A differenza degli istituti penitenziari italiani , dove il sovraffollamento è un problema endemico .
Oggi, in Italia, le carceri vivono una delle situazioni più drammatiche degli ultimi dieci anni, raggiungendo una densità di popolazione che ricorda la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) del 2013. Tale sentenza, nota come “Sentenza Torreggiani”, condannò l’Italia (per violazione dell’art. 3 della Convenzione europea dei diritti umani) per trattamenti inumani e degradanti dovuti al sovraffollamento carcerario. Patrizio Gonnella, Presidente dell’Associazione Antigone impegnata nella tutela dei diritti nelle carceri, segnala un nuovo allarme, riportando dati preoccupanti sulla condizione dei carcerati e degli agenti penitenziari. Una situazione che diventa sempre più complessa, incentivata dalle politiche attuali dei governi.
A metà ottobre 2023 il numero di detenuti, presenti nelle carceri italiane, superava le 62.000 unità, a fronte di una capienza regolamentare di 51.196 posti, ma solo 46.751 di questi sono concretamente utilizzabili. Vale a dire che solo nell’ultimo anno si sono aggiunti quasi 3.000 detenuti, mentre il numero di posti disponibili è diminuito. La differenza tra la capienza nominale e quella effettiva, quindi, aggrava il problema e rende urgente un intervento per evitare che la situazione precipiti ancor più. Questo dato ha portato il presidente di Antigone a richiamare l’attenzione pubblica e politica sulla necessità di interventi urgenti.
Questo quadro allarmante è sorretto dalle osservazioni sul campo condotte da Antigone. In molte delle 73 strutture visitate dall’associazione, nell’ultimo anno, sono stati riscontrati spazi non all’altezza, con celle che non rispettano il parametro minimo di 3 metri quadrati per persona. Un requisito stabilito dai tribunali italiani e internazionali per garantire il rispetto dei diritti umani. Su 73, gli istituti che non rispettano questo parametro, sono ben 23. Tale situazione, come sottolineato da Gonnella, non è più sostenibile sia per i detenuti, privati dei diritti fondamentali, sia per il personale di polizia penitenziaria, sottoposto a condizioni di lavoro sempre più dure.
Inoltre nel 2023 sono stati registrati 77 suicidi tra i carcerati, un numero anch’esso drammatico che esprime la disperazione e la vulnerabilità della popolazione carceraria. A questi si aggiungono 7 suicidi tra le forze di polizia penitenziaria. Gli agenti della Polizia Penitenziaria, già gravati da turni estenuanti e condizioni di lavoro sfavorevoli, si trovano a gestire una popolazione detenuta in forte crescita e sempre più disperata.
Un segnale che evidenzia la pressione psicologica a cui è sottoposto anche il personale carcerario è l’ultimo episodio, avvenuto nella Casa Circondariale di Prato, interessa un detenuto di cinquant’anni, con una pena da scontare fino al 2030, che ha deciso di togliersi la vita impiccandosi in cella. Gennarino De Fazio, Segretario Generale della Uilpa Polizia Penitenziaria, definisce questa situazione come una “strage senza fine” e evidenzia come, nonostante una lieve riduzione nelle morti avvenute negli ultimi mesi, i numeri restino allarmanti e destinati a peggiorare.
La situazione che diventa sempre più complessa, incentivata dalle politiche attuali dei governi. A detta del presidente di Antigone, la proposta di legge sulla sicurezza peggiorerà il sovraffollamento carcerario, ragion per cui chiede un immediato blocco della sua approvazione e misure urgenti per ridurre la pressione nelle carceri.
Il nuovo disegno di legge sulla sicurezza rischia di esasperare il sovraffollamento
Il sistema carcerario italiano è regolato dalla legge penitenziaria (legge 354/1975), che è stata modificata più volte nella recente storia, anche in base al clima politico e a varie crisi vere o presunte. Ci sono 190 istituti penitenziari in tutto il Paese, che ospitano, al 31 dicembre 2023, 60.166 detenuti (per una capienza complessiva di 51.179). A parte l’indulto collettivo promulgato nel 2006 la reazione del sistema all’aumento periodico della popolazione carceraria è cambiata in modo significativo a partire dagli anni 2000, e l’approccio di “moderazione penale” è stato sostituito da uno più punitivo.
La situazione sociale, politica ed economica potrebbe aver favorito l’attuazione di un approccio di durezza penale rivolto principalmente a determinati gruppi sociali (in particolare i migranti). Inoltre, l’aumento della popolazione carceraria non è stato arrestato dall’introduzione di diverse misure alternative alla detenzione. Tali misure, istituite a partire dal 1986, sembrano aver favorito un quadro generale di netto allargamento nell’ambito del controllo penale. piuttosto che una limitazione nell’uso del carcere come principale strumento di punizione.
