Da pochi giorni è stata approvata dal sindaco di Trieste Roberto Dipiazza l’ordinanza che porterà nell’arco di due settimane allo sgombero del Silos di Trieste, una struttura accanto alla stazione Centrale in cui trovano riparo i richiedenti asilo in attesa dello svolgimento delle pratiche burocratiche e i migranti arrivati in Italia attraverso la rotta balcanica.
La rotta balcanica e il Silos di Trieste
La rotta Balcanica è una delle principali rotte migratorie che dalla Turchia porta verso il cuore dell’Unione Europea. Snodandosi attraverso i Balcani, seguendo diversi percorsi che attraversano Grecia o Bulgaria, Bosnia Erzegovina o Serbia, questa rotta si è modificata nel tempo, continuando però a essere attraversata da migliaia di migranti ogni anno.
La città di Trieste, situata a ridosso del confine sloveno, è la principale porta d’accesso al territorio italiano e da anni i migranti arrivano nel capoluogo del Friuli Venezia Giulia per continuare poi i propri viaggi verso le varie mete europee. Sul territorio triestino, sono numerose le associazioni solidali che lavorano in supporto dei migranti che transitano per la città. Queste associazioni tentano di sopperire ai vuoti istituzionali che caratterizzano gran parte delle grandi città italiane nel nord Italia, con una totale mancanza di strutture in supporto alle migrazioni di transito. La più famosa tra queste associazioni è sicuramente Linea d’Ombra, che tutti i pomeriggi si reca nella piazza antistante alla stazione di Trieste per fornire ai migranti cure e beni di prima necessità. I due fondatori dell’associazione, Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi, erano stati accusati di favoreggiamento dell’immigrazione e dell’emigrazione illegale per aver fornito cure e ospitalità a una famiglia curda nel 2019. Il caso era stato poi archiviato nel 2021 perché l’accusa era risultata infondata.
Con i consistenti arrivi a Trieste, le persone che approdano in Italia dopo i Balcani hanno iniziato a trovare riparo nella struttura fatiscente del Silos. Qui non si fermano solo i migranti in transito che cercano riparo per qualche giorno prima di proseguire il proprio viaggio ma si trovano anche centinaia di richiedenti asilo che non hanno a disposizione nessun altro posto in cui attendere gli svolgimenti della burocrazia. Nel 2023 tutte le associazioni triestine avevano pubblicato congiuntamente “Vite abbandonate”, un report che ha raccolto dati e analisi elaborate nel corso del 2022 per raccontare gli arrivi, le condizioni, le necessità e la mancanza di aiuti per i migranti giunti a Trieste.
Il Silos, da tempo in stato di completo abbandono, versa in condizioni drammatiche, senza allaccio all’elettricità o all’acqua corrente, ma rimane comunque per moltissime persone l’unica alternativa al dormire in strada. La struttura è una proprietà del colosso dei supermercati Coop Alleanza 3.0 che per anni ha completamente ignorato la struttura per poi sporgere denuncia per invasione dell’edificio. I migranti che trovano riparo in questa struttura si trovano costretti a dormire esposti alle intemperie, con acqua stagnante, in tende o in giacigli improvvisati.
L’imminente sgombero del Silos di Trieste
L’11 giugno scorso è stata firmata dal sindaco di Trieste Roberto Dipiazza l’ordinanza per lo sgombero del Silos, disposto entro 15 giorni. Questo sgombero sembra essere stato programmato senza un effettivo piano di ricollocamento e supporto per le persone che lo abitano, andando semplicemente a sottolineare quanto manchi completamente una risposta istituzionale alla situazione di migranti e richiedenti asilo. Si configura più come un’azione di pulizia e rimozione per il decoro cittadino che come un’azione di cura nei confronti di persone che versano in una situazione precaria e marginale.
«Nonostante le condizioni di vita al suo interno siano terribili, chiudere uno spazio grande e libero come il Silos senza aprirne uno alternativo non è certo una soluzione. Anzi, il Silos è, tanto per chi transita quanto per chi richiede asilo, l’opzione migliore dove vivere e le persone non lo considerano solo come un dormitorio, ma anche come un luogo dove socializzare, giocare, cucinare e rilassarsi senza dover subire limitazioni per svolgere tali attività. Proprio come fanno di solito le persone con documenti nelle proprie case».
Ha dichiarato l’associazione Linea d’Ombra ad aprile, quando iniziavano a circolare indiscrezioni su un imminente sgombero.
Il sindaco aveva inizialmente dichiarato che le persone presenti nel Silos sarebbero state trasferite in una struttura a Campo Sacro, sul Carso triestino, ipotesi naufragata dato che la struttura «non è ancora pronta». Dichiarazioni raccolte poco dopo lascerebbero invece intendere che la struttura di Campo Sacro sarà presto a disposizione con 150 posti letto per eventuali emergenze estive, quando normalmente i numeri degli arrivi si alzano grazie alle condizioni climatiche atmosferiche favorevoli. Ma non a tutti capiterà la stessa sorte e il futuro di tante persone è ancora oscuro. I richiedenti asilo potrebbero essere infatti trasferiti fuori regione mentre per chi non è riuscito a regolarizzarsi il rischio di deportazione in caso di intercettazione è elevato.
Le proteste delle associazioni solidali e la struttura in via Gioia
È uno schema che si è riproposto e che si riproporrà nel tempo sia in Italia che in altri Stati. Gli sgomberi, le deportazioni, si configurano sempre come azioni di “pulizia” e il destino dei migranti viene lasciato in mano alle autorità che decidono il loro ricollocamento. Poco importa se queste occupazioni, queste soluzioni informali nascono per riempire vuoti istituzionali e ancora meno importa del destino delle persone che vengono spostate arbitrariamente in altri luoghi, lontani dai percorsi migratori e dalle reti di supporto sia tra persone in movimento stesse che con le associazioni solidali che a fatica si costruiscono in alcuni luoghi.
Per questo motivo, le associazioni solidali triestine si sono unite per chiedere che venga aperta un’altra struttura a pochi passi dal Silos. L’edificio in questione è stato visitato da alcune associazioni per mostrare all’esterno come sia un luogo idoneo per l’ospitalità dei migranti e dei richiedenti asilo, un luogo asciutto, con accesso ad acqua corrente ed elettricità, servizi igienici e decine di stanze. L’incursione è stata documentata con un video pubblicato da MeltingPot. L’edificio, vuoto da oltre quindici anni, sarebbe una soluzione immediata e dignitosa per ospitare le persone che ora invece versano in condizioni drammatiche nel Silos senza doverle trasferire fuori regione o a chilometri dalla città.
Le associazioni e i cittadini solidali di Trieste chiedono così che la struttura di via Gioia venga messa a disposizione di chi ne ha bisogno nell’immediato e che la Prefettura triestina riconosca Trieste come città di frontiera e che inizi a prendersi cura delle persone in stato di necessità. Ancora una volta le associazioni tentano di colmare i vuoti istituzionali cercando di proteggere migranti e richiedenti asilo da decisioni arbitrarie fatte con lo scopo di proteggere il “decoro” cittadino, non tenendo in conto dei diritti umani e delle vite di chi è costretto a migrare.