Aumentano le operazioni di rimpatrio forzato dall’Italia, in particolare verso la Tunisia, grazie all’utilizzo di voli charter. Questi voli sono organizzati dalle autorità di un Paese per espellere migranti ritenuti irregolari, persone a cui è stata negata la possibilità di restare sul territorio nazionale. I rimpatri vengono ovviamente effettuati contro la volontà dei migranti stessi e coinvolgono diverse misure di sicurezza. In Italia la questione si lega alla tematica dei Cpr, i Centri di Permanenza per il Rimpatrio, luoghi ampiamente criticati per le condizioni disumane in cui versano i migranti detenuti al loro interno.
Rimpatri volontari e rimpatri forzati
Esistono due modalità principali di rimpatrio: quello volontario e quello forzato. Il Rimpatrio Volontario Assistito avviene quando un migrante lascia di sua spontanea volontà il territorio italiano per rientrare in patria. Il rientro può essere fatto con mezzi propri ma è anche possibile in alcuni casi usufruire del progetto “Rimpatrio volontario assistito e reintegrazione” (Rva&r), un progetto finanziato da risorse europee e nazionali che offre assistenza di viaggio e supporto economico per coloro che decidono di rientrare volontariamente nel Paese d’origine. I Rimpatri Volontari Assistiti con Reintegrazione sono ovviamente un numero irrisorio rispetto al totale dei rimpatri effettuati dall’Italia.
La seconda modalità di rimpatrio è quella forzata, una procedura che obbliga il migrante a lasciare l’Italia tramite un accompagnamento coatto, applicato a tutti coloro che sono considerati irregolari e privi dei requisiti legali per rimanere nel territorio italiano. I rimpatri, che possono avvenire in diversi modi, sono effettuati soprattutto tramite voli aerei in seguito alla consegna di un decreto di espulsione. Questi provvedimenti amministrativi vengono emessi dalle autorità italiane e ordinano al migrante ritenuto irregolare di abbandonare il territorio italiano in un tempo prestabilito. I provvedimenti di espulsione vengono rilasciati a persone cui è scaduto il permesso di soggiorno, a chi non si è mai regolarizzato o a chi è stata rifiutata la domanda di asilo o protezione, rifiuti che si basano anche sulla provenienza dei migranti. Questo è particolarmente problematico perché la lista dei Paesi ritenuti sicuri dall’Italia è molto lunga e include nazioni come la Tunisia, stato che viola sistematicamente i diritti umani in particolare di chi migra ma anche degli stessi cittadini. Sia nel 2023 che nei primi sei mesi del 2024 la Tunisia è stata la destinazione finale della maggior parte dei voli di rimpatrio.
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Questi voli sono stati salutati come un successo dal governo italiano e soprattutto dal ministro dell’interno Matteo Piantedosi che pochi giorni fa ha twittato: “Continua l’impegno sul fronte dei rimpatri. Sono stati trasferiti con un volo charter nel loro Paese di origine altri 30 cittadini irregolari sul nostro territorio. Tra questi, anche un soggetto attenzionato nel CPR di Caltanissetta per rischio radicalizzazione”.
Rimpatri forzati con voli charter
I voli charter sono voli non di linea che vengono noleggiati da un gruppo o da un’organizzazione per un viaggio specifico e che quindi non seguono la programmazione dei voli di linea che operano secondo orari prestabiliti e sono aperti al pubblico con una prenotazione. A differenza di essi, infatti, i voli charter sono organizzati su richiesta e possono essere personalizzati in base alle esigenze del cliente.