Il cosiddetto “Il nuovo disegno di legge sulla sicurezza”, promosso dall’attuale Governo, è al centro delle critiche di Antigone e di altre organizzazioni per i diritti umani. Il disegno di legge, pensato per rafforzare la sicurezza interna, introduce misure che, secondo i detrattori, rischiano di aggravare ulteriormente il sovraffollamento carcerario. Favorendo una serie di problemi che potrebbero sfociare in una nuova condanna della Corte Europea. Questo progetto, prevede infatti un inasprimento delle pene e una riduzione delle possibilità di sconti di pena o di misure alternative. Accentuando così l’affollamento delle strutture già in crisi.
Antigone è decisamente contrario a tale proposta e ha rivolto un appello al Governo italiano, chiedendo di bloccare l’approvazione del disegno di legge sulla sicurezza. E avviare una riforma del sistema penale e penitenziario che miri a ridurre il numero di detenuti, soprattutto in relazione a reati minori o non violenti. Spesso legati a condizioni di marginalità sociale o economica.
I dati mostrano molte ambiguità che rendono difficile risolvere definitivamente la questione. Solo in alcune situazioni sono state approvate nuove leggi e molto raramente sono state implementate le misure necessarie per applicare le nuove leggi o gli emendamenti. Il piano delle politiche migratorie è un esempio efficace del fenomeno. Da più di 15 anni diversi partiti politici hanno ripetutamente annunciato la loro determinazione a combattere l’immigrazione clandestina con misure amministrative come l’espulsione, il respingimento e il maggiore utilizzo dei centri di detenzione.
Tuttavia, dopo molti anni non stiamo assistendo alla vera istituzione di un organo amministrativo effettivamente in grado di mettere in pratica quanto ripetutamente annunciato. Non a caso, come detto, il controllo dei migranti è stato in gran parte delegato al sistema di giustizia penale. Questi ultimi tempi rappresentano questo fenomeno. Da un lato, il dibattito politico è ancora incentrato sulle campagne per la legge e l’ordine, senza significative differenze rispetto agli anni precedenti.
L’enfasi sulla criminalità, spesso associata all’immigrazione, è ancora un tema principale di discussione durante le campagne elettorali; non a caso, tutte le ultime elezioni hanno premiato quei politici che hanno saputo meglio presentarsi come paladini della legge e dell’ordine. È curioso come questo fenomeno persista in Italia anche in un periodo caratterizzato da un calo della criminalità denunciata. A questo proposito, possiamo affermare che in Italia l’enfasi sulla in-sicurezza è ancora un mezzo efficiente per acquisire consenso elettorale.
D’altro canto, le agenzie di controllo sociale sembrano sperimentare varie forme di mitigazione e pragmatismo nelle loro pratiche e decisioni. In particolare, a partire dalla ‘Sentenza Torreggiani’, sembra che l’Italia abbia sviluppato a vari livelli – pubblica amministrazione, magistratura e funzionari ministeriali – una nuova forma di consapevolezza circa la necessità di non superare certi limiti, poiché ciò potrebbe avere gravi conseguenze negative per l’intero sistema.
Infine, si potrebbe affermare che il sistema di giustizia penale italiano ha raggiunto un equilibrio tra retorica populista ed esigenze pratiche del sistema. Ma, a mi avviso, non bisogna essere eccessivamente ottimisti. In effetti, si tratta di un equilibrio precario che potrebbe entrare molto rapidamente in crisi.
L’urgenza di una riforma profonda e strutturale
La crisi carceraria italiana non è solo una questione di numeri e statistiche: rappresenta una sfida etica e politica che il Paese non può più rimandare. L’allarme lanciato da Antigone e dalle organizzazioni che si occupano di diritti umani non può essere ignorato. Il sovraffollamento e le condizioni delle carceri italiane, l’alto numero di suicidi e il malessere del personale penitenziario rappresentano una falla nel sistema giudiziario e sociale del Paese. sono problemi intrecciati che richiedono una riforma complessiva e strutturale.
È necessario un intervento a 360 gradi che non si limiti a tamponare l’emergenza, ma che miri a creare un sistema di giustizia più giusto ed efficace, in linea con i principi di umanità e dignità sanciti dalla Costituzione italiana e dalle convenzioni internazionali. Antigone, sostenuta da altre associazioni e dalla società civile, ha ribadito l’importanza di superare una visione puramente repressiva della giustizia e di avviare una nuova stagione di riforme, per un sistema che rispetti e valorizzi la dignità della persona umana, offrendo a ogni detenuto l’opportunità di una reale riabilitazione.
Se il governo intende realmente affrontare questa emergenza, dovrà prendere in considerazione le proposte avanzate dalle associazioni e dai sindacati, lavorando insieme per trasformare il sistema penitenziario da un ambiente di sofferenza e privazione a uno strumento di recupero e giustizia sociale. Dal quadro attuale emerge con intelligibilità la necessità di un cambio di paradigma che vada oltre le misure tampone. Senza una riforma che risponda alle problematiche strutturali, sarà difficile ridurre il sovraffollamento e assicurare un futuro dignitoso a un sistema ormai in ginocchio.