Mark Fisher è stato filosofo, critico musicale, professore e uno dei primi blogger di maggiore successo. Nasce nel 1968 a Leicester e muore suicida nel 2017 dopo aver lottato per anni con la depressione. Lascia un contributo enorme alla società. Infatti il suo primo libro, Realismo Capitalista, edito nel 2009, ma uscito in Italia nel 2018, è una solida e chiara teoria su come il responsabile della catastrofe climatica e delle malattie mentali sia il modello capitalista. Secondo Mark Fisher quello che serve oggi è ricominciare con una nuova e creativa lotta di classe che si getti alle spalle i fantasmi del passato e si concentri sulla salute mentale e la catastrofe climatica come lotta politica.
Che cos’è il realismo capitalista
È più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo
Così Mark Fisher spiegava il realismo del capitalismo, ovvero la sensazione diffusa che sia impossibile immaginare un’alternativa coerente
È più un’atmosfera che pervade e condiziona non solo la produzione culturale ma anche il modo in cui vengono regolati il lavoro e l’educazione, e che agisce come una specie di barriera invisibile che limita tanto il pensiero quanto l’azione.
Il realismo capitalista ha una sua data decisiva, ovvero lo sciopero dei minatori del 1984 e la chiusura delle miniere volute da Margaret Thatcher con lo slogan There is no alternative
La loro sconfitta fu anzi un momento cruciale per lo sviluppo del realismo capitalista, significativo tanto dal punto di vista simbolico quanto nei suoi effetti pratici. La chiusura delle miniere venne in effetti sostenuta proprio sulla base che tenerle aperte non fosse «economicamente realistico»… There Is No Alternative – «non c’è alternativa»: il perfetto slogan realista capitalista – si trasformò in una spietata profezia che si autoavvera
La grande bugia del capitalismo
Mark Fisher individua tre campi che dimostrano come il capitalismo sia dannoso per gli esseri umani. Infatti è il capitalismo che impedisce di porre fine alla catastrofe ambientale, la burocratizzazione di lavoro e istruzione che porta a un’alienazione sempre più incombente, quindi un aumento vertiginoso delle malattie mentali, soprattutto nei giovani.
La grande bugia del capitalismo è stata far credere alle persone che chiunque può essere Bill Gates. Ci hanno fatto credere che la ricchezza materiale è la chiave della felicità
Le tossine più nocive del capitalismo egoista, sono quelle che sistematicamente incoraggiano l’idea che la ricchezza materiale sia la chiave per la realizzazione personale, che i ricchi sono i vincenti e che per puntare in alto non serve altro che lavorare sodo, indifferentemente dal retroterra familiare, etnico o sociale di provenienza. Se poi non riesci, l’unico da biasimare sei tu.
Il fallimento di questi modelli è da rintracciare nell’aumento mondiale di ansia e depressione. I veri parassiti della società non sono gli immigrati, ma i super salariati che ci mantengono in uno stato d’ansia perenne e in una radicale competitività individualista, così da non riuscire ad agire insieme e raggiungere accordi collettivi.
La grande bugia che ci è stata venduta dal neoliberismo è che se non ci occupiamo della sicurezza sociale dei lavoratori, si avrà un fluire di creatività. Dietro a parole come flessibilità si è insidiata una modalità di lavoro alienante, 24 ore su 24.
La verità è che se non ti occupi della sicurezza sociale dei lavoratori, il lavoratore dovrà concentrare tutte le sue energie creative nel capire come guadagnare soldi. Lo dice Mark Fisher durante un convegno alla HogeSchool
È veramente stupida una società che porta le persone a pensare tutto il tempo come guadagnare soldi. Guardate queste persone che ammiriamo come Steve Jobs: sono parassiti. Anche Simon Cowell non ha fatto nulla, è un parassita. A cosa sono brave queste persone? A fare soldi! Fatelo se volete, ma non chiedete di ammirarvi e di essere un riferimento per gli altri. Non dovremmo preoccuparci di fare soldi in ogni ora in cui siamo svegli della nostra vita! Questo è il tipo di realtà depressa che ci è stata artificialmente imposta.
Rendiamo la salute mentale lotta politica
L’aumento della depressione nei giovani è scioccante. Il capitalismo insiste sulla natura individuale e chimico-biologica delle malattie mentali
Per il capitalismo è un vantaggio enorme. Innanzitutto, rinforza la spinta del Capitale in direzione di un’individualizzazione atomizzata (sei malato per colpa della chimica del tuo cervello); e poi crea un mercato enormemente redditizio per le multinazionali farmaceutiche e i loro prodotti (ti curiamo coi nostri psicofarmaci).