Questi sono i voli che l’Italia utilizza maggiormente per i rimpatri forzati dei migranti. Il governo noleggia interi aerei per rimpatriare uno o più persone spesso accompagnate da due o tre agenti di polizia a testa. I rimpatri possono avvenire anche su aerei di linea ma ovviamente i voli charter garantiscono un controllo maggiore delle persone rimpatriate:
«I rimpatri forzati possono svolgersi anche su voli di linea, imbarcando la persona prima degli altri passeggeri e isolandola nei posti in fondo. Ma c’è sempre il rischio che faccia resistenza, cercando di attirare l’attenzione degli altri passeggeri, e che il comandante finisca per farla sbarcare se la situazione a bordo diventa ingestibile. Tutto questo sui charter non succede. Il vantaggio dei rimpatri via charter è che sono più facili da tenere sotto controllo»
ha spiegato Yasha Maccanico, ricercatore dell’organizzazione Statewatch.
In Italia, il sistema alla base dei voli charter e degli appalti per la gestione di questi viaggi è estremamente complesso e macchinoso. Un’indagine portata avanti in maniera coordinata dalla giornalista italiana Francesca Spinelli e dalla giornalista tunisina Haïfa Mzalouat, pubblicata recentemente su Internazionale, ha tentato di fare chiarezza su questo sistema.
Le autorità governative che utilizzano voli charter per il rimpatrio forzato di migranti si affidano a broker che, dopo aver vinto una gara d’appalto, organizzano il volo con compagnie aeree terze, ma i dettagli di queste compagnie non sempre sono resi pubblici: gli appalti descrivono il costo del servizio e il broker selezionato, ma non sempre includono il nome della compagnia aerea che effettuerà il volo. Grazie alla ricerca delle due giornaliste sappiamo però che una delle compagnia aree che ha operato un grande numero di voli di rimpatrio è stata Aeroitalia, compagnia aerea privata italiana fondata banchiere francese Marc Bourgade e dall’imprenditore boliviano Germán Efromovich, oggi guidata da Gaetano Francesco Intrieri.
In generale i voli di rimpatrio per la Tunisia seguono questa struttura: i migranti vengono prelevati dai Cpr e imbarcati negli aeroporti di Trieste o Roma; dopodiché viene effettuato uno scalo a Palermo dove le autorità tunisine effettuano dei controlli pro forma dell’identità delle persone da rimpatriare; infine i voli si dirigono verso la Tunisia.
Opacità e diritti umani
Questa opacità nel sistema di gestione dei rimpatri suscita molte controversie. A maggio, il ministro Piantedosi ha dichiarato: «Dall’inizio dell’anno al 14 maggio sono stati effettuati 1.779 rimpatri, in aumento rispetto ai 1.681 dello scorso anno, ancorché parte dei Cpr non sono funzionanti per continui atti vandalici da parte degli stranieri trattenuti». Tuttavia, sono proprio le condizioni all’interno dei Cpr a sollevare continue denunce da parte delle associazioni del terzo settore e della società civile. Recentemente, le notizie provenienti da vari Cpr, come quelli di Ponte Galeria, di Gradisca, di via Corelli a Milano e di Palazzo San Gervasio, hanno evidenziato ancora una volta le condizioni disumane in cui sono detenuti i migranti irregolari. Gli “atti vandalici” cui si riferisce il ministro Piantedosi sono spesso proteste dei migranti per denunciare le condizioni di detenzione, che includono mancanza di cure sanitarie e psicologiche adeguate, violenze fisiche perpetuate sui detenuti a volte addirittura legati e sedati oppure privati anche del diritto di avere un bicchiere di acqua fresca. C’è inoltre un’altra forma di violenza, quella rappresentata dal totale silenzio sui destini dei detenuti. I migranti, infatti, spesso non sanno nulla sui loro rimpatri fino al momento in cui si trovano in aeroporto costretti a salire sui voli charter che li riporteranno nei Paesi di origine. Le comunicazioni con gli avvocati o i familiari sono difficoltose e spesso impedite e questo condanna i migranti a una totale ignoranza sul proprio destino.
Tutto questo avviene per rimpatriare le persone in Paesi che, seppur ritenuti sicuri dalla legge italiana, violano sistematicamente i diritti umani mettendo in pericolo la vita dei rimpatriati e di molti altri.