Secondo Mark Fisher quello che dovremmo chiederci è
Com’è potuto diventare tollerabile che così tante persone, e in particolare così tante persone giovani, siano malate? La «piaga della malattia mentale» che affligge le società capitaliste lascia intendere che, anziché essere l’unico sistema che funziona, il capitalismo sia innatamente disfunzionale
I giovani: impotenza riflessiva ed edonia depressa
Mark Fisher è stato professore prima di liceo, poi di università. Descrive i giovani che ha incontrato come persone che sembrano rassegnati al loro destino, sanno che la situazione è brutta, ma sono convinti di non poter fare niente. Solo che questa consapevolezza, questa riflessività, non è l’osservazione passiva di uno stato delle cose già in atto: è una profezia che si autoavvera. La chiama impotenza riflessiva
L’impotenza riflessiva corrisponde a un’implicita visione del mondo comune a molti giovani britannici, e si lega a patologie estremamente diffuse. Tantissimi adolescenti con cui ho lavorato soffrivano di problemi di salute mentale o di difficoltà di apprendimento, e la depressione è endemica
Il solo essere adolescenti rischia di equivalere a una forma di malattia. Una tale patologizzazione pregiudica qualsiasi possibilità di politicizzazione. Mark Fisher parla di edonia depressa, ovvero l’incapacità di non inseguire altro che il piacere. Come la maggior parte degli insegnanti di oggi, racconta di studenti svogliati e annoiati da insegnanti che non li sanno intrattenere. Faticano a prestare attenzione, abituati allo stimolo e all’eccitamento comunicativo degli SMS, di YouTube, del fast food, a essere trattati come consumatori di servizi. La noia per i giovani
Significa essere costretti a rinunciare, anche solo per un momento, al flusso costante di una zuccherosa gratificazione on demand. Ci sono studenti che vorrebbero Nietzsche allo stesso modo in cui vorrebbero un hamburger: quello che non colgono – ed è un fraintendimento alimentato dalle logiche del sistema consumistico – è che l’indigeribilità, la difficoltà, è Nietzsche.
Se insomma la sindrome da deficit di attenzione e iperattività è una patologia, si tratta allora di una patologia peculiare del tardo capitalismo
Una conseguenza dell’essere connessi a quei circuiti di controllo e intrattenimento che caratterizzano la nostra cultura consumistica e ipermediata.
Possiamo cambiare quello che non funziona
Se Mark Fisher parla di un futuro che ci è stato tolto, emerge dalle sue parole un’infinita speranza quando parla di una profezia che si autoavvera o afferma che
La descrizione più accurata del Capitale ha un che di romanzo gotico: il Capitale è un parassita astratto, un vampiro insaziabile, uno zombie infetto. Ma la carne viva che trasforma in lavoro morto è la nostra. Gli zombie che contagia siamo noi.
Il nemico più grande del cambiamento è chiunque di noi creda che un cambiamento non sia possibile, è la mentalità dei burocrati che ci dice che le decisione arrivano dall’alto. Se pensiamo in questo modo, quella è la nostra parte depressa:
Il «realismo» è qui analogo alla prospettiva al ribasso di un depresso che crede che qualsiasi stato positivo, qualsiasi speranza, non sia altro che un’illusione pericolosa.
Il più pericoloso demone del capitalismo è quindi aver ucciso la consapevolezza che ognuno di noi possiede un potenziale infinito. Come dice il filosofo buddista Daisaku Ikeda
la rivoluzione umana di un singolo individuo contribuirà al cambiamento nel destino di una nazione e condurrà infine a un cambiamento nel destino di tutta l’umanità
Ma per attuare questa rivoluzione è necessario affrontare con coraggio la realtà individuale e sociale che si sta vivendo, combattendo la tendenza a rinchiudersi nel guscio del piccolo io.
Una nuova lotta politica
Secondo Mark Fisher bisogna ripoliticizzare la malattia mentale
Bisogna portare a galla il parallelismo tra l’incremento dei disturbi mentali e i nuovi modelli di valutazione per le prestazioni dei lavoratori, quindi innescare una lotta politica che rivendichi una massiccia riduzione della burocrazia fatta di autovalutazioni e controllo. Lo scontento deve essere indirizzato verso la vera causa: il Capitale
La proliferazione di certi tipi di malattia mentale invita inoltre a un nuovo e diverso tipo di austerità, un tema che emerge anche dalla crescente urgenza con la quale dobbiamo confrontarci col disastro ambientale: niente contraddice l’imperativo costitutivo del capitalismo alla crescita continua più dell’idea di distribuire in maniera controllata i beni e le risorse.
Mark Fisher afferma che è una battaglia che può essere vinta, ma solo se a prendere forma sarà un nuovo soggetto politico. I sindacati sono disposti ad accettare e sostenere queste nuove sfide?
La lunga e tenebrosa notte della fine della storia va presa come un’opportunità enorme.
Quando Mark Fisher decise di togliersi la vita, una moltitudine di persone lo pianse. La moglie, Zoe Fisher, per ringraziare i numerosi messaggi giunti da tutto il mondo, scelse di condividere questa frase del marito, da lei chiamato un romantico senza speranza
Le nostre vite non sono misurate in anni, ma sono misurate dalle vite delle persone che tocchiamo intorno a noi